Come si litiga bene sul lettone

In Teatro

Cosa succede ad una coppia che sospende per un weekend la sua routine quotidiana e, lontana dalle necessità contingenti, dai figli, e dalle abitudini, si…

Cosa succede ad una coppia che sospende per un weekend la sua routine quotidiana e, lontana dalle necessità contingenti, dai figli, e dalle abitudini, si interroga sulla verità dello stare assieme?

In Ore d’amore provano a raccontarla Nicola Stravalaci e Debora Zuin, registi di loro stessi su una drammaturgia di Rosario Lismache racchiude in 80 minuti le 8 ore di una tormentata notte in cui affiorano verità, conflitti, tranelli e sogni inconfessabili.  I due coniugi intraprendono una sfida per ricercare il senso di un amore che sembra essersi perso nelle maglie dell’abitudine e abbandonato quella novità fotografata in gioventù, ridotta all’incastro di due poli più per il soddisfarsi di reciproci bisogni psicologici che non per un vero e proprio incontro. La diversità dei sessi la fa da padrone in questo spettacolo, ma soprattutto la diversità dei punti di vista, della attese, delle prospettive ideali di lei, selvaggia analista freudiana delle tendenze del partner, e di lui, musicista bonaccione disilluso sul passare del tempo e sugli ideali della propria vita. L’incomprensione, lo scontro, l’irraggiungibilità sono la cifra di due reciproci desideri o immaginari, in cui il dettaglio di un’idea onirica un po’ troppo dirompente è la scusa per parlare del proprio rapporto insoddisfacente, del punto a cui si è arrivati, dell’ipotetico progresso che costituirebbe l’identità dello stare assieme, del sentirsi amati, dell’avere un progetto comune.

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La crisi di coppia, consumata con lo scoccare del tempo in un talamo nuziale circolare che fa eco ad un orologio dalle lancette inesorabili, confuse, sovrapposte, tratteggia degli orientamenti che ricercano conferma, da parte di lei, e che tendono ad evitare il conflitto, da parte di lui, generando un punto di rottura estremo apparentemente insanabile. Ma razionalmente cos’è l’amore, esiste un’eternità ideale in cui riconoscere questo millenario sentimento o è semplicemente l’illusione di due individui, che scema e deperisce con il passare degli anni? Forse non c’è soluzione di continuità di fronte ad un’attrazione che sembra mancare, all’incapacità di calarsi nei panni dell’altro, all’impossibilità di offrire certezze, ma è proprio l’equilibrio instabile di una crisi in atto, di un non-capirsi veramente, che cela la continuità del voler comunque e sempre partecipare ad un combattimento senza sapere davvero chi o che cosa li abbia chiamati  ad esporsi. Si intravedono i motivi, ma nulla è mai risolto completamente. Nonostante liti e incomprensioni si decide comunque di restare, aspettando un momento di quiete che è in potenza l’ennesimo momento ti tempesta, in un ciclo continuo e coeso che forse è la matrice stessa di un rapporto che non si arriverà mai a sciogliere, piuttosto a vivere. Nicola Stravalaci e Debora Zuin riescono a rendere ottimamente l’incomprensibilità di una relazione in perenne crisi ed unione, in un atto unico che non manca mai di suscitare risa, curiosità, attenzione ed una sana rassegnazione sul fatto che la sofferenza e il distacco, in amore, forse sono parte stessa di una più profonda e salda riconciliazione. La regia riesce a dare al testo di Lisma un’accezione mai troppo distante da ognuno di noi, pur mantenendone lo spirito ironico e irriverente e scene, luci e musica ci avvicinano all’intimità di un duo insonne, forse consapevole che stasi e novità sono entrambe parte del bizzarro dinamismo dell’esistenza.

(foto di Laila Pozzo)

Ore d’amore, di Rosario Lisma, all’Elfo Puccini fino al 14 febbraio 

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