C’è sete di parole (e di politiche ) sull’età anziana, sull’ingresso in un mondo sconosciuto in cui qualcosa si perde e qualcosa si guadagna. Ne racconta un libro, fritto di due anni di lavoro tra donne
Nel 2012 ho scritto un libro L’età in più. Narrazione in fogli sparsi, un libro nato da una riflessione molto soggettiva sul mio difficile inoltrarmi nel territorio della vecchiaia. L’intento era quello di allontanarmi dagli stereotipi e di passare davvero attraverso la mia esperienza. Ma, con la mia storia, pensavo anche di raccontare quella di una generazione di donne, quelle “ragazze di cinquant’anni” che adesso stanno arrivando ai settant’anni. Per questo desiderio di riannodare i fili di una generazione ho accolto con molto piacere l’invito della Libera Università delle Donne di Milano a tenere una serie di incontri su questo tema. Agli incontri – che si sono svolti in due cicli, per due anni – hanno partecipato circa venti donne, con una presenza costante e intensa.
Il libro Incontrare la vecchiaia. Guadagni e perdite che ho curato con Clara Mantica è la trascrizione “riveduta” di questi incontri. Naturalmente eravamo consapevoli di un rischio: quello di perdere l’immediatezza, la chiarezza, persino la profondità, la tenerezza e l’emozione con cui ciascuna di noi si è espressa. Abbiamo voluto correre questo rischio perché ci è parso che ci sia sete di pensieri e parole sulla vecchiaia. E ci sembra che questo libro possa essere letto non solo da donne nostre coetanee, ma anche da uomini e da giovani e adulti perché possano sentirsi parte di un insieme che può reciprocamente arricchirsi.
Non emerge da questo resoconto nessuna visione precostituita, nessuna ideologia giovanilistica o al contrario vittimistica, nessuna lamentazione fine a stessa, ma voglia di capire, oserei dire persino curiosità. In fondo, un’indagine per capire quali possano essere gli strumenti per affrontare l’inquietudine che si prova quando ci si inoltra in un territorio sconosciuto, inabitato e all’apparenza inabitabile perché spesso ci viene rimandato dall’esterno come un tabù (la vecchiaia come negazione della giovinezza, come “negativo”). E con questo sguardo abbiamo cercato di capire i diversi aspetti del pianeta vecchiaia: le perdite (la perdita dell’innocenza rispetto al futuro, le perdite legate al deperimento del corpo, la perdita delle persone che hanno fatto parte della nostra vita, la perdita di ruolo sia sociale che famigliare), ma anche i guadagni (il senso di liberazione che si può percepire dal mettere una distanza tra sé e le cose, il tempo ritrovato della lentezza, il senso di benessere che viene anche dalle piccole cose – il sale della vita- ecc. ecc. E poi abbiamo cercato di indagare gli aspetti della vita materiale che cambiano, nella situazione economica, nella situazione abitativa, nel lavoro).
E poi il tema delle relazioni – famigliari, amicali – e il tema della sessualità. E ancora , nel secondo ciclo, il tema della malattia e della morte, il tema della solitudine, la capacità di ricevere e di dare, la progettualità, il senso “politico” dell’invecchiare: il posto dei vecchi nella nostra società, il posto che ciascuna di noi sente di avere, di non avere, di poter avere, di voler avere, la curiosità e le sfide, l’apertura al nuovo, lo stare con sé e lo stare con altri.
Come scrive James Hillman, “il fine di invecchiare non è quello di morire, ma di svelare il nostro carattere che ha bisogno di una lunga gestazione per apparire, a noi prima che agli altri, in tutta la sua peculiarità”.
Dunque, che cosa possa significare inoltrarsi in quel territorio della vita che è la vecchiaia, abbandonando vecchi e nuovi stereotipi, è quello che abbiamo cercato di fare in questo lungo percorso di ricerca comune. Dando parole alle nostre soggettività, spesso inquiete e contraddittorie, mettendo a confronto i nostri – anche diversi – punti di vista e le nostre emozioni, i nostri guadagni e le nostre perdite. Imparando le une dalle altre, con pazienza, imparando soprattutto ad accogliere l’incertezza e tutto ciò che è ignoto.
E soprattutto aprendoci alla possibilità di tenere in mano la nostra vita e alla capacità di offrirsi a ciò che ti porge la vita anche in questo difficile passaggio. Farsi forza della stessa debolezza.
Bello sarebbe che della ricchezza e complessità che attiene all’invecchiamento ne tenessero conto politica e società, in questo nostro Paese così arretrato. Dignità per la vecchiaia e autodeterminazione nel momento della malattia e del fine vita sono diritti umani per cui impegnarsi e lottare.
Il libro si può richiedere alla Libera Università delle donne (universitadonne@gmail.com)
Imagine di copertina di Janet Tarbox