Da “La dolce vita” a “Rocco e i suoi fratelli” passando per De Sica, Rossellini, Petri e Sorrentino. Il meglio del cinema italiano è all’Anteo, dal 7 luglio
L’estate milanese del cinema ha i colori di Cultweek, che vi offre una rassegna di otto film del grande cinema italiano al cinema: su grande schermo, come forse non li avete mai visti, capaci di provocare emozioni diverse e insospettabili. Non su tv, computer o cellulari, ma nella loro dimensione vera, “gigantesca”. Otto titoli che rappresentano l’evoluzione, l’impegno, il credito morale che il nostro cinema ha avuto per decenni, dagli anni ‘60 quando certamente fu il più bello del mondo, da quel mitico 1960 che cambiò per sempre il panorama. Apriamo non a caso proprio con La dolce vita di Federico Fellini, e mai ci fu titolo, chi non c’era non ci può credere, che divise in due il paese tanto da venir rubricato come evento non solo artistico, ma etico e politico; e chiudiamo con il restaurato Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, un altro capolavoro che risuona oggi attualissimo. Otto film per sei autori, privilegiando Elio Petri e Paolo Sorrentino con due titoli, uno dei quali, a testa, con l’Oscar, che traducono l’impegno di oggi e del passato: accanto a loro tutti gli apostoli di una grande stagione, dal neo realismo in poi, san Fellini, san Rossellini, san Visconti, san De Sica. Ciascuno ha il suo tocco e tutti insieme fanno il nostro, convinti che un film di ieri non diventi vecchio finché è capace di parlarci all’orecchio, oggi: ci vogliono anni per diventare davvero giovani. Ricordate: ogni proiezione non è mai uguale a un’altra perché cambia il pubblico. Sarete dunque voi i protagonisti assoluti di otto serate davvero cult. (Maurizio Porro)
LA DOLCE VITA – Martedì 7 luglio ore 16.45, 20
Regia di Federico Fellini. Con Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Anouk Aimee, Nadia Gray, Yvonne Fourneau, Valeria Ciangottini, Magali Noel (1960) 180’
Del capolavoro di Federico Fellini si parla da 55 anni senza mai smettere. Perché oggi è più attuale di ieri, avendo il regista, senza accanimento terapeutico o moralistico, previsto tutto il peggio che sta all’orizzonte, dalla società virtuale tv alla crisi dell’intellettuale, al trionfo della vita come gossip. In questa serie di albe livide, il volto del bellissimo Marcello si accosta a quello del suo indimenticabile harem con Anitona Ekberg, Anouk Aimée, la fedele e borghesuccia Yvonne Forneaux, la sfacciata Nadia Gray che fa lo strip al ritmo di “Patricia” (ma in calzamaglia color carne), la ragazza del tabarin Magali Noel (dove c’è la più bella occhiata della storia tra il clown Polidor e Mastroianni), la Madonnina toscana Valeria Ciangottini che inutilmente chiama, i due primi travestiti visti su uno schermo. Fantastico, visionario, commedia, dramma, inchiesta, reportage (tutti episodi avvenuti): il kolossal di Fellini (primo film italiano di tre ore) mise in fila la gente al Capitol di Milano fin dal primo giorno, anche con proiezioni notturne, ed è ancora un formidabile serbatoio di emozioni, scoperte, dibattiti. La proiezione serale sarà preceduta da una presentazione condotta da Maurizio e Gabriele Porro.
LA GRANDE BELLEZZA – Martedì 14 luglio ore 17.30, 20.30
Regia di Paolo Sorrentino. Con Toni Servillo, Roberto Herlitzka, Isabella Ferrari, Carlo Verdone, Pamela Villoresi, Iaia Forte, Massimo Popolizio (2013) 150’
Assomiglia alla Dolce vita. Si o no? I riferimenti ci sono, ottimi e abbondanti nel grande film di Paolo Sorrentino che ci ha riportato un Oscar a casa dopo tanti anni di astinenza. Al posto di Marcello c’è il grande Toni Servillo, Jep Gambardella, disilluso, elegante intellettuale napoletano, certo in un contesto di decadenza di usi e costumi differente. Ma molte delle esigenze che avevano spinto Fellini a rappresentare quella Roma in divenire sono le stesse che oggi hanno convinto Sorrentino a riprovare, sfidando i fenicotteri fantasy della santa e le ricette del coniglio ligure: è come se la profezia felliniana (è certo che Federico fosse preveggente) si fosse avverata sulla terrazza che fu di Scola. Dove troviamo mezzo teatro italiano, in un cast straordinario molto ronconiano, compresi Ferilli, Verdone, Forte, Popolizio, Della Rosa, Villoresi, Ferrari, Herlitzka e altri. Non fuggite sui titoli di coda, c’è un lungo fluviale piano sequenza che scorre sull’acqua.
UMBERTO D. – Martedì 21 luglio ore 17.30, 20, 22
Regia di Vittorio De Sica. Con Maria Pia Casilio, Carlo Battisti, Lina Gennari, Memmo Carotenuto, Alberto Albani Barbieri (1952) 89’
Quando nel ’52 uscì Umberto D., clamoroso insuccesso di pubblico che irritò molto il sottosegretario allo spettacolo on. Andreotti, autore dell’infelice battuta sui panni sporchi che vanno lavati in casa, De Sica, il più umano dei padri del neorealismo, aveva già esposti in salotto due Oscar vinti per Sciuscià (primo della nuova categoria) e Ladri di biciclette. La prossima doppietta sarebbe stata della ditta Fellini & Masina (La strada, Le notti di Cabiria). Umberto D., cronistoria di un fallimento esistenziale economico, è un meraviglioso film sulla solitudine e la vecchiaia (un argomento tabù), scritto da Zavattini, detective complice della poesia del quotidiano, e interpretato magistralmente da un attore preso dalla strada universitaria, Carlo Battisti, professore di glottologia all’Università di Firenze. Con momenti memorabili di dignità offesa. Nel cast anche la giovane “servetta” Casilio e un cagnetto cult. Box office: 107.789.917 in sette anni. Per confronto: Totò a colori 774 milioni, Anna 1 miliardo, Don Camillo e Pane, amore e fantasia: 1 miliardo e mezzo.
ROMA CITTÀ APERTA – Martedì 28 luglio ore 17.30, 20, 22
Regia di Roberto Rossellini. Con Anna Magnani, Aldo Fabrizi, Maria Michi, Marcello Pagliero, Nando Bruno (1945) 98’
Può sembrare incredibile, ma ci volle il Gran Premio a Cannes e la nomination all’Oscar alla sceneggiatura (di Rossellini, Amidei e Fellini) per convincere i nostri critici, piuttosto riluttanti in partenza, che erano di fronte non solo a un capolavoro del cinema ma a un evento epocale nella storia della cultura e della società italiani. Il padre di tutti i film sulla Resistenza, l’archetipo del neorealismo che, a pochi mesi dagli eventi, raccontava la Roma dell’occupazione, degli intellettuali e dei popolani uniti contro l’esercito nazista, cambiò di colpo l’idea che il mondo aveva dell’Italia, squalificata dal fascismo e un po’ dal suo cinema, anche se Visconti aveva già mostrato nuove vie in Ossessione. Realizzato, letteralmente, con gli scarti di pellicola trovati sotto le macerie della guerra, con un urlo, quello di Anna Magnani falciata dalla mitragliatrice tedesca nella sequenza finale, ha sconvolto il pubblico. E vi sconvolgerà anche stavolta.
TODO MODO – Martedì 4 agosto ore 17.30, 20
Regia di Elio Petri. Con Gian Maria Volonté, Franco Citti, Michel Piccoli, Marcello Mastroianni, Mariangela Melato (1976) 130’
Tratto da un romanzo cupissimo, quasi “documentario” di Leonardo Sciascia, è il penultimo film di Elio Petri. É anche l’ultimo che girò con Gian Maria Volontè, qui nei panni del “presidente” di un partito di potere e di chiesa – la Dc con ogni evidenza – che è il ritratto, fisico, psicologico, comportamentale di Aldo Moro, due anni prima che la più grande tragedia politica dell’Italia del dopoguerra, il suo rapimento da parte delle Brigate Rosse, lo portasse alla morte. Sconvolto dagli scandali, corrotto e in preda a desideri e avidità di ogni tipo, lo stato maggiore del partito si riunisce per gli esercizi spirituali condotti da Don Gaetano (Marcello Mastroianni), che nasconde sotto implacabili slanci savonaroliani collusioni indicibili con il potere. Il raduno si concluderà con una carneficina – parallela a quella che il Paese sopporta per una spaventosa epidemia – alla quale nessuno sopravvive. O quasi.
