Una tela bianca e un sottile tratto grigio. La grafite della matita rompe, graffia e accarezza la superficie lattea delle opere di Vincent Munier, raffigurando la…
Una tela bianca e un sottile tratto grigio. La grafite della matita rompe, graffia e accarezza la superficie lattea delle opere di Vincent Munier, raffigurando la versione minimale di una natura invernale, avvolta di neve e di silenzio. Ma non si tratta, in realtà, di disegni che hanno origine in un’onirica immaginazione, bensì di fotografie, scattate in condizioni estreme.
Le fotografie di Artico, Immagini di un mondo bianco in mostra alla Contrasto Galleria di via Ascanio Sforza sembrano il frutto di una perfetta messa in scena all’interno di un limbo bianco, ma sono in realtà scatti di una pazienza lunga giorni e settimane, giorni e notti, in balia delle più difficili condizioni atmosferiche. Compagni di viaggio il freddo, il vento polare e, attesi pazientemente, animali che vivono lontano dall’uomo, in zone remote e inospitali, dal Canada sino al circolo polare artico.
In principio fu la montagna. Vincent Munier, nato quasi quarant’anni fa (Epinal, 1976) in Lorena, impara quella pazienza dal padre che lo conduce, come un esploratore, sui Vosgi e gli insegna cos’è la natura. Per leggerla, per catturarla senza smettere di rispettarla, Munier figlio sceglie la fotografia. Consacra entrambe e le unisce in un lavoro di pazienza e arte, che in Artico sfiora vette di minimalismo ed essenzialità: un mondo quasi in bianco e nero, seppur reso a colori. Qualche riflesso azzurro del ghiaccio, una sfumatura di giallo che bagna il manto soffice delle creature polari, rompono la bicromia della natura. In questa semplicità non occorre nient’altro per meravigliarsi.
E gli occhi di un lupo, o di un orso, allora spuntano neri in mezzo al bianco del suo pelo, che sfuma tra neve e brina, e i baffi di una lepre polare vengono catturati dal fotografo che cammina a pochi metri da lei, talmente partecipe da passare inosservato. I lupi – fantasmi dell’Artico, come li chiamano gli Inuit – perseguitano i sogni di Munier finché non li incontra da vicino in Canada, nel 2013, dopo averli cercati per giorni. Un colloquio silenzioso, occhi negli occhi, il più intenso nella sua vita di fotografo: una tensione che ci riesce di indovinare guardando le sue fotografie.
Quella di Munier è una storia di ossessione per la natura: cosa, se non l’ossessione, può spingere un uomo ad affrontare condizioni atmosferiche che ognuno di noi potrebbe sopportare a fatica? La stessa ossessione di un san Tommaso che non si accontenta di vedere nelle fotografie e nei racconti degli altri, ma desidera appagare il bisogno di conoscenza coi propri occhi, avvicinandosi il più possibile, nonostante il pericolo. A costo di prendere il ritmo della natura e senza cercare di addomesticarlo. A costo di lasciare la scuola, da ragazzino, per correre nei boschi. E’ novembre 1988, Vincent ha 12 anni, quando il padre lo conduce nel bosco, per poi lasciarlo solo, a osservare gli animali selvatici e, forse, a sognare di essere uno di loro.
Artico, Immagini di un mondo bianco, Contrasto Galleria, fino al 27 febbraio
Immagine di copertina: Vincent Munier, Orsi polari, Svalbard, 2014, Courtesy Contrasto Galleria