Il punto della situazione sul mercato editoriale italiano dopo l’acquisizione di Rcs da parte di Mondadori
Si è concluso a inizio ottobre il lungo tira e molla (sul quale pesa ancora il riscontro dell’Antitrust) per l’acquisizione di RCS da parte del gruppo Mondadori.
Affare concluso per la modica cifra di 127,5 milioni di euro, ribassata di qualche milione di euro proprio per paura del parere negativo dell’Antitrust che potrebbe imporre al gruppo di cedere qualche marchio… fatto sta che, allo stato attuale, il gruppo “Mondazzoli” detiene una quota del 38% del mercato di narrativa e saggista e il 25% della scolastica.
Gli altri grossi gruppi (GeMS, Giunti, Feltrinelli e De Agostini) arrivano tutti insieme a circa il 23% del mercato, con GeMS che da sola conta il 10% e Giunti il 6%.
Per dare un’idea dell’impatto sul mercato, la fusione tra le inglesi Penguin e Random House ha portato alla creazione di un gruppo che prende il 26% del mercato, equivalente alla sola quota di Mondadori prima della fusione.
Tanto aveva fatto parlare, a suo tempo, la decisione di Adelphi di staccarsi da RCS per scampare alla fusione. Calasso si è ricomprato il suo 58% e tanti saluti a tutti.
Ancora più rumore, almeno sulla stampa, ha fatto la decisione di Elisabetta Sgarbi di lasciare Bompiani per fondare una nuova casa editrice promossa da molti degli autori storici del catalogo Bompiani.
La neonata Nave di Teseo può già contare sulla partecipazione Eco, Colombo, Veronesi, Jolloun, e Nesi – e soprattutto su un capitale di 5 milioni di euro che viene in parte dai fondatori stessi, in parte dalla “società civile” che comprende autori del calibro di Michael Cunningham e Mauro Covacich e in parte dal finanziere Francesco Micheli, che per un simbolico euro l’anno ha affittato alla Nave una sede nel centro storico di Milano.
L’impressione è che le scelte di Calasso e Sgarbi, per quanto vadano a tutelare un po’ di più la pluralità dell’offerta editoriale, che pure non era mai stata seriamente minacciata da Mondadori (già da 25 anni Mondadori ed Einaudi convivono nello stesso gruppo, così come Bompiani e Adelphi convivevano in RCS), non tocchino i veri problemi nati dalla fusione: posti di lavoro (si dovranno pur ridurre le perdite di RCS e meno libri fanno meno lavoratori, interni ed esterni), presenza in libreria e potere contrattuale.
Alla creazione di un gruppo che prende quasi il 40% del mercato e dentro al quale, per forza di cose, circoleranno la gran parte dei best seller, si è contrapposta la fusione delle principali agenzie letterarie italiane: l’Agenzia Letteraria Internazionale (Ali), la Luigi Bernabò & Associates e la Marco Vigevani & Associati. Dalla fusione è nata The Italian Literary Agency.
Questo a dimostrazione di quanto non sia la riduzione della proposta editoriale a preoccupare, quanto la forza che Mondazzoli potrà imporre in termini di contratti e presenza sul mercato degli autori; o stai qui o stai fuori.
Sullo sfondo di questi grandi movimenti restano i piccoli e medi editori che complessivamente prendono il 37-40% del mercato, che investono spesso e per forza di cose in un’editoria di ricerca e meno suscettibile alle oscillazioni del mercato.
Questo bacino di editoria, vera garanzia di pluralità della proposta libraria in Italia, non viene apparentemente toccato dalla fusione Mondadori-RCS, ma è facile capire che sarà più in difficoltà nel guadagnare posti in libreria, soprattutto in quelle di catena.
E per quanto l’editoria digitale (oggi l’8% del mercato, ma raddoppiata dal 2010) sia in costante crescita non è sufficiente, insieme alle vendite online, a superare il vero grande problema dell’editoria italiana: la concentrazione di canali di distribuzione e librerie.
Le catene (Mondadori, La Feltrinelli, Giunti ecc) arrivano al 43,5% del mercato (Nielsen, 2014), seguite dalle librerie indipendenti (34,9%, in leggera perdita rispetto al 2013), dalla gdo (15%) e da Internet (6,6%).
Questo panorama resta sempre parziale, perché Amazon, vero grande colosso sullo sfondo, non fornisce dati di vendita.
Lo stato delle cose è dunque questo: al potere di mercato di “Mondazzoli” (che non equivale, necessariamente, alla capacità di fare una proposta culturale altrettanto valida) si affianca, potenzialmente con molta più forza, la presenza di Amazon e dei colossi stranieri – HarperCollins è silenziosamente sbarcata in Italia, acquisendo la Harlequim Mondadori, quindi puntando al rosa e ai generi di ampio consumo.
Le soluzioni a queste concentrazioni di mercato verranno però difficilmente dalla nascita di nuove case editrici, per quanto preziose e valide (alla Nave di Teseo si è aggiunta la Atlantide fondata da Simone Caltabellota, ex editor Fazi), ma dalla capacità di questo frammentario 37% di mettersi concretamente insieme e collaborare, soprattutto sul piano della promozione e della distribuzione.
Il rischio è quello di avere un’editoria “di qualità” ridotta a servire il solo pubblico dei lettori forti o fortissimi, e in Italia basta leggere un libro al mese per rientrare tra i “forti” consumatori.