INDAGINE SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO – Martedì 25 agosto ore 17.30, 20, 22.10
Regia di Elio Petri. Con Gian Maria Volonté, Florinda Bolkan, Orazio Orlando, Gianni Santuccio, Salvo Randone (1970) 112’
Vince l’Oscar al miglior film in lingua straniera, più una nomination alla sceneggiatura di Petri e Ugo Pirro (anni fantastici: nel ‘71 la statuetta toccherà al Giardino dei Finzi Contini e nel ‘74 a Amarcord), e anche il gran premio della giuria al Festival di Cannes questo ritratto di poliziotto sadico e paranoico, che lascia ampie prove di un suo omicidio per poi dimostrare che resterà impunito, in quanto, per definizione “al di sopra di ogni sospetto”. Grazie al film, e a un immenso Gian Maria Volontè, credibile in un ruolo davvero più grande di ogni credibilità, l’Italia del post-piazza Fontana comincia a familiarizzarsi con l’idea di uno stato senza regole, pericoloso, imprendibile. Fatto di corpi armati che possono fare molto male ai cittadini, anche a quelli senza colpe accertate: in tempi molto più recenti lo dimostrerà il G8 di Genova, le cui sinistre cronache si possono ritrovare nel bel film Diaz di Daniele Vicari.
LE CONSEGUENZE DELL’AMORE – Martedì 1° settembre ore 17.30, 20, 22
Regia di Paolo Sorrentino. Con Toni Servillo, Olivia Magnani, Adriano Giannini, Gianna Paola Scaffidi, Raffaele Pisu (2004) 100’
Non è il debutto assoluto del regista Oscar di La grande bellezza, che aveva già firmato tre anni prima L’uomo in più, ma è certamente il film che l’ha rivelato, regalandogli cinque David (tre tutti suoi, film, regia, sceneggiatura, uno al protagonista Toni Servillo, l’altro a Luca Bigazzi per la fotografia). Sorrentino affronta il noir di mafia (o camorra) attraverso il ritratto di un grande solitario, Titta Di Girolamo, che vive da otto anni in un albergo in Svizzera, lontano dalla famiglia, ricco e all’apparenza senza problemi. In realtà è inseguito da un complesso di fantasmi, reali e immaginari, che gli sconvolgeranno la vita: ma gli esiti più drammatici arrivano dopo l’improponibile innamoramento per la ragazza del bar dell’hotel. I tempi, la nitidezza visiva del film, si sposano alla prova asciutta, essenziale del suo protagonista: in un’atmosfera durrenmattiana dove il bene e il male sono solo concetti astratti.
ROCCO E I SUOI FRATELLI – Martedì 8 settembre ore 16.45, 20
Regia di Luchino Visconti. Con Claudia Cardinale, Alain Delon, Renato Salvatori, Roger Hanin, Katina Paxinou (1960) 180’
Il 1960 è stato un grande anno per il nostro cinema: se abbiamo aperto con Fellini, chiudiamo con Visconti e Rocco e i suoi fratelli, campione d’incasso (12 milioni di presenze) contrastato dalla censura e ispirato da scrittori amati dal nobile regista, come Dostoevskji e Testori. Così attuale – allora erano i “terroni” al Nord, ma il tema è la fratellanza – è la storia, in 5 capitoli col nome dei figli, di una famiglia lucana (ora Basilicata) che si sgretola venendo a Milano. Immagini della città di allora (Alemagna di via Manzoni), musiche di Rota, il Vigorelli, la boxe, l’Idroscalo negato, Il Principe, lo stupro oscurato, le guglie del Duomo, l’Alfa Romeo per il finale positivo sindacale. Il film fa parte della storia del cinema e della carriera del magico cast italo francese con Alain Delon, Annie Girardot e il futuro marito Renato Salvatori, Hanin, la Delair, ma anche le/i giovani Cardinale, Panaro, Asti, Mori e Pani. Vederlo su grande schermo, nell’edizione restaurata dalla Cineteca di Bologna, è un obbligo, e non solo per i cinefili. Proiezione preceduta da una presentazione condotta da Maurizio e Gabriele Porro.
(Tutte le proiezioni si terranno al Cinema Anteo, via Milazzo 9)