Ancora musica elettronica al San Fedele. Alla ricerca delle radici di un genere musicale sempre più apprezzato, in particolare dalle nuove generazioni. Questa volta in compagnia di François Bonnet, direttore artistico del centro di ricerca INA-GRM, Mats Lindström, direttore dell’Elektronmusikstudion EMS di Stoccolma, e Valerio Tricoli, musicista e sound artist
Così com’era avvenuto col concerto di inaugurazione, il quarto appuntamento della rassegna Inner Spaces, organizzata da San Fedele Musica e S/V/N, ha costituito un’importante operazione di recupero storico di alcune tappe fondamentali nello sviluppo e nella ricerca nel campo della musica elettronica. Lunedì 11 aprile, il pubblico – per lo più composto da giovani musicisti e appassionati delle arti sperimentali che frequentano club e spazi di condivisione dove la musica fa da padrona – ha potuto godere della possibilità di ascoltare alcune opere che hanno preceduto e informato l’esperienza musicale elettronica contemporanea. Gli ospiti della serata sono stati François Bonnet, direttore artistico del centro di ricerca INA-GRM, Mats Lindström, direttore dell’Elektronmusikstudion EMS di Stoccolma, e Valerio Tricoli, musicista e sound artist.
L’evento è sorto in collaborazione con il FAM (Festival degli Archivi Musicali) e l’Archivio Ricordi: l’obiettivo è, non a caso, il recupero di alcune opere del passato che gli istituti di cui sopra – l’uno francese, noto per essere sorto sotto l’egida di Pierre Schaeffer, l’altro svedese – conservano all’interno dei propri preziosi archivi. I due direttori siedono al banco dell’Auditorium San Fedele, al centro della sala, il pubblico volge lo sguardo al palco, su cui sono installati alcuni degli speaker dell’acusmonium Sator: la performance consiste nella riproduzione di questi pezzi d’archivio attraverso il complesso sistema di diffusione la cui regia è affidata di volta in volta agli artisti ospitati.
I lavori dell’INA-GRM e dell’EMS sono stati ricondotti all’attenzione del grande pubblico grazie al recupero svolto in seno alla label Editions Mego – al cui vertice siede Peter Rehberg, uno dei quattro protagonisti dell’ultimo appuntamento della rassegna che si terrà il 2 maggio. Ideologic Organ – curata da Stephen O’Malley dei Sunn O))) – e Recollection GRM sono le due sublabel della Mego che lavorano a favore della rinascita di queste musiche.
Durante la serata, il pubblico ha ascoltato pezzi di artisti da molti dimenticati: dai database dell’EMS, Mats Lindström recupera Die Stille Liebe di Rune Lindblad (1978), Landscape for 3 tape recorders di Roberta Settels (1981), Sommarmorgon di Knut Wiggen (1974) e Impulsion I-II di Akos Rózmann (1973–4). Dagli archivi GMR, François Bonnet ha proposto Turmac di Philippe Carson (1961), J’ai été coupé di Luc Ferrari (1969) e L’Orvietan di Beatriz Ferreyra (1970).
Lavori di sperimentazione su macchine e metodi compositivi allora innovativi, questi pezzi si collocano all’interno di una tradizione di ricerca che la storia della cultura occidentale inserisce tra i capitoli dedicati alla musica eurocolta dell’accademia – motivo per il quale il vasto pubblico oggi ignora questi nomi. Tuttavia, è proprio la presenza al giorno d’oggi di nomi appartenenti al cotè popular e non accademico – come Stephen O’Malley, appunto – all’interno di queste operazioni di ripristino della tradizione che suggeriscono il concreto valore e l’importanza di opere il cui sound appare tuttavia ormai superato e il cui ascolto dopo due ore di concerto ne esce affaticato.
Questi istituti, zone privilegiate – anche perché favoriti da aiuti statali – di ricerca musicale elettronica, hanno ospitato compositori dell’avanguardia come Edgard Varèse, Iannis Xenakis, Francois Bayle, Karlheinz Stockhausen e Philip Glass ma al giorno d’oggi accolgono dentro i propri studi anche musicisti techno, noise e drone (tra i tanti, Ketev, i membri della label Posh Isolation, lo stesso Stephen O’Malley, Mark Fell, Lorenzo Senni), dimostrando che la naturale evoluzione dell’arte musicale passa anche attraverso generi estranei all’eremitismo della formazione classica conservatoriale. Non è un caso, pertanto, che Valerio Tricoli, distintosi nell’ambito della musica concreta nel 2014 con l’applaudito Miseri Lares (PAN Records), chiama in qualità di patrono della serata proprio John Cage, quell’artista che pur muovendosi all’interno degli ambienti colti dimostrò la propria totale estraneità ed eccentricità, corrodendo i confini tra accademici e popular.
La partitura di Williams Mix, complesso brano per nastri magnetici del 1952, viene rielaborata da Tricoli e Werner Dafeldecker in questa interpretazione del 2014 in cui emerge, contraddittoria e tuttavia coerente, la relazione tra early tape music e sperimentazione digitale contemporanea, fungendo pertanto da ponte tra la tradizione elettronica del passato, i suoi metodi e il suo sound e la sperimentazione contemporanea, illuminata e istruita dalle ricerche di quegli artisti.
Inner spaces Bonnet/Lindström/Tricoli Auditorium San Fedele