Nostalgia e futuro, Harrison Ford e tanti giovani attori, il “vecchio” produttore e un nuovo talentoso regista. Così la mitica saga ha ritrovato se stessa
Il 15 dicembre 2015, Giorno Della Vigilia di Star Wars: Il Risveglio della Forza, due sono le vie che lacerano l’animo allo spettatore più devoto. Una, la Forza appunto, la strada della speranza, della fiducia e, a volte, della nostalgia: la nuova speranza regalata, quando tutto sembrava perduto, da un trailer cupo, “adulto”, presagio finalmente (e stranamente) di un blockbuster senza mascotte formato Disney. È la fiducia in un regista, J. J. Abrams (Mission Impossible III, Star Trek, Super 8, Lost) già capace di misurarsi coi mostri sacri del genere e svecchiare icone dallo stile ben più attempato, sapendo però all’occorrenza anche preservare un certo spirito memorabilia anni ’80, che per qualcuno vuol dire l’infanzia e, si sa, non c’è cosa più seria. È la nostalgia, ben presto appagata, di facce amiche cui poter credere, e volti nuovi con cui crescere, di nuove frontiere da esplorare fino in fondo e storie lasciate in sospeso troppo presto.
Sull’altra faccia della luna (che poi luna non è, ma stazione spaziale, direbbe una vecchia conoscenza) alberga invece il Lato Oscuro: parrebbe il sentiero più facile, e invece non conduce che a sofferenza e odio. Il Lato Oscuro ha qui l’aspetto accattivante di un bimbetto biondo da pubblicità del cioccolato, capelli a caschetto e fare un po’ saccente da baby star. Il Lato Oscuro a volte ha trame complesse, ingarbugliate, e dal finale deludente, altre volte una sceneggiatura inesistente, senza passaggi logici se non lo scopo manifesto di un giro di giostra. O, più semplicemente, è un incubo a metà tra Paperino e Pippo, con la voce di Bob Marley e l’umorismo di Peppa Pig. Preferire oggi la Forza al Lato Oscuro, pensa lo spettatore devoto sedendosi in poltrona e sperando forte, significa soprattutto imparare dai propri errori, per non commetterli più.
Avanti, J. J. Abrams, fai il tuo lavoro, e fallo bene. Non dimenticare da dove veniamo, e cosa abbiamo passato. J. J., il suo lavoro lo fa bene, eccome. Affiancato, mossa di non poco conto, da quel Lawrence Kasdan già co-sceneggiatore de L’Impero colpisce ancora (a tutt’oggi il migliore dell’intera serie) e Il Ritorno dello Jedi, nonché regista di Silverado e Il grande freddo, confeziona un prodotto che non dimentica i vecchi amici, e nel contempo non tarderà a farsene di nuovi. Il Risveglio della Forza è un meraviglioso patchwork di rimandi alla trilogia storica, una caccia al tesoro con l’obiettivo dichiarato di chiedere scusa al fan più affezionato, facendo tabula rasa dei teen movies un po’ kitsch che erano i prequel anni ’90, e ripartendo esattamente da dove ci si era davvero fermati.
Innanzitutto, accantonati paesaggi da cartolina e costumi piumati, il settimo episodio della serie segna il ritorno a un universo visivo che muove inequivocabilmente i propri passi dagli sketch di Ralph Mc Quarrie (oltre che, ovviamente, dalle musiche del sempiterno John Williams), scenografo e costumista della saga originale. A dare allo spettatore la piacevole sensazione di tornare a casa sono sì natura incontaminata e location maestose, ma anche e soprattutto una fantascienza più credibile, perché “vissuta”, fatta di polvere, ingranaggi e vecchie astronavi, che, come i loro piloti, potranno anche avere qualche ruga di troppo o giunture da oliare, ma basta una spinta e un colpetto ed è come se il tempo non fosse passato mai.
Ma attenzione: eliminato da Abrams con un unico colpo di spugna tutto il cosiddetto “universo espanso” di videogames, fumetti e romanzi, questo ennesimo tassello del mito di Star Wars è ben più di un’operazione nostalgia. Perché è vero che la struttura narrativa pare ricalcare alla perfezione, come una gigantesca citazione-omaggio, il format dei capitoli precedenti, e che buona parte dell’hype e del battage pubblicitario che ha accompagnato gli spettatori di tutto il mondo a una data ancor più attesa del Natale si è basato proprio sulla ricomparsa di personaggi-icone come Han Solo (Harrison Ford), Leia (Carrie Fisher) e Luke Skywalker (Mark Hamill, per lui stavolta solo un cameo, in attesa dei prossimi episodi). Ma è altrettanto vero che l’omaggio più interessante e riuscito allo spirito degli esordi è nella scelta coraggiosa di un cast giovane e pressocché anonimo sulla carta, ma più che pronto a sobbarcarsi il peso di un’eredità senza precedenti.
