Aldus Pius Manutius. Aldo Pio Manuzio. Pochi uomini hanno influenzato la storia della cultura occidentale quanto Aldo Manuzio da Bassiano (1450-1515), piccolo borgo della campagna…
Aldus Pius Manutius. Aldo Pio Manuzio.
Pochi uomini hanno influenzato la storia della cultura occidentale quanto Aldo Manuzio da Bassiano (1450-1515), piccolo borgo della campagna laziale, umanista per formazione, grammatico per vocazione, editore per missione. Approda a Venezia nell’ultimo decennio del Quattrocento. La città è al suo massimo splendore: è la città del vecchio Giovanni Bellini e del giovane Giorgione, la città su cui i traffici dei mercanti rovesciano senza sosta ricchezze da tutto il Mediterraneo; la città in cui i fondi sconfinati della Libreria Marciana alimentano una cultura umanistica tra le più avanzate d’Europa. In questa città, Aldo Manuzio dà alle stampe nel 1495 il suo primo libro. Nel giro di una decina d’anni, con una fitta serie di pubblicazioni, avrebbe trasformato in maniera irrevocabile la storia dell’editoria. Il libro, per come lo conosciamo oggi, nasce a Venezia, tra i torchi di Aldo Manuzio. Ben venga allora questo 2016 di celebrazioni aldine, con una grande mostra all’orizzonte – Aldo Manuzio. Il Rinascimento di Venezia, alle Gallerie dell’Accademia di Venezia dal 19 marzo – e una piccola mostra già aperta nelle sale della Pinacoteca Ambrosiana.
Impressiona, a ripercorrerle così, un poco a rotta di collo, la quantità di innovazioni introdotte nella stamperia Manuzio. Inventa, mutuandoli dall’alfabeto greco, i segni di interpunzione secondo l’uso moderno: virgole, punti e virgola, apostrofi, accenti compaiono per la prima volta tra le pagine delle edizioni aldine. Per pubblicare il De Aetna dell’amico Pietro Bembo (1496) dà vita, complice il geniale orafo bolognese Francesco Griffi, a un nuovo carattere romano di grande bellezza, arioso e leggibilissimo: da allora, e per sempre, il “Bembo”. Nel 1501, per un’edizione delle opere di Virgilio, inventa il carattere corsivo, ispirato all’elegante scrittura in uso nelle cancellerie delle corti rinascimentali italiane: per eccellenza Italic, contrapposto alle scritture gotiche del Nord-Europa. Ancora oggi, sulle tastiere, “Ctrl+I” come “Italic” (o “Mela+I”, se siete adepti di Cupertino).
Ma l’innovazione più significativa è ancora un’altra. A partire dal 1501 Aldo pubblica una serie di classici – latini, greci e volgari – in formato in ottavo: un formato piccolo, fino a quel momento in uso solo per i libri di preghiera. Virgilio, Orazio, Catullo, Cicerone, Omero, Sofocle, Dante, Petrarca e così via. I classici sono proposti in edizioni filologicamente curatissime: Aldo insegue i manoscritti per tutto il Mediterraneo, fino ai monasteri del Monte Athos, e si avvale, lui formidabile umanista, della collaborazione dei migliori umanisti in circolazione per mettere a punto edizioni impeccabili, corrette e ricorrette in preda a eterna insoddisfazione, giro di bozze dopo giro di bozze. Ma quella che presenta al lettore è una pagina pulita, con tanto bianco: solo il testo, senza i ribollenti apparati di note che contraddistinguevano le edizioni umanistiche in grande formato e distraevano dalla lettura. Il massimo rigore filologico al servizio della massima fruibilità di lettura. Libri piccoli, maneggevoli, portatili, da viaggio; libri che inventano nuove abitudini di lettura, svincolate dallo spazio dello studiolo e della biblioteca, che invitano il lettore a confrontarsi coi testi faccia a faccia, senza schermi di erudizione. Libri nuovi per lettori nuovi, disponibili a commuoversi per il ragionar d’amore degli Asolani e pronti a farsi ritrarre, con un’ombra di malinconia sul viso, da chi ha imparato, studiando Leonardo di passaggio in laguna, che anche i moti dell’animo si possono rappresentare.
Nelle sale dell’Ambrosiana si può ammirare la raccolta ricchissima di edizioni aldine posseduta dalla Veneranda Biblioteca. Vetrina dopo vetrina va in scena la produzione di Aldo, accompagnata da riproduzioni degli strumenti tecnici di allora, forniti dalla Tipografia Tallone; e qualcosa in più si sarebbe potuto fare per spiegarne l’utilizzo a visitatori che difficilmente hanno dimestichezza con la tipografia rinascimentale. Peccato veniale a fronte dell’esaustività della collezione: non manca nessuna delle grandi imprese editoriali sfornate da Aldo. C’è l’opera completa di Aristotele in cinque volumi, pubblicata già nel 1495 con testo latino a fronte grazie, probabilmente, ai finanziamenti di Alberto Pio da Carpi di cui Aldo era stato precettore. C’è l’edizione 1508 – la seconda – degli Adagia di Erasmo da Rotterdam, la più impressionante opera di erudizione umanistica del primo Cinquecento. Lo stesso Erasmo trascorse circa un anno a Venezia, ospite di Aldo; e basti questo a dire il livello dei rapporti intellettuali di Manuzio, in tutta Europa.
C’è, e non potrebbe mancare, l’Hypnoerotomachia Poliphili (una cosa tipo: L’amoroso combattimento onirico di Polifilo), un romanzo allegorico pubblicato nel 1499, imbevuto di neoplatonismo e scritto in un volgare erudito, pieno di bizzarrie e invenzioni lessicali. È un libro misteriosissimo: si ignora chi ne sia l’autore (forse un Francesco Colonna sulla cui identità ancora non si è fatta luce), si ignora chi abbia disegnato e inciso le centosettanta xilografie che lo decorano. È però universalmente riconosciuto, dal punto di vista editoriale, come il più bel libro dato alle stampe nel Quattrocento. In una delle incisioni compare un delfino attorcigliato introno a un ‘ancora: diventerà il logo delle edizioni di Aldo Manuzio, spesso corredato dal motto «Festina lente», sintesi splendida di laboriosità e cura: «affrettati con ponderazione». Il motto perfetto per un uomo che al di là delle innovazioni tecniche, al di là delle frequentazioni intellettuali, al di là delle competenze umanistiche e filologiche, affrontava l’impresa editoriale con reale spirito di servizio. Il primo volume impresso dai torchi di Aldo, nel 1495, era stata la grammatica greca di Costantino Lascaris. Anche l’ultimo volume curato da Aldo fu una grammatica greca. La scrisse lui, lavorandoci per tutta la vita. Fu pubblicata nel novembre 1515, pochi mesi dopo la sua morte.
Aldo Manuzio in Ambrosiana, a cura di Marina Bonomelli e Angelo Colombo, Milano, Pinacoteca Ambrosiana, fino al 28 febbraio.
Aldo Manuzio. Il rinascimento di Venezia, a cura di Guido Beltramini, Davide Gasparotto, Giulio Manieri Elia, Venezia, Gallerie dell’Accademia, dal 19 marzo al 19 giugno.
Immagine di copertina: Matrice tipografica con carattere “Bembo”.