Winslet e Judy Davis protagoniste assolute di “The Dressmaker”, bizzarro noir girato in un outback remoto, colorato, fantastico. Dove la brava Jocelyn Moorhouse ambienta la vendetta di una procace stilista cacciata dal suo villaggio, che riconquisterà da trionfatrice, facendo pace con la folle genitrice
“Gli australiani esagerano sempre” commenta qualcuno sorridendo, mentre in sala ancora scorrono i titoli di coda. In effetti, basta pensare al Grande Gatsby di quel matto di Baz Luhrmann, o all’ultimo Mad Max del sempreverde George Miller, per realizzare che, almeno dal punto di vista di scenografie e costumi, i registi aussie sono sempre garanzia di una buona dose di visionarietà. Non fa eccezione, seppur in tono leggermente minore, The Dressmaker (sottotitolo italiano: Il Diavolo è tornato, con scaltro riferimento a ben altri diavoli, di Prada vestiti…), tratto dal romanzo omonimo dell’esordiente Rosalie Ham, e portato sul grande schermo dalla regista e sceneggiatrice Jocelyn Moorhouse, già dietro la macchina da presa per Istantanee con Hugo Weaving e Russell Crowe, Gli Anni dei Ricordi con Wynona Rider e Segreti con Michelle Pfeiffer, Jessica Lange e Colin Firth.
Con un simile curriculum, in quanto a collaborazioni con star affermate, non stupisce allora l’evidente alchimia all’interno di quello che è un nuovo cast d’eccezione (e quasi interamente al femminile) per una commedia tutto sommato di nicchia ma capace di riunire il meglio del panorama attoriale australiano contemporaneo.
A guidare e stravolgere l’arido e bigotto villaggio di Dungatarn, sperduto in un outback a metà tra le città fantasma del selvaggio west e il Kansas incapace di sognare a colori di Judy Garland, è l’efficacissima e sempre più brava Kate Winslet: stilista affermata, di ritorno nel paese natale che l’aveva esiliata ancora in tenera età, Tilly Dunnage ha in realtà l’obiettivo dichiarato di riconciliarsi con l’anziana madre, e vendicarsi di chi l’aveva cacciata via. Spalla e co-protagonista, nel contempo esilarante e commovente, l’esperta e pluripremiata Judy Davis è la vecchia “Molly la Pazza”, che dalla partenza della figlia vive pressoché segregata in casