“La fame di Venere” raccoglie i saggi di Montaigne sull’amore e il sesso mostrandoci un lato inaspettato del filosofo francese
È un po’ con sospetto che prendiamo in mano un classico, con l’idea più di compiere un dovere verso la cultura, che di trovare un autore e un testo che ci dica qualcosa, che ci piaccia davvero. Avevano un bel dirci fin dai tempi delle medie che i classici sono sempre moderni; la diffidenza, la paura di annoiarci e di far fatica per niente, sono sempre lì in agguato, anche se siamo un po’ curiosi, anche se qualche terzina della Divina Commedia ci viene ancora in mente; se consideriamo Shakespeare potente; se le letture de L’infinito e di A Silvia di Leopardi nel film di Martone ci hanno commossi e trascinati nella sua affascinante visione del mondo.
A proposito di classici, in questi mesi stanno uscendo i pensieri di Michel de Montaigne; per rendere più accattivante e coinvolgente la lettura, i sette volumi sono raccolti per temi, tutti legati alle nostre passioni, debolezze e abitudini. I titoli che il curatore Federico Ferraguto ha dato ai vari volumi (sette in totale) sono spiazzanti, qualcosa tra gli aforismi Zen e i paradossi di Oscar Wilde, o i limerick di Edward Lear.
Non riusciamo a immaginare che uno come Montaigne, uomo del Cinquecento, abbia fatto una brillante carriera politica come diplomatico, consigliere del re, amministratore, senza dover rinunciare o mettere a tacere la sua vena trasgressiva.
La prima uscita, Coltiva l’imperfezione, raccoglie quei saggi (Del giudicare della morte altrui, Dei cannibali, Dell’ubriachezza e altri) in cui Montaigne, cosciente degli umani limiti e manchevolezze, coltiva l’imperfezione come ricchezza perché sa che è proprio questa a renderlo l’individuo che è. Dà inoltre prova di essere uno dei primi umanisti a credere nella tolleranza e nel relativismo culturale, illustrando quanto il modo di vivere dell’uomo cambi al variare delle latitudini e, per toccare queste differenze con mano, invita il lettore a viaggiare con lui.
Il secondo volume è La fame di Venere, sul quale si concentra la nostra analisi sia perché l’argomento è naturalmente seducente, sia perché gli altri volumi devono ancora uscire. Il sottotitolo recita, Su alcuni versi di Virgilio, leggiamoli:
Così la dea ha parlato e, poiché egli ha esitato,
circondandolo con le braccia bianche lo riscalda in um
lieve amplesso. La ben nota fiamma lo pervade
d’un tratto, l’ardore consueto gli penetra le midolla e
corre per le ossa frementi. Così, scaturita dal tuono
corrusco, una striscia di fuoco guizzante brillando
attraversa le nubi, …Ciò detto, la stringe nell’atteso
amplesso e in grembo alla sposa abbandona le membra a un placido sonno.(Eneide, VIII, 387 – 406)
Se Venere fosse nuda e ansimante, non sarebbe altrettanto desiderabile, ma qui non si tratta certo di un amore coniugale in cui “ogni passione è spenta” e che vive ormai in una tranquilla e rassicurante routine. Qui c’è gioco, e c’è passione: Venere è una dea incostante e insaziabile, la sua fame non può essere soddisfatta, “sopravvive anche quando si è sazi” e “sconfina di continuo”. Non si fa problemi ad abbandonare e tradire il marito, magari anche per rintuzzarne la passione.
“Applicare nel matrimonio gli istinti e le follie della licenza amorosa mi sembra quasi un incesto”, dice Montaigne. Il matrimonio è un contratto che comporta rispetto, abitudine e … noia. Lui avrebbe preferito evitarlo: “Mi è più dolce vivere senza catena al collo”, ma è un uomo debole, ha subito le convenienze sociali e ha ceduto.
Alle considerazioni filosofiche o di carattere generale, Montaigne affianca sempre esempi della sua vita e di quella della gente comune; il suo pensiero è vivo, tortuoso, un flusso continuo, si alimenta di qualsiasi cosa, e si prende in giro con impareggiabile autoironia:
Io sono una scimmia e un copione…mi approprio di tutto ciò che osservo: un comportamento sciocco, una brutta smorfia, una qualche espressione goffa…Come tutti gli stupidi, anche io possiedo la facoltà di riprodurre consapevolmente e intenzionalmente i gesti e le parole di chi mi piace e ammiro.
A leggerlo, sembra di sentire un amico più acuto, più spiritoso, più ironico e anche più libero, fantasioso, scettico e moderno di noi. Ci lascia spiazzati, divertiti e ammirati. Vorremmo imparare a memoria qualche pensiero, tanto per citarlo ogni tanto e brillare per un momento della sua luce riflessa. Certo il suo linguaggio si alimenta anche di fonti classiche – pensate che fino a tredici anni conosceva solo il latino: in famiglia non era permessa altra lingua. Ma ciononostante le sue non sono citazioni morte ma immagini e storie vive, che si mischiano in un melting-pot inestricabile con gerghi triviali, quotidiani. “Le forme del parlare sono come le erbe. Migliorano e diventano più forti ognivolta che vengono trapiantate”.
Un linguaggio composito, che rifiuta convenzioni e regole, come la vita, l’amore, che non possono essere imbrigliati da leggi.
A questo proposito fa considerazioni che potremmo definire proto-femministe: “Le donne fanno bene a rifiutare le norme del nostro mondo, anche perché gli uomini le hanno fatte senza di loro”. Seguendo Solone, capo della scuola giuridica, afferma: “abbiamo stabilito e ci siamo convinti che la continenza sia una dote propria delle donne, e l’abbiamo garantita con pene capitali ed enormi’. Ma poi finge di esser d’accordo con Platone, per il quale una donna non deve arrendersi facilmente neanche davanti alla violenza, e deve sempre nascondere la propria avidità “… concedendosi secondo regole e con una certa moderazione, potranno ingannare meglio il nostro desiderio e nascondere il loro. Devono subire, obbedire, acconsentire. Per questo la natura ha dato loro una disponibilità continua, mentre in noi è rara e incerta. Per loro ogni momento è quello giusto. Devono infatti essere sempre pronte quando arriva il nostro: Nate per soffrire” ( Seneca).
Concludiamo con questo ultimo, impareggiabile sgambetto. Ancora una volta ci ha preso nel sacco.
Per gli appassionati di Montaigne ecco il piano completo dell’opera:
- Coltiva l’imperfezione raccoglie i saggi in cui Montaigne rappresenta l’essere umano come “un soggetto meravigliosamente vano, vario e ondeggiante”.
- La fame di Venere contiene riflessioni incentrate sulla descrizione delle passioni dell’anima e sul lavoro che la volontà umana deve svolgere per elaborarle e sostenerle.
- Svegliati dal sonno dell’abitudine è il volume in cui Montaigne ci trasmette la sua concezionedel mondo.
- Scopri il mondo si occupa invece di descrivere le modalità e le dinamiche che rendono possibile la formazione di un sapere; dalla percezione del dato sensibile all’elaborazione razionale dei concetti, fino all’espressione di tale elaborazione per mezzo del linguaggio.
- Lavora bene, ma non troppo bene raccoglie i saggi dedicati al rapporto con gli altri esseri razionali; da un’analisi della natura individuale dei rapporti intersoggettivi (l’abitudine, l’intenzione, la prudenza, l’interesse), alla discussione dei concetti etici (virtù, bene,coscienza, morale), con una riflessione sulle modalità ordinarie dei rapporti tra esseri umani (l’arte di conversare e quella di tacere, il dialogo con gli altri, i rapporti di amicizia e quelli d’amore).
- Filosofando per caso è un volume dedicato alla filosofia come “arte di vivere”.
- La risposta è la vita stessa è composto da un unico saggio, Apologia di Raymond Sebond, che riprende le tematiche trattate nei precedenti volumi e che, in questa edizione, appare per la prima volta in versione autonoma.