Demme la trasforma in sboccata rockstar, mentre Blanchett (“Carol”) e Cecile De France (“La belle saison”) lanciano l’amore lesbico. Al festival tanta Italia
“Libera il pardo che è in te”. L’animale simbolo, nonché premio del Festival di Locarno, ha catturato alcuni spettatori trasformando il loro volto attraverso le macchie pardate e li ha fatti diventare i manifesti di questa edizione n. 68 del festival ticinese (dal 5 al 15 agosto). E una scossa è già arrivata dal programma che inaugura la sera del mercoledì in piazza Grande, con un film prepotente firmato Jonathan Demme e sceneggiato da Diablo Cody, Ricki and the Flash (che in Italia diventerò Dove eravamo rimasti?). Protagonista assoluta una Meryl Streep come non l’abbiamo mai vista, sboccata, trasgressiva e volgare, nei panni di una matura rockstar che a suo tempo ha mollato famiglia e figli per perseguire il suo sogno musicale. Il successo, poi, è arrivato, ma ora si fa sentire il richiamo della famiglia attraverso l’ex marito Kevin Kline che la sollecita a occuparsi della figlia in difficoltà, interpretata da Mamie Gummer (figlia di Meryl anche nella realtà).
Sempre in piazza, La belle saison di Catherine Corsini con Cecile De France racconta una storia che quest’anno sembra avere colpito i produttori: gli amori tra donne. In questo caso le difficoltà di un rapporto lesbico negli anni ’60. Del resto a Locarno ha trascorso gli ultimi decenni di vita Patricia Highsmith, autrice di un’infinità di romanzi noir (che Hitchcock e altri hanno portato sullo schermo), e di uno che si potrebbe definire rosa, Carol, scritto nei primi anni ’50 e ora film con Cate Blanchett e Rooney Mara, per la regia di Todd Haynes (premiato a Cannes): racconta i fremiti d’una passione proibita tra la facoltosa Carol e la commessa Therese, aspirante scenografa. La Highsmith all’epoca dovette firmarlo con lo pseudonimo Claire Morgan.
Passiamo alla commedia con Judd Apatow che dirige Trainwreck, protagonista assoluta (e autrice della sceneggiatura) Amy Schumer, che oltreoceano impazza dopo clamorosi successi televisivi, mentre viene dal Sundance Festival, dove ha vinto il Premio del pubblico e il Gran premio della giuria, Me and Earl and the Dying Girl di Alfonso Gomez-Rejon, racconto di un adolescente introverso, appassionato di cinema, costretto a fare amicizia con una ragazza malata. A Locarno ci sarà anche l’esplosivo Southpaw di Antoine Fuqua, con Jake Gyllenhaal in guantoni nel ruolo di Billy “the Great” Hope, e insieme a lui Forest Whitaker e Rachel McAdams. Nella colonna sonora compare imprescindibile Phenomenal, il brano di Eminem che ha ispirato il film stesso.
Consistente la presenza italiana. In Piazza Grande Marco Bellocchio ripropone I pugni in tasca cinquanta anni dopo avere vinto proprio a Locarno, e Mario Martone presenta i 19 minuti di Pastorale cilentana, immagini bucoliche, magnificamente fotografate da Renato Berta, realizzate per il Padiglione Zero di Expo dove viene mostrato su un colossale videowall. Approda al concorso la nuova opera di Pietro Marcello, Bella e perduta: il racconto parte come se fosse un documentario ma poi si trasforma, affidandosi a Sarchiapone, un bufalo parlante, che permette a Marcello di proseguire nella sua singolare poetica narrativa già apprezzata in La bocca del lupo. Nel concorso va salutato il ritorno di Chantal Ackerman con No home Movie e l’infinito Happy Hour del giapponese Ryusuke Hamaguchi, un film di 5 ore e 17 minuti.
Tornando al Made in Italy, il concorso Cineasti del presente ospita Nazareno Manuel Nicoletti che propone Moj brate-Mio fratello, una storia di impegno sociale tra Bosnia-Erzegovina e Canada. L’imprevedibile coppia di documentaristi milanesi Martina Parenti-Massimo D’Anolfi porta L’infinita fabbrica del Duomo, ovvero el domm analizzato in un giorno e 700 anni con una sguardo davvero singolare. Fuori concorso ci sono Genitori di Alberto Fasulo, che parla di figli disabili e adulti solidali, I sogni del lago salato di Andrea Segre che approda in Kazakistan per raccontare gli italiani all’estero in un paese in pieno boom economico grazie al gas, e Romeo e Giulietta di Massimo Coppola impegnato a dimostrare come Shakespeare non abbia inventato nulla sui matrimoni e i conflitti tra clan famigliari, basta andare in un campo rom.
Tra le altre curiosità, A qualcuno piacerà – Storia e storie di Elio Pandolfi, attore spiritoso e gustosissimo conduttore di Hollywood Party su Radiotre, raccontato da Caterina Taricano e Claudio DePasqualis, e un titolo assolutamente imperdibile, Vivere alla grande di Fabio Leli, che in due ore e 40 risucchia lo spettatore togliendo il velo dell’ipocrisia di stato di fronte al fenomeno del gioco, dai gratta e vinci alle macchinette nei bar. Una storia di inciuci e porcherie che vanno ben oltre ciò che dovrebbe essere consentito fare nei confronti degli ignari cittadini. Una piccola bomba.
Poiché non c’è Locarno senza retrospettiva, quest’anno si festeggia Sam Peckinpah, autore di western indimenticabili e di capolavori come Il mucchio selvaggio, Getaway!, Pat Garrett &Billy the Kid. L’omaggio prevede anche la riproposta di produzioni televisive e film in cui è apparso come attore, oltre ai tradizionali approfondimenti critici.
Disseminati lungo gli undici giorni di festival molti ospiti di gran nome, tra cui Edward Norton, Michael Cimino, Bulle Ogier, Andy Garcia, Marthe Keller, Carmen Maura, Sabine Azema, Marlen Khutsiev (regista russo poco noto solo perché boicottato sia dai comunisti all’epoca che dai nuovi padroni della Russia oggi). Prevista poi un’appendice, domenica 16 in Piazza Grande, con la proiezione di Asino che vola di Paolo Tripodi e Marcello Fonte, progetto benefico con Luigi LoCascio, Maria Grazia Cucinotta e Lino Banfi.