“Freeheld” di Peter Sollett, ispirato a personaggi reali, racconta con affetto la lotta ai pregiudizi sessuali di una ispettrice di polizia del New Jersey
Freeheld dell’americano Peter Sollett si basa sul cortometraggio-documentario omonimo, diretto da Cynthia Wade nel 2007, vincitore dell’Oscar per la sua categoria l’anno successivo. Adattato da Ron Nyswaner, lo sceneggiatore di Philadelphia (1993), narra la vera storia d’amore tra Laurel Hester (Julianne Moore) e Stacie Andree (Ellen Page) e la battaglia legale che le due donne condussero per ottenere giustizia dalla polizia del New Jersey. Laurel è una detective pluridecorata, rispettata dai colleghi e stimata dai cittadini, che aspira a diventare tenente in una contea nei primi anni 2000, anni in cui, nonostante i passi in avanti, molti non erano pronti ad accettare che qualcuno fosse omosessuale, tanto meno un membro della polizia.
Per questa ragione Laurel ha sempre vissuto con estrema riservatezza, e senza mai condividere con nessuno il proprio orientamento sessuale, nemmeno col collega-partner Dane Wells (Michael Shannon). La vita della detective cambierà quando farà conoscenza con Stacie, una ragazza molto più giovane che lavora come meccanico riparando motociclette e automobili. Le due donne vogliono le stesse cose: una compagna di vita, una bella casa e un cane. Tra loro nasce l’amore e iniziano una nuova esistenza fatta di progetti e stabilità, arrivando a chiedere il riconoscimento come coppia di fatto allo stato del New Jersey.
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La vita delle due protagoniste verrà sconvolta quando a Laurel sarà diagnosticato un cancro al quarto stadio: capendo di avere poco tempo ancora da vivere, vuole che, “dopo”, la sua pensione da poliziotto venga assegnata a Stacie. Nella contea di Ocean i cinque parlamentari cui Laurel chiede ciò che le spetta di diritto, dopo 23 anni al servizio dello stato, gli unici a decidere in proposito, sono legati a una società fortemente maschilista e patriarcale, e negano la richiesta della detective per due volte.
Comincia così una battaglia che vede coinvolti vari personaggi: ad affiancare le due donne nel rivendicare i propri diritti ci sono Steven Goldstein (Steve Carrel), esuberante attivista gay, e Dane Wells, il compagno di pattuglia di Laurel, che riuscirà alla fine a convincere i colleghi poliziotti ad aiutarla. E alla fine di un’estenuante campagna le due donne otterranno giustizia: poche settimane prima della morte di Laurel e dopo la sua orgogliosa conquista del ruolo di tenente.
Freeheld, ultimo di una lunga serie di film incentrati sul tema dell’omosessualità e delle difficoltà incontrate sul cammino verso la parità dei diritti, si concentra fortemente sulla frustrazione della coppia protagonista, che, non essendo “tradizionale”, non viene riconosciuta come tale da una società antiquata. A differenza del recente e più ironico Pride (2014), in cui le vicende dei personaggi diventavano un espediente per raccontare una tappa fondamentale nella storia delle battaglie per la parità dei gay, qui siamo di fronte ad una tragedia privata che resta protagonista, pur nel panorama più ampio dei diritti civili.
Peccato che la storia, raccontata all’insegna della commozione e del dramma, lasci un po’ sullo sfondo i profili psicologici dei personaggi, mai davvero approfonditi, senza sfruttare appieno le potenzialità di due attrici come Julianne Moore, vincitrice dell’Oscar 2014 per Still Alice, ed Ellen Page, “nominata” per il ruolo di protagonista in Juno. E dopo il suo coming out nel febbraio 2014, in cui ha dichiarato la propria omosessualità, la Page si schierata in prima linea per i diritti dei gay, e gira i festival (da Toronto a San Sebastian a Roma) per sostenere il messaggio politico di questo film.