Arte e politica, il potere del linguaggio in Silvio Berlusconi

In Arte

Quando arte e politica si confusero in un unico demiurgo, che ricreò il mondo per immagini. Silvio Berlusconi, a un anno dalla scomparsa, tra postmodernismo, cultura pop e arte contemporanea.

Silvio Berlusconi, partecipe di un italia bipolare la cui divisione sopravvive alla sua scomparsa in un odi et amo catulliano, è stato figura eccezionale per quanto riguarda la capacità comunicativa delle sue azioni. Padre, operaio, imprenditore, uomo di Dio, tombeur des femmes, politico, è riuscito con il supporto della rete mediatica di sua proprietà in un’impresa impossibile ai più. Tanto che, ad oggi, ancora risulta arduo dividere la persona dai suoi ruoli sociali. Più istintivo risulta dividersi piuttosto in fazioni emotivamente contrapposte, ricalcando quella narrazione di cui è stato fautore. Empatia è la parola chiave di tutto questo.


Raro vedere il sagrato del Duomo tanto gremito. Di solito succede per i mondiali, gli scudetti, gli europei, quelle forme affettive che contagiano una città per sentimento, ed è proprio questo che si è verificato. Da imprenditore come da politico, S.B. ha intrecciato rapporti personali con collaboratori, dipendenti, rappresentanze di ogni tipo, sfumando i contorni dell’istituzione sul piano della confidenza, più familiare ed umano, in una presenza paterna. Giano bifronte, dio della tradizione latina, romana ed italica, è colui che vede passato e futuro, la divinità dell’alternativa, del duplice, simbolo del potere. Innumerevoli volte è capitato di vedere figure incendiarie raggiungere posizioni di potere e divenire pompieri, generando intensi dibattiti sul diritto degli elettori delusi dalla mancanza di efffettiva applicazione dei programmi proposti. Ciò si verifica per un semplice motivo intrinseco alle manifiestazioni del potere, i cui volti sono sempre due. Da un lato necessita di convincere, coinvolgere ed avvicinare il popolo, dall’altra di mantere il rispetto di quelle norme istituzionali che rendono l’autorità solida come ha da essere. Poche figure nella storia sono state capaci di vestire o confondere i due ruoli a proprio modo nella singolarità della propria persona, carismatici al punto di riuscire ad unire i volti del Giano in un unicum. Una di queste, S.B, si è spenta il 12 giugno di un anno fa.


Esiste un patto, volontario o meno, tra il lettore e lo scrittore di un libro. Lo scrittore britannico Coleridge, nel 1817, definì questo tacito accordo come sospensione d’incredulità, ovvero quella volontà condivisa di accettare artifici narrativi all’interno di una storia per il godimento dell’opera stessa. Quando il libro finisce, così come un film, la realtà riprende il suo corso. Alla scomparsa del protagonista e narratore di un mondo, risulta particolare notare quanto sia difficile risvegliarsi da quella narrazione. Si parla spesso di postmoderno come di quella condizione atropologica e culturale caratterizzata dall’ estetica della citazione e del riuso in un’indistinguibile mescolarsi di alto e basso, cultura alta e cultura di massa. I mezzi di questo mondo sono pubblicità, economia e finanza, televisione e flussi d’informazione insistenti come pioggia battente sui canali di comunicazione. La definizione del linguaggio contemporaneo, tra pop e postmoderno, è sempre più vicina alla teoria dell’arte contemporanea, in un generale mutamento di codici che coinvolge anche la politica. L’era Berlusconiana ne fu il manifesto. Ciò che rimane immutato, per quanto cambino i significati, è l’opposizione buoni / cattivi, talmente radicata nell’indole umana da risultare istintivamente presente. Improbabile uscire dalle dinamiche divisive se non riconoscendo l’inattualità di questa categorizzazione, evitando di ricalcare la solita solfa per cui si rende necessario trovare vittime e carnefici per prendere atto di quelli che sono i ruoli e le regole del gioco del mondo in cui viviamo.


L’impero nacque con la cosiddetta televisione nazionale, che si contraddingue per essere lo strumento di comunicazione generalista per eccellenza. Coinvolge tutte le persone possibili strutturando trasmissioni in cui compaiano esempi di ogni ragione sociale, emotiva, comportamentale. Diversamente, l’avvento del digitale terrestre ha introdotto specializzazioni definendosi come universale ma non generalista. Interspecifico, apre un ventaglio di trasmissioni tra cui scegliere sempre in base alla possibilità di riconoscimento nel modello proposto, che sarà tuttavia dedicato ad un target. Si pensi ai canali per bambini, quelli religiosi etc. Garantendo ad ognuno di ritrovarsi nel proprio modello televisivo, i volti e i corpi accuratamente selezionati delle programmazioni Berlusconiane consentirono d’interpretare l’età del disincanto esasperandola in visibiltà politica, televisiva e commerciale. I colori e l’atmosfera di festa, i corpi giovani e prestanti, volti noti e sport furono alternativa seducente alla pesantezza del contesto storico in cui versava l’Italia. L’intrattenimento leggero sul modello del consumo americano si fece strada di lì a poco in tutta europa, diffondendo quel linguaggio pop e postmoderno che definisce la cultura contemporanea. Il pettegolezzo, il cosiddetto gossip, assunse a struttutura discorsiva per eccellenza. Rapido ed informe, garantisce profitti stabili all’industria editoriale. Possibilità di critica estemporanea e non esplicita, diviene persino strumento di battaglia politica.
La macchina del fango dilagò sulle colonne delle testate nazionali a partire dagli anni ‘80, come tempesta mediatica volta ad influenzare l’opinione di massa nel bene e nel male nei confronti di personalità politiche o lobby. Negli anni ‘90, in un mondo reduce da scandali politici nazionali e non, la televisione si fece sintesi dell’informazione giornalistica e del teatro italiano, confondendoli in un unico spettacolo. Il sentimento collettivo del bisogno di trasparenza trova così un paliativo nel gossip, come in quelle forme rassicuratorie di leggende medievali o sacralizzazioni d’un tempo, che nell’era della razionalità divengono evocazione e ripristino di un’apparente dato autentico delle cose dinnanzi alla finzione della società. Così il pettegolezzo ritrae il ruolo dei politici nella società di massa, dagli scoop da prima pagina di inserti e settimanali sui trascorsi estivi di esponenti di partiti, al paradigma Fonzie-Renzi da Maria De Filippi del 6 aprile 2013, “per arrivare a tutti”. Berlusconi, essendone fautore, seppe sfruttare al meglio queste campagne mediatiche, senza mai parteciparvi in maniera diretta a meno che non si trattasse di social. Qui, per la profondità del solco anagrafico e le differenze sempre più abissali dettate dalle diete mediali di algoritmi e digitalizzazione, non riscosse lo stesso successo.


Risulta interessante notare quanto al massificarsi della comunicazione e al corrispettivo languire delle interazioni sociali siano proprio le narrazioni emotivamente coinvolgenti a riscuotere maggior successo. L’estetica relazionale teorizzata da Bourriaud, di cui si parla così spesso in arte contemporanea, rispecchia in realtà un meccanismo globale, nella necessità di trovare punti d’incontro e d’appartenza nella cosiddetta folla di solitudini. La progressiva alienazione dell’individuo riscrive necessità e sistemi valoriali in cerca di riconoscimento, aggregazione e confidenza. Sia questa nei confronti di una personalità politica così come in quella di un dj, di un atleta, di un artista o di un divulgatore l’importante è che compaia in quanto volto, identità esplicita e a tutto tondo. Dal momento in cui il “metterci la faccia” è divenuto indispensabile alla trasmissione di contenuti – e anzi prioritario rispetto al contenuto stesso, dai quindici minuti di notorietà di Warhol ai trenta secondi di TikTok – il trionfo di immagini, identità e parole logo ha visto la fortuna di personalità mediatiche abbastanza consapevoli di questo modus operandi da sfruttarlo appieno ed esserne fautori, Silvio in primis. Il suo stesso apparire diventò forma simbolica, narrazione enfatizzata dalle bellezze di cui si circondava, creando lui stesso un canone estetico del potere. Il suo corpo aveva da risultare come l’effigie dell’immortalità e della salute dello Stato. Ricalcando la tradizionale narrazione del corpo del sovrano, immagine divina e trascendente del potere fattosi carne, riuscì ad apparire anziano solamente negli ultimissimi anni, quando l’aura di inesauribile giovinezza fu sostituita da quella dell’anzianità rassicurante, saggia e paterna. Un talento comunicativo eccezionale, consapevole dell’immagine e del suo uso linguistico quanto o più degli artisti contemporanei stessi, la cui notorietà spesso isolata all’élite del settore impallidisce dinnanzi all’italiano più famoso al mondo.
Se tra fake news e disinformazione la paura di sentirsi ingannati è dominante, risulta di gran lunga preferibile ed ammirabile un esplicita dichiarazione di colpevolezza piuttosto che un’apparente integrità assediata dal dubbio che sia fittizia.

Tutte le immagini: Il funerale di Silvio Berlusconi, foto di Emma Bozzi.

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