Il testo di Francesco Brandi, interprete con Francesco Sferrazza Papa, affronta dilemmi esistenzial generazionali con la regìa del giovane Raphael Tobia Vogel
Due estranei si incontrano sotto una nevicata da Fargo per poi scambiarsi non gli omicidi, ma i suicidi: praticamente un Hitchcock esistenzialista. Per strada è scritto da Francesco Brandi con piglio televisivo e messo in scena con gusto cinematografico da Raphael Tobia Vogel. Lo stesso Brandi recita accanto a Francesco Sferrazza Papa: il brutto e il bello, il lamentoso e l’ottimista, ma le sfumature non tardano a mostrarsi, al termine della nevicata.
In poco più di un’ora se ne vedono ventiquattro, su un’amicizia occasionale che ribalta quelle che parevano piatte e inscalfibili condizioni di partenza. Jack e Paul, da diverse postazioni sociali, esprimono lo stesso spleen dei poco-più-che-trentenni. Entrambi in stallo, riescono da due vicoli ciechi paralleli a infiltrarsi nelle rispettive vite, con lo spasmodico desiderio di raccontarsi la propria versione, per quanto autolesionista o apparentemente superficiale.
In un simpatico esperimento di scena che mischia sacro e profano, tre giovani si mettono alla prova con umiltà, onestà e inventiva. La scena è divisa in tre blocchi, con due livelli di efficaci proiezioni video, principalmente naturalistiche. I temi sono tanti, importanti e molto condensati: si impone dunque un buon ritmo, condotto con furbizia fino al colpo di scena finale. Tra nevicate disneyane, lussuose residenze alla Melancholia – con matrimonio annesso – e il tema del sacchetto di American beauty, si passa dalle confessioni più intime a una surreale lettera da consegnare a Roberto Baggio, atteso al matrimonio di Paul per la gioia del suo nuovo amico. Il testo di Brandi scorre con un tono incalzante e sardonico. Così si perdonano facilmente alcune ingenuità su cui forse si poteva non mettere l’accento, come al culmine del discorso finale: «oggi non voglio sposarmi ma voglio posarmi». Ma è evidente la sinergia tra gli attori, a cui si aggiunge il palpabile plusvalore dell’autentica amicizia. Piacevole lo straniamento fanciullesco ricercato dalla regia.