“50 years of Rolling Stone” celebra il lungo e appassionato percorso della rivista americana che ha raccontato l’epopea della musica popolare contemporanea
Rolling Stone, il magazine americano di musica (e non solo), nel 2017 è arrivato al suo cinquantesimo anno di età e ha voluto ripercorrere le decadi che fin qui ha vissuto per tracciare il successo di un lavoro giornalistico che è stato percorso di vita per chi l’ha fondato, per chi lo ha scritto, per chi lo ha letto e per una generazione intera di cui ha raccontato la storia e, soprattutto, le storie.
Nasceva, infatti, il 9 novembre 1967 un giornale, simbolo del Nuovo Giornalismo di cui si faceva portatore, con un nome che si richiamava da una parte a Bob Dylan per la sua Like a rolling stone, dall’altra a un gruppo fondato cinque anni prima, il gruppo rock&roll per antonomasia, i Rolling Stones. Prendeva forma da un’idea di Jann Wenner, ancora oggi direttore del magazine, che nel nome del giornale voleva fossero lette “l’importanza del rock e la saggezza dei giovani”.
50 years of Rolling Stone, il bel volume distribuito anche in Italia da guidemoizzi, ci fa conoscere la vera anima di un giornale che ha segnato un’epoca e che ha desiderato e amato viverla per poterla raccontare. Si è costituito nel momento giusto, Rolling Stone, per poter investigare quelli che oggi chiamiamo anni ‘60, per sostenere le battaglie dei ‘70, e per raccontare la musica rock e la cultura progressista di un paese che ha messo in copertina l’era Obama.
È stato il “gonzo journalism”, quella faccia del New Journalism attribuita a Hunter S. Thompson (collaboratore di Rolling Stone), a dettare le regole della produzione giornalistica del magazine, con un taglio che non doveva, perché non poteva, essere oggettivo, ma che rispondeva all’imperativo di scrivere della realtà per come veniva vissuta dall’autore, con lo sguardo soggettivo di cui i progressisti di Rolling Stone erano portatori. Come scrive infatti Wenner nell’introduzione al volume, “Ho pensato che il rock&roll avesse bisogno di una voce. Una voce dall’interno, una voce giornalistica, critica ed evangelica”.
E proprio queste pagine, che a cinquant’anni di distanza ci ricordano le interviste, le foto, le inchieste (e le conseguenti battaglie) che Rolling Stone ha realizzato, collocano il giornale al centro della rivoluzione sociale e politica che la musica di quegli anni ha rappresentato.
Sono soprattutto le storie di copertina, selezionate da 50 years of Rolling Stone, che delineano il “percorso formativo” del magazine, partendo da John Lennon e passando, tra i tanti nomi celebri, da Mick Jagger, Pete Townshend, Bob Dylan, per arrivare a Bruce Springsteen e Bono, che oggi sono per Wenner due stelle polari.
John Lennon, in particolare, è stato non solo il primo ad apparire sulla rivista, ma anche il protagonista, nel 1981, della foto di copertina forse più conosciuta della storia, scattata il giorno stesso della morte del musicista dalla fotografa Annie Leibovitz (grandissima firma della fotografia musicale), che lo ritrae nudo in un abbraccio con Yoko Ono. L’immagine diventerà emblematica della cultura che Lennon e Rolling Stone rappresentavano in quegli anni.
Ma non sono solo le immagini, ritenute tuttavia parte fondante dell’estetica e dell’etica del giornale, a segnarne la popolarità: sono il giornalismo investigativo e la contaminazione con la politica (e più avanti col cinema) a dare un carattere di novità e incisività al magazine. Sono la battaglia contro il possesso di armi, intrapresa proprio a seguito dell’omicidio di Lennon, quella contro la Guerra alla Droga e per una riforma della giustizia, le inchieste sul cambiamento climatico e sull’epidemia dell’AIDS ad aver caratterizzato il successo della rivista.
Tutto questo è narrato, in perfetto stile Rolling Stone, da Jann Wenner nel “catalogo” 50 anni di …, segnando forse la fine di una fase storica e di un contesto musicale che già dagli anni ‘90 iniziava a cambiare, a trasformare se stesso per intraprendere una strada nuova, fatta di nuovi miti e nuove idee.
Lo stesso Wenner, infatti, parlando del trasferimento della sede del giornale a New York, dice: “La verità non detta è che siamo diventati mainstream”. Non possiamo dargli torto, perché, il giornale pur mantenendosi fedele agli ideali della sua nascita ha dovuto rendere conto di un mondo che cambiava anche nei suoi riferimenti artistici e musicali. Da Frank Zappa, Janis Joplin e Jimi Hendrix è passato gradualmente a Michael Jackson e Madonna, alla giovanissima Britney Spears, ad Eminem, a Lady Gaga, a Kendrick Lamar.
Jann Wenner aveva ventun anni quando con le sue sole forze apriva a San Francisco un giornale letto oggi da 60 milioni di lettori. E quel novembre del 1967, al tempo della Summer of love, era “un grande momento per avere 21 anni ed essere libero, in una città bellissima e piena di musica”.
Immagine di copertina di Steven Wang