Fatta eccezione per il solo John Boyega (nei panni di Finn, ex soldato imperiale convertito alla causa dei Ribelli, a volte un po’ macchietta), rimandato ma non bocciato, le nuove leve come il pilota di X-Wing Poe Dameron/Oscar Isaac paiono integrarsi alla perfezione tra i veterani del set, affiancandoli senza sfigurare o mirando addirittura a prenderne il posto: la nuova coppia cattivo-buono (anzi, buona), formata dal nuovo Signore Oscuro Kylo Ren (Adam Driver) e dalla giovane, grintosissima Rey (Daisy Ridley) potrebbe regalarci, due tra i rivali (?) potenzialmente più interessanti nella storia del nuovo cinema fantasy. Più che un risveglio, una nuova speranza. E scusate se è poco.
Lucas&Abrams scommessa vinta
Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana… Luke Skywalker è scomparso e tutti lo cercano: sua sorella Leia, diventata generale alla testa dell’esercito dei ribelli; gli inesorabili sterminatori in bianco al soldo del crudele Shoke (l’inafferrabile padrone di Primo Ordine, interpretato da Andy Serkis); una giovanissima guerriera dall’aspetto fragile e dallo sguardo indomito, Rey (Daisy Ridley); un altrettanto giovane, promettente cattivo, il tormentato e mascherato Kylo Ren (Adam Driver), deciso a emulare il pessimo esempio del leggendario Darth Vader… E poi ancora disertori (dalla bella faccia di John Boyega), robot, piloti coraggiosi (Oscar Isaac), contrabbandieri, mostri orrendi e droidi dolcissimi. E naturalmente Han Solo, che al fianco dell’immancabile Chewbecca strappa il primo applauso a scena aperta quando mette piede sul Millennium Falcon, dicendo: “Siamo di nuovo a casa”.
Tutti a rimbalzare alla velocità della luce da un pianeta all’altro, fra dune di sabbia e foreste rigogliose, astronavi scintillanti e fumosi locali popolati dalla peggior feccia della galassia. Tutti impegnati a inseguire qualcosa o a sfuggire a qualcuno. Tutti alla ricerca soprattutto di se stessi. Della trama non è il caso di raccontare altro: i colpi di scena non mancano ed è meglio gustarli su grande schermo. Perché le emozioni bisogna viverle, non raccontarle e vivisezionarle.
L’unica cosa che c’è da sapere è che questo settimo episodio non è esattamente un sequel. Formalmente sì, visto che racconta eventi accaduti dopo la fine della “trilogia” originaria, ma da un punto di vista sostanziale siamo più di fronte a un remake del primo leggendario episodio uscito nel 1977, quel Guerre stellari da cui tutto ha avuto inizio. Un remake e soprattutto un reboot, che consente di ripartire verso nuove avventure portando con sé solo il meglio dell’originale, in un meccanismo ben noto dopo le tante “ripartenze” cinematografiche di questi ultimi anni, da James Bond a Batman, solo per citarne due delle più famose.
Star Wars – Il risveglio della forza è uscito in Italia in 850 sale: e anche se doveste fare di tutto per evitarlo, non vi sarà facile riuscirci. Persino al supermercato, non vi daranno tregua: lo slogan “Risveglia la tua forza” occhieggia dai vasetti di un famoso yogurt che ha pensato bene di proporre snack alla fragola come fossero “una novità galattica”. E allora perché non lasciarsi andare, perché non farsi trascinare in questo turbine meravigliosamente tecnologico e stupendamente anacronistico, ironico, malinconico e commovente, fin troppo noto e sorprendente nonostante tutto? Insomma perché non vederlo questo nuovo episodio di Star Wars?
Attesissimo, ovvio, e quindi esposto a ogni possibile pericolo, come quello di rivelarsi un giocattolone senz’anima, tutto effetti speciali e plastica sentimentale riciclata. Un rischio che la cosiddetta “seconda trilogia” correva spesso, fra una spiegazione superflua e un duello di troppo con le spade laser, qualche personaggio poco riuscito e un eccesso di tecnologico disincanto. Rischi che questo episodio VII non corre praticamente mai: e forse perché ha il coraggio di essere davvero pop, di giocare prendendosi molto sul serio ma senza rinunciare, nemmeno per un istante, al divertimento.
Insomma, una cosa è certa: George Lucas ha trovato in J.J. Abrams il suo degno erede, qualcuno capace di grandi furbizie di marketing (e di merchandising) ma anche e soprattutto di costruire mondi immaginari straordinariamente ricchi e sfaccettati, perché ottenuti mescolando insieme di tutto e di più: l’universo delle fiabe e quello della mitologia classica, l’epica cavalleresca e i romanzi d’avventura, Flash Gordon e Il mago di Oz, il Fritz Lang di Metropolis e la Leni Riefenstahl del Trionfo della volontà, ma anche la filosofia dell’élan vital di Bergson e l’idea junghiana dell’inconscio collettivo, un immaginario tecnologico tipicamente occidentale e l’aspirazione tutta orientale verso una Forza che diventa arma vincente solo in quanto equilibrio di istinto e ragione.
E allora buona visione, in attesa dei prossimi episodi di una saga che si annuncia davvero infinita.