Un bell’esempio di film di genere, scritto, diretto, interpretato con professionalità. Ma questa spy-story ha cose da dire anche sulla libertà nel Grande Paese
A tre anni da Lincoln, successo di pubblico e critica che ricevette ben 12 candidature agli Oscar vincendo però solo 2 statuette (Miglior attore protagonista e miglior scenografia), torna nelle sale di tutto il mondo Steven Spielberg. Un ritorno importante, anche e soprattutto perché ristabilisce un sodalizio artistico che in passato ha dato ottimi frutti. Infatti, in Il ponte delle spie il prolifico regista di Cincinnati dirige ancora una volta Tom Hanks, dopo il simpatico The Terminal (2004), lo scatenato Prova a prendermi (2002) e il violento Salvate il soldato Ryan (1998). È lecito quindi aspettarsi il massimo da questa pellicola in uscita.
Da una sceneggiatura scritta a sei mani da Matt Charman e i Fratelli Coen (sì, proprio loro), nasce questa vicenda ambientata durante la famosa crisi degli U-2. Il 1° maggio 1960 un aereo spia statunitense venne abbattuto mentre sorvolava i cieli dell’Unione Sovietica. Il pilota Francis Gary Powers sopravvisse, ma venne catturato dall’esercito nemico. Da qui nasce la storia del film di Spielberg: l’avvocato di Brooklyn James B. Donovan (Tom Hanks), specializzato in diritto assicurativo, si ritrovò abbastanza fortuitamente a dover difendere la spia sovietica Vilyam Fisher. Il protagonista verrà poi assoldato dalla CIA per trattare lo scambio di prigionieri a Berlino. Uno snodo cruciale per la Guerra Fredda, pronta a esplodere da un momento all’altro.
Il film è sostanzialmente spezzato a metà, con una prima parte ambientata negli States e una seconda, molto più movimentata, in cui è stata ricostruita la Berlino divisa dal muro. E il racconto inizia caparbiamente con una sequenza interamente muta, ma iper-ritmata, in cui la spia Fisher (nel film Rudolf Abel, interpretato da Mark Rylance) viene inseguita in una New York affollatissima. Da qui lo spettatore segue senza cali l’avventura di un uomo libero e tutto d’un pezzo, l’avvocato Donovan, che ha deciso di nuotare controcorrente, nel maccartismo del sospetto comunista, perché chiunque, in America, ha diritto a essere difeso seriamente, in un’aula di tribunale. Una scelta che coinvolge non poco anche la moglie e due figli, in quello che può essere il comune denominatore delle opere firmate Spielberg, dove quasi sempre il ruolo del nucleo familiare ha un’importanza imprescindibile.
Tom Hanks è perfettamente a suo agio nei panni di un personaggio dall’animo buono e continuamente costretto dalla propria coscienza a scegliere la via più difficile. L’attore è infatti bravissimo ad alternare un doppio registro: il dramma più soffocante si alterna a necessari momenti ironici, senza mai cogliere impreparato Hanks. I 141 minuti di Il ponte delle spie scorrono veloci, affrontando una a una tutte le paure di un pianeta sull’orlo della crisi. La sceneggiatura è sicuramente il punto forte della pellicola, ma non sfigurano certo una messa in scena puntuale, una colonna sonora ficcante, un cast perfetto e le scenografie, d’ottima fattura. Un’analisi classica, per nulla innovativa, ma gestita con mano ferma e tanta esperienza da un cineasta che continua a dimostrare le proprie capacità. Il ponte delle spie è quello che tra qualche anno potrà essere definito, giustamente, un classico esempio di cinema americano pienamente riuscito.
Un mondo in noir da X-Files a Joe Lansdale
Il ponte delle spie, che sarà nelle sale dal 16 dicembre, chiude il 12 in anteprima la 25a edizione di Noir in Festival a Courmayeur. Aperta da due omaggi, con la riproposizione di I segreti di Twin Peaks di David Lynch (1990) e del primo episodio, datato 1993, di X-Files (di cui si vedrà l’11, sempre in anteprima, il pilot delle nuova serie, My Struggle, firmato sempre Chris Carter), la rassegna offrirà altre novità televisive come l’esordio della nuova serie di Csi (Immortality) e il thriller francese Cherif, e grandi appuntamenti con i protagonisti della letteratura nera che culmineranno, sempre l’11, con la consegna del premio Chandler allo scrittore americano Joe Lansdale. In campo cinematografico, prime proiezioni italiane per My Gran Noche dello spagnolo Alex de la Iglesia, Into The Forest di Patricia Rozema, Piccoli brividi di Rob Letterman e altri titoli di prossima uscita.