“Diamante nero” di Céline Sciamma, italo-francese di confine, racconta l’energia irresistibile e provocatoria delle ragazze di banlieue, alla scoperta di sè
Marieme (Karidja Touré, giovane e bravissima attrice esordiente), protagonista di Diamante nero, a scuola va male e di amici ne ha pochi. È timida, insicura, infelice, ama il ragazzo sbagliato e non sa immaginare quale potrà essere il suo posto nel mondo. In famiglia le cose non vanno molto meglio, fra una madre distratta dal troppo lavoro, un padre che non c’è e un fratello maggiore che fa sentire la sua presenza solo tirando schiaffoni. Il tutto sullo sfondo dei palazzoni grigi che rattristano la banlieue e rendono tanto difficile vedere il cielo sopra Parigi.
Marieme sembra una vittima designata, un’adolescente un po’ fragile e un po’ ottusa, destinata a subire per tutta la vita, senza neppure chiedersi il perché. E invece no. Basta un incontro casuale e tutto cambia. Marieme entra nel gruppo guidato da una sfrontata ragazzetta che si fa chiamare Lady (Assa Sylla, anche lei esordiente e bravissima), dove scopre la forza della solidarietà al femminile e impara a truccarsi, a non vergognarsi del suo corpo. In poco tempo si trasforma in modo radicale: non smette di essere fragile ma impara a nascondere ogni debolezza sotto una corazza ribelle e rabbiosa: diventa una bulla che si fa chiamare Vic, capace di fare a botte come un maschio, vessare le compagne di scuola e vendere droga.
Potrebbe essere la fine di uno dei tanti film francesi sul disagio delle periferie e i problemi delle minoranze etniche, invece è solo l’inizio. Perché Céline Sciamma, regista d’origine italiana cresciuta proprio in una periferia parigina, arrivata alla notorietà nel 2011 col suo secondo film, l’ottimo, conturbante Tomboy, sceglie la strada più difficile – e più originale – di mostrare una storia di formazione al femminile con uno sguardo affettuoso, a tratti addirittura complice e col coraggio di una scrittura precisa, distaccata, che non teme la sgradevolezza
E non rinuncia alla speranza. Una speranza, però, non programmatica, o portata dall’esterno, certamente non incarnata dal mondo degli adulti, si tratti di genitori o professori, ugualmente distratti o comunque incapaci di vera empatia. Una speranza che nasce da quell’energia intatta, assoluta, radicale che queste ragazzine si portano dentro: che a volte prende strade opinabili, quando non francamente pericolose, ma consente comunque a ogni nuova generazione di scoprire il mondo e ridipingerlo di nuovi colori.
Ed è “da dentro” che la regista ci racconta queste ragazzine tenere e combattive, simili a quelle che tante volte ci capita di vedere su un treno o in un centro commerciale, mentre parlano a voce troppo alta, ridono troppo sguaiatamente, si esibiscono in balli e canti decisamente provocatori. È un po’ della magnifica forza di queste adolescenti che la Sciamma ha saputo “rubare” nel realizzare questo film bello e forte, imperfetto e commovente. Come la vita.
Diamante nero, di Céline Sciamma, con Karidja Touré, Assa Sylla, Lindsay Karamoh, Marietou Touré