Torna Joe Jackson e con Fast Forward fa un passo avanti
La vorace curiosità del camaleontico Joe Jackson non cessa di sorprenderci. Diventa sempre più difficile delineare il percorso tortuoso del cantautore britannico, ed è altrettanto complesso elencare i generi che ha masticato nel corso della sua carriera da professionista.
David Ian “Joe” Jackson muove i primi passi verso una formazione classica, con violino e pianoforte alla London’s Royal Academy of Music, in eterna contraddizione con l’esempio del musicista “serio”, che tanto ha cercato di non emulare. Tenta un primo progetto rock con i dimenticati Arms and Legs, ma il gruppo ha breve durata e nel 1976 la formazione viene amaramente “cestinata”.
Vediamo quindi Jackson sussurrare al microfono nei cabaret, al modo dei crooners, un’eredità che fa spesso capolino nei suoi lavori successivi. Arriva poi la svolta vera e propria, l’album Look Sharp! pubblicato nel 1979, disco inaspettatamente punk-rock ma già venato di contaminazioni che vanno dal jazz al reggae. Le successive pubblicazioni lo hanno visto cimentarsi con lo swing di Jumpin’ Jive e il pop-jazz di Night and Day.
La sua musica è in piena coerenza con lo slancio della new wave, la “nuova onda” che predica la contaminazione dei generi e incita a un continuo sperimentalismo, segno che il rock, almeno come lo si intendeva negli anni Settanta, aveva in qualche modo fatto il suo tempo.
I più recenti lavori del polistrumentista spaziano ai confini del pop per spingersi fino alla classica. Il jazz torna invece in The Duke, datato 2012, un aperto omaggio a Duke Ellington.
Con l’ultimo album Fast Forward, pubblicato lo scorso 2 ottobre 2015, Joe Jackson ha nuovamente dato vita a un progetto tanto cerebrale quanto accessibile all’ascolto. Del resto, la volontà di starsene a metà strada tra la musica di largo consumo e una vena più raffinata viene apertamente perseguita dall’autore, che prende a modello il grande George Gershwin: Jackson lo cita infatti nella sua autobiografia A cure for gravity, come «il musicista capace di tenere un piede nella musica popolare e l’altro nei regni della classica».
Fast Forward: un solo album, registrato in 4 città diverse, per 16 tracce complessive. La copertina mostra una grande freccia che ha la funzione di “mandare avanti” simbolicamente le tracce del disco, una spinta che ha il sapore di una metafora se guardiamo il percorso di Jackson, fatto di salti e interruzioni.
Il disco segna un ritorno al cantautorato pop, ma con alcune importanti sfumature. Infatti, nei giorni scorsi il musicista ha affermato: «Tre sono i temi della musica pop, il primo è “Sono felice perché sono innamorato”, poi c’è il “Sono disperato perché il mio amore mi ha lasciato”, e infine “Supero la cosa senza pensarci e andando a divertirmi”. Non c’è niente di male, ma ho voluto provare a fare qualcosa di diverso». E ci è riuscito.
Le sezioni del disco corrispondono a quattro momenti di registrazione e arrangiamento in quattro città: New York, Amsterdam, Berlino e New Orleans. Per ogni tappa Jackson si è avvalso della collaborazione di musicisti diversi: una sorta di opera unica composta da capitoli singoli, un lavoro straordinario e collettivo che acquista importanza proprio per la somma delle singole parti.
La prima sezione è ambientata a New York, la città veloce per antonomasia. Il brano-manifesto che apre l’album si intitola proprio Fast Forward, ma infonde al contrario tranquillità, con le armonie delle voci sul ritornello, un piano rassicurante e l’ingresso del violino della jazzista Regina Carter, che dona all’atmosfera una certa drammaticità.
La sezione prosegue con la ritmata If it wasn’t for you e con l’inedito omaggio alla città King of the city passando per la cover di See no evil , brano datato 1977 del gruppo punk statunitense Television, a riprova del costante desiderio di Jackson di strizzare l’occhio alle sue stesse origini.
Segue la sezione registrata ad Amsterdam, con una formazione che vede, oltre a Jackson, due membri della band locale Zuco 103. Spicca la gioiosa A little smile, seguita dalla più teatrale Far away, interpretata dalla candida voce di Mitchell Sink, giovanissima cantante di musical a Broadway. Il tono del pezzo è dolce-amaro, a dimostrazione di quanto affermato dall’autore: «Nelle mie canzoni vi si possono riconoscere sia chi vive uno stato d’animo felice sia chi vive un momento di tristezza». La ricchezza delle armonie in questa parte del disco è senza dubbio amplificata dalla presenza dei musicisti della Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam.
Joe Jackson prosegue il viaggio e approda a Berlino, sua attuale città di residenza. La sezione si apre con il brano rock Junkie Diva , e prosegue con la perla If I could see your face: la traccia è una riflessione sulle differenze culturali e sul tentativo di integrazione che troppo spesso conduce a un esito infelice. L’episodio che ha ispirato il brano è l’assassinio di una sedicenne afghana per mano del fratello, avvenuto nel 2008 ad Amburgo: la ragazza era stata tacciata di voler seguire i costumi e le abitudini delle donne occidentali. È interessante l’assolo d’organo dello stesso Jackson, che intreccia la tecnica del contrappunto (compresa una citazione della “Toccata e fuga in Re minore” di Bach) con scale tipiche della musica araba. La parentesi berlinese si chiude con la cover Goodbye Jonny , brano proveniente dal repertorio cabarettistico anni Trenta, in cui il canto si trasforma in affettata recitazione.
Nell’ultima sezione, dedicata a New Orleans, colpiscono i fiati in apertura di Satellite, pezzo ritmato dal sapore funk (frutto anche della partecipazione dei musicisti del gruppo jazz-funk Galactic). Lo stesso linguaggio si avverte nella successiva Keep on dreaming.
Chiude l’album Ode to Joy, un omaggio al celebre “An die Freude” (Inno alla gioia) della Nona Sinfonia di Beethoven, con il ritmo in 5/8 e il tema affidato alla chitarra elettrica, a sostegno del fatto che, dall’inizio alla fine del suo lavoro, la vena creativa di Jackson lo conduce a intrecciare le fonti apparentemente più incompatibili.
Joe Jackson, Fast forward (Universal)