Tra Kusturica e i Coen, “A Perfect Day” di León de Aranoa è una farsa corrosiva sul dopoguerra balcanico: con Del Toro scatenato e un sornione Tim Robbins
“Gli operatori umanitari si dividono in tre categorie: i Missionari, i Mercenari e i Disadattati. Ci sono le persone che arrivano e vogliono salvare il mondo; persone che stanno sul campo da anni, gli operatori professionisti; persone che hanno rimbalzato da una guerra all’altra per così tanto tempo che ormai non potrebbero fare nient’altro”.
Si può ridere di una cosa (molto) seria? Si, basta mettere insieme un regista artisticamente “giovane” (lo spagnolo Fernando León de Aranoa, al suo esordio in lingua inglese), ma furbo quanto un veterano, una stellina nascente del cinema italo-francese, una modella dell’Est Europa in cerca di gloria sul grande schermo, e soprattutto due navigati gigioni della macchina da presa senza bisogno di presentazioni, esperti del mestiere e tutt’altro che stanchi di giocare a prendersi in giro.
Detta così, sembra già una barzelletta. E invece Perfect Day, presentato nella Quinzaine des Réalisateurs a Cannes 2015 e tratto dal romanzo Dejarse Llover del medico di Médecins Sans Frontières Paula Farias, è il bel film che non ti aspetti: divertente, mai banale, ben scritto e magistralmente interpretato dai due vecchi terribili Benicio del Toro (visto di recente anche in Vizio di Forma e Sicario) e Tim Robbins (meritatissimo premio Oscar per Mystic River), leader scanzonato e disilluso il primo, il secondo hippie folle e spericolato. Intorno a loro, il delirante setting del conflitto balcanico alle sue (in apparenza) ultime battute, a far da cornice a un’improbabile compagnia alla ricerca del più semplice, e quindi il più irraggiungibile, dei tesori.
Mambrù (Del Toro) e B (Robbins) sono due cooperanti di lungo corso per conto di una immaginaria ONG in Bosnia, incaricati di rimuovere un cadavere dal pozzo di un villaggio, prima che possa contaminarne le risorse idriche. Con loro, alla disperata ricerca di una corda a cui agganciare il corpo, viaggiano il timido interprete Damir (Fedja Stukan, Nella Terra del Sangue e del Miele) e l’ingenua e idealista Sophie (Mélanie Thierry, La Leggenda del Pianista sull’Oceano, Canone Inverso, Babylon A.D.), appena arrivata dalla Francia e alla sua prima esperienza di fronte all’assurdità di una guerra tra villaggi confinanti e persino vicini di casa. Le cose si complicano quando alla squadra si uniscono il giovanissimo Nikola (Eldar Residovic) e soprattutto la bella e disinibita Katya (Olga Kurylenko, Hitman, 007: Quantum Of Solace, Oblivion), responsabile dei finanziamenti alla missione umanitaria, e vecchia fiamma di Mambrù…
Più che la storia di un viaggio, Perfect Day è l’esilarante racconto di un girare in cerchio senza meta, tra dedali di colline spoglie e paesi fantasma, mine e posti di blocco, patriottismi incomprensibili e burocrazia esasperata. Un racconto senza punti deboli, intelligente e misurato al millimetro, a metà tra Kusturica e i fratelli Cohen: León de Aranoa, co-autore anche della sceneggiatura, sa strappare sorrisi e risate, e poi colpire con ferocia quanto basta – senza retorica né esagerazioni, e soprattutto senza forzature di messaggi o lezioni di morale – proponendo il ritratto fedele e straniante di una situazione realmente senza alcuna via d’uscita.
Al suo fianco, e a evidente briglia sciolta, il carismatico Del Toro e l’incontenibile Robbins (quanto ci era mancato!) sono gli interpreti ideali e disinvolti di dialoghi vicini alla perfezione, capaci di trasformare un prodotto essenzialmente low-budget, destinato probabilmente a passare in sala pressoché inosservato, in una piccola perla, nel contempo gradevole e pungente al punto giusto; che sarebbe un peccato dimenticare in fretta.