Il lago dei Cigni di Matthew Bourne: il regale trash della versione cult del romantico balletto di Tchaikovsky
Matthew Bourne ha svecchiato un’ammuffita reliquia del romanticismo russo riflettendo su un dato di fatto incontestabile: i cigni sono sgraziati e aggressivi. Chiunque sia stato a Lucerna ricorderà le centinaia di cigni che si ammassano sulle rive del lago, e allora saprà che tutti quegli oblunghi colli intrecciati provocano un senso di inquietudine piuttosto che di regalità. Viene in mente l’idra mitologica, non un gruppo di ballerine che zampettano in tutù. È un pensiero che deve aver guidato il coreografo inglese quando ha vestito come satiri i suoi cigni – tutti maschi e sensuali – e li ha giustamente fatti danzare in modo scattoso e scoordinato.
Oltre a questo originale punto di vista, nel suo Swan lake Bourne modifica la trama. Vale la pena citare che la zoofilia del principe è di tipo omosessuale e che nel ballo di corte del terzo atto il ragazzo arriva a estrarre una rivoltella, condannandosi per sempre alla reclusione. Diciamo subito che il problema dello spettacolo è proprio l’asservimento a questa nuova trama: nelle scene senza cigni viene meno la cura dell’insieme e Bourne si concentra solo su passaggi narrativi che non interessano a nessuno. È come se la coreografia confidasse troppo nell’effetto ludico delle infinite distrazioni sul palco, soprattutto i costumi eccentrici e la scenografia da videoclip di Cher, e questo a spese della fluidità complessiva. Ciononostante sono molti i momenti che funzionano egregiamente: tutta la scena del bar tipo Soho (lo «Swank bar»), il metaballetto con la fidanzata cafona e l’elettroshock finale, solo per fare alcuni esempi.
Senza dubbio però è il secondo atto che rende lo spettacolo indimenticabile. Pronto a suicidarsi nel lago, il principe Siegfried – Simon Williams – viene obnubilato dallo charme di Jonathan Ollivier, cigno tanto possente e solido da spingere il suo innamorato ad accoccolarglisi addosso in una delle più belle figure di amplesso che abbia mai visto. I passi a due nelle scene di seduzione sono sconcertanti per l’interpretazione trascinante dei due personaggi, forte e virile il cigno, fragile ed esitante il principe.
Mai mi è capitato di vedere uno spettacolo così kitsch, così poco raffinato, eppure così efficace e preciso in quello che comunica: ho finalmente capito cosa ha provato e non è riuscito a fare Filippo Timi in tutti questi anni.
“Swan Lake” di Matthew Bourne, musiche di Pyotr Ilyich Tchaikovsky