Roberto Prosseda registra l’integrale delle sonate di Mozart con temperamento “Vallotti”. Un unicum nel panorama discografico che permette al musicista di mettere in risalto tinte inusuali delle composizioni del grande salisburghese
Capacità di ricerca e valorizzazione di un repertorio poco conosciuto o del tutto ignoto. Con queste caratteristiche Roberto Prosseda ci aveva stupito nelle sue precedenti incisioni.
Ora il pianista ha registrato il primo volume dell’integrale delle sonate di Mozart (1-6), uscito il 15 aprile per la Decca. Una fatica non da poco (sono in totale 18 le sonate, 6 in questo primo doppio CD) che vedrà anche la sua realizzazione live in un ciclo di 4 concerti a partire dalla fine del 2016.
In queste nuove incisioni il musicista latinense ci porta a riscoprire i capolavori mozartiani in una prospettiva del tutto nuova capace di far convivere filologia e modernità.
La ricerca sulle fonti e il buon senso portano infatti Prosseda a scegliere per la registrazione un Fazioli F278 del 2015 accordato però secondo il temperamento “Vallotti”, un sistema non equabile, molto diffuso al tempo della composizione di queste sonate. La differenza rispetto alla comune accordatura moderna sta nel diverso colore che ogni tonalità acquisisce grazie alla divisione dell’ottava in dodici semitoni non uguali, differenza che permette al musicista di scoprire tinte inusuali e cambi espressivi tra una sezione e l’altra più evidenti e repentini.
E questa scelta “ibrida”sembra particolarmente azzeccata considerando la lettera che il compositore salisburghese scrisse al padre nel 1777, dopo l’esecuzione in pubblico di queste prime sei sonate, che denota il forte interesse di Mozart verso le innovazioni strumentali che consentano una maggior varietà espressiva (in questo caso un primitivo sistema di pedale di risonanza):
«La [Sonata] in Re maggiore (K 284 ndr) ha un effetto incomparabile sul pianoforte Stein. Il sistema di pedale a ginocchiera è superiore a qualsiasi altro realizzato da lui o da altri. Basta sfiorarlo e si aziona, e appena si rilascia leggermente il ginocchio, non si sente più il minimo riverbero».
L’anno di composizione di queste prime sonate è emblematico. 1774, l’anno dell’opera buffa La finta giardiniera K196 ma soprattutto delle prime vette mozartiane: le quattro sinfonie K 183, K 200, K 201 e K 202. Non sono casuali allora i rimandi al mondo del teatro e alle ultime scoperte sinfoniche che si percepiscono in queste composizioni per tastiera. L’immaginazione timbrica e drammatica è infatti coadiuvata da strutture musicali complesse che vanno spesso ben oltre gli stilemi barocchi.
Ad esempio i contrasti ritmici dei due temi iniziali della K 280 (accordi ripetuti, scale cromatiche, ottave staccate, quartine di sedicesimi) sono il materiale da cui scaturisce lo sviluppo del primo movimento, come a suggellare le recenti dimostrazioni sinfoniche nelle quali gli svolgimenti come direbbe l’Abert: «perdono il loro carattere di mere transizioni, certo non sono ancora rigorosamente tematici come in Haydn, e preferiscono ancora il prolungamento dei temi principali con temi sequenziali, ma ciò non accade più con il piacevole chiacchierio degli italiani, bensì con una singolare energia, spesso appassionata, che tiene sempre ferma nell’occhio la propria meta e spesso riesce a raggiungerla infine in maniera schiettamente mozartiana cioè con ogni sorta di sorprese poetiche».
Ci troviamo di fronte ad un Mozart diciottenne ma già precursore di se stesso. Altro esempio l’ambiguità metrica che spicca nel primo movimento della K 283, con la partitura scritta in 3/4 ma frequenti allusioni al tempo di 6/8. Tredici anni dopo, ben più maturo, il compositore salisburghese arriverà non solo ad utilizzare due metri diversi nella stessa composizione ma addirittura a sovrapporli: la scena del ballo nel finale primo atto del Don Giovanni.
Per non parlare della K 284 dove, ci dice lo stesso Prosseda, «il discorso musicale si dipana per lunghe arcate laddove le precedenti sonate procedevano per brevi incisi alternati», con una scrittura di chiara concezione orchestrale quasi beethoveniana.
Possiamo parlare per queste sei sonate, quindi, di un vero e proprio percorso musicale, con un Mozart maturo anche se in qualche modo legato ancora al mondo barocco che sta volgendo al termine. Prosseda esegue in modo magistrale questo repertorio partendo da una dedizione assoluta nei confronti del testo. Ne viene fuori un’interpretazione scrupolosa verso ogni segno riportato in partitura – i vari tipi di staccato e il raffinatissimo sistema di legature – ed elegante nelle dinamiche che però forse risultano qualche volta enfatizzate fin troppo in repentini sbalzi sonori.
Rimane affascinante la scelta dell’accordatura “Vallotti”, così disuniforme anche nell’ascolto della registrazione digitale. Aspettiamo con curiosità le esecuzioni dal vivo che saranno capaci di creare luoghi sonori ed emotivi ancora più coinvolgenti.
Roberto Prosseda, Le sonate di Mozart 1-6 (Decca)