Una grande opera, che nella versione cinematografica in forma di concerto acquista un altro senso, più collettivo e totale. Questo è Roger Waters – The…
Una grande opera, che nella versione cinematografica in forma di concerto acquista un altro senso, più collettivo e totale. Questo è Roger Waters – The Wall, nei cinema di tutta Italia stasera per il terzo e ultimo giorno. Il film ripropone in forma totale il grande live show che il bassista dei Pink Floyd ha portato in tour per diversi anni, eseguendo fedelmente i brani dell’album del 1979. Doppio disco storico, ultima vera prova della band scritta quasi completamente da Waters, all’epoca genio dispotico del gruppo, capace di imporre agli altri membri un suono, un concept e un tipo di concerto completamente basati sulle sue paranoie personali e sul “muro” che si era costruito per isolarsi dal resto del mondo. Una rockstar di successo, ricca e infelice.
Un disco che all’epoca vendette tantissimo, e un live show incredibile con un muro vero che si costruiva davanti al palco: un opera che divenne anche un film, diretto da Alan Parker, protagonista Bob Geldof che poi passò alla storia per essersi inventato il supershow benefico Live Aid.
Questo per dire che dentro il film uscito in tanti cinema in questi giorni si trova tutto il male di vivere “totale” che raccontava Waters in quegli anni, e anche molto, molto di più. Perché il racconto stavolta diventa una critica feroce e senza appello contro tutte le guerre, le ipocrisie della società contemporanea. Sul palco Waters è il dittatore al potere osannato dalla folla, che ordina i bombardamenti e poi si ritrova solo a chiedere aiuto, in una sorta di “tragedia dell’uomo moderno” vissuta solo di estremi, ferocia e paure assolute.
Il concerto entra ed esce dagli incubi di una vita, coinvolgendo i bambini con il potentissimo coro di Another Brick in the Wall part II, o citando con tanto di dedica e pensieri commossi le vittime contemporanee delle molte guerre (dichiarate o meno) che viviamo quotidianamente, in nome di una libertà spesso vicina a logiche di potere o interessi economici.
Nel film, Waters (anche regista assieme a Sean Evans) crea un racconto parallelo alla storia base: è il suo viaggio da casa, in Inghilterra, a bordo di una meravigliosa Bentley d’epoca, verso la Francia e l’Italia, per rendere omaggio a suo nonno e a suo padre, entrambi vittime di guerra. Nel tour, Waters si fa accompagnare da diverse persone, con cui parla, discute, si commuove fino alle lacrime. E piange disperato quando arriva ad Anzio, di fronte alla stele che ricorda i caduti di quella battaglia del 1944: tra i tanti morti ricordati c’è suo padre Eric Fletcher Waters, che nel febbraio del 1944 perse la vita quando Roger aveva solo cinque mesi.
Commovente, potente, retorico, grandioso… Tanti aggettivi per un film concerto di grande valore: chi ha amato i Pink Floyd ritrova tutta la forza evocativa dell’album, suonato dal gruppo con una fedeltà, un rispetto quasi maniacali dell’originale. Manca solo la voce speciale di David Gilmour, mentre la chitarra è ricalcata fedelmente sul suono di quella dei Pink Floyd.
Da non perdere al termine del film “the simple facts”, una breve, esilarante conversazione fra Nick Mason, batterista dei Pink Floyd e lo stesso Waters. Rispondendo a domande di fan scritte su cartoncino, sfoggiano un humor britannico straordinario, lasciando trasparire quanto fosse grande (e forse ancora lo è) l’ego di Roger Waters all’interno della band. Ma non solo.
Roger Waters – The Wall, di Sean Evans e Roger Waters, con Roger Waters, Nick Mason