Da Talete a Keith Haring, la bella mostra di Burtynsky in Palazzo della Ragione è un viaggio alla scoperta dell’acqua e dei modi in cui la distruggiamo.
Tornare a riflettere sull’acqua come il primo filosofo della storia della filosofia occidentale, Talete, che individuò in essa il principio di tutto. Così ha fatto Edward Burtynsky (1955, in mostra anche a Bologna per la Biennale Foto/Industria), come altri prima di lui, confermando con le sue immagini quello che la scienza ha scoperto, che il nostro corpo ne è composto per più del 50% e che senza acqua né uomo né natura sono il grado di sopravvivere.
Water is the reason we can say its name.
Dopo essersi concentrato su altri temi ambientali, nei loro intrecciati rapporti con l’uomo, come il petrolio di Oil, il fotografo canadese ha girato il mondo per cinque anni documentando il ruolo ricoperto dall’acqua nella vita moderna, per ricordarci quanto essa sia indispensabile come risorsa biologica, economica, energetica, ma anche culturale e religiosa, ammonendoci per lo sfruttamento che stiamo compiendo senza pensare al futuro, cambiandone i corsi, fermandone il ciclo, inquinandola. È nata così l’idea di Water, il progetto in mostra dai primi di settembre in Palazzo della Ragione con il titolo Acqua Shock: ancora dieci giorni per vederla, fino al primo novembre, sembra sia durata troppo poco.
Il percorso della mostra, con sessanta immagini a colori che immerse nel buio della sala vibrano di luce, non lascia indifferenti nemmeno per un attimo. È duplice lo shock preannunciato dal titolo: quello di una bellezza rara e inaspettata, cromatica e geometrica, raggiunta e catturata attraverso la prospettiva aerea scelta da Burtynsky per la sua indagine, e quello che testo e didascalie ci aiutano a scoprire dietro al primo impatto estetico. Verità terribili su come l’uomo ha sfruttato le risorse del pianeta, seguendo un «incontenibile appetito d’acqua», e su come ha usato il suo ingegno per utilizzarle e sopravvivere: verità divise in sette capitoli – Golfo del Messico, con il disastro petrolifero del 2010, Controllo, Agricoltura, Acquacoltura, Rive, Sorgenti – e stupefacenti, per come ci vengono presentate. Burtynsky cattura lo spettatore con la meraviglia e nello stesso tempo lo accompagna a riflettere sul suo posto nella natura, sulle sue colpe e sul futuro in pericolo, raggiungendo in Acqua Shock la massima sintesi di estetica ed etica.
Ad aprire il percorso una fotografia della Georgian Bay, in Ontario, Canada, il Paese dove il fotografo è nato e cresciuto, come se oltre ad offrirci il principio di tutto volesse condividere anche il suo. Come detto, la prospettiva che ha scelto è quella dall’alto: voleva lasciarsi contaminare dalle influenze dei suoi autori preferiti, da Caspar David Friedrich a Jean de Buffet e Richard Diebenkorn. E le contaminazioni si vedono, con immagini che sembrano dipinti romantici, come quelle scattate in Cina, presso la diga Xhiaolandi che controlla il corso del fiume giallo, o sulle montagne del Parco del Monte Edziza; o con ricordi dell’arte primitiva, ripresa dalle correnti artistiche del ‘900 e rintracciata dal fotografo nelle tecniche di coltivazione dell’uomo, dall’aridocultura praticata nell’Aragona spagnola, all’irrigazione a pivot nell’arido Texas. Ed è incredibile come alcune immagini aeree della Spagna, tra Mancia e Castiglia, possano evocare Guernica di Picasso o altre, raccolte in differenti zone del mondo, possano persino portare il pensiero all’arte di Keith Haring.
Il gioco in cui viene coinvolto lo spettatore è quello di avvicinarsi e allontanarsi più volte dalle immagini, per contemplare un livello astratto e puramente estetico e approfondire poi da vicino i dettagli, guardando alla storia, fino a tornare a uno sguardo complessivo e comprensivo per farsi ancora affascinare. Accade nelle immagini dal sapore più astratto, ma anche in quelle, come le fotografie scattate dall’alto alla spiaggia di Benidorm o sulle rive del Gange, dove la distanza da terra è minore e si possono distinguere i volti dei protagonisti; qui il gioco diventa scoprire chi dei presenti si è accorto del fotografo e lo guarda, nel mosaico di colori e corpi. Una mostra magnetica, che anche vista alla fine di una lunga giornata di studio o di lavoro convince a gustare ogni immagine con calma.
Vale la pena fermarsi per una decina di minuti nell’ultima stanza, dove un documentario racconta il making of del lavoro di Burtynsky, svelando alcuni trucchi della magia. E varrebbe la pena portarsi a casa il libro Water, che raccoglie oltre cento immagini del progetto, se non costasse 88 euro: fortunatamente c’è la piccola brossura a 9,90. Il consiglio spassionato, comunque, è di non perdere questa mostra se non si ha ancora avuto modo di andarla a vedere: per fare del bene alla propria fame di bellezza e per riflettere, una volta tanto, sul mondo che ci conviene salvare.
Edward Burtynsky, Acqua shock, Milano, Palazzo della Ragione, fino al 1 novembre
Immagine di copertina: Riserva indiana Salt River Pima – Maricopa. Sobborghi di Scottsdale, Arizona, USA 2011. © Edward Burtynsky / courtesy Admira, Milano