La perfezione di Ozu, sei capolavori ritrovati

In Cinema

“Viaggio a Tokyo” apre la rassegna milanese dei classici anni 50 e 60 del grande regista giapponese, tutti restaurati. Andranno poi a Roma e in altre piazze

Il maestro giapponese Yasujiro Ozu amava dire di considerarsi un semplice venditore di tofu. E faceva film con la semplicità, la leggerezza di un cuoco che ama gli ingredienti più umili e li sa sfruttare al meglio, trasformandoli in piatti sontuosi, straordinari, dal gusto inimitabile.

Prendete Viaggio a Tokyo (1953), il suo capolavoro, che mostra semplicemente una coppia di anziani genitori in trasferta nella capitale giapponese per rendere visita ai figli ormai adulti. A una lettura superficiale, potrebbe sembrare fin troppo semplice, addirittura banale, tutto giocato sulla messa in scena di una realtà famigliare fatta di dialoghi consueti e situazioni quotidiane, emozioni trattenute e sentimenti convenzionali. Un piccolo mondo tranquillo dove insoddisfazioni, delusioni e meschinità sono ben presenti, ma rimangono sempre un po’ sottotraccia, senza esplodere in modo drammatico mettendo in discussione l’equilibrio complessivo.

In realtà si tratta di un film estremamente raffinato, dal punto di vista della composizione dell’immagine e della scrittura dei personaggi, capace di lasciare un segno indelebile nella memoria, ma soprattutto in grado di raccontarci qualcosa di noi e della nostra vita, nonostante sia ambientato in un mondo e in un’epoca tanto lontani.

I genitori e i figli che vediamo muoversi sullo schermo si dichiarano in continuazione tutto il loro affetto, la reciproca considerazione, ma si rivelano quasi costantemente incapaci di vera comunicazione. Vorrebbero avvicinarsi e comprendersi, ma non fanno che allontanarsi e deludersi a vicenda.   Il tutto raccontato con una straordinaria maestria formale, attraverso inquadrature statiche ma vibranti di emozione, e grazie a dettagli significativi, gesti minimi capaci di descrivere tutta la complessità delle relazioni famigliari. Nel Giappone anni 50 come nell’Italia del 2015.

Ha detto Wim Wenders, «Mai prima di lui e mai dopo di lui, il cinema è stato così prossimo alla sua essenza e al suo scopo ultimo». Non è il caso quindi di perdere l’occasione di vedere, o rivedere sul grande schermo, sei capolavori del regista giapponese, tutti restaurati e digitalizzati dalla Shochiku, la storica major nipponica che ha prodotto la maggior parte dei 54 film di Ozu. I titoli distribuiti dalla Tucker Film (a Milano, all’Apollo e all’Anteo, dal 22 giugno al 22 luglio, poi a Roma e in altre città italiane) sono Viaggio a Tokyo (1953), Fiori d’equinozio (1958), Tardo autunno (1960), Il gusto del sake (1962), Buon giorno (1959) e Tarda primavera (1949). Appartengono tutti al periodo d’oro di Ozu, da fine anni ’40 all’inizio dei anni ’60, e grazie al restauro potremo ammirare la fotografia, il colore e il suono originali, godendo appieno l’emozione di un cinema squisitamente giapponese e al tempo stesso assolutamente universale.

Un film come Viaggio a Tokyo non rappresenta solo una magnifica pagina nella storia del cinema mondiale, un capolavoro da apprezzare e studiare. È soprattutto un’opera d’arte di straordinaria modernità, e vederlo regala un’esperienza di autentica emozione.

Yasujiro Ozu, Viaggio a Tokyo e altri cinque capolavori restaurati su grande schermo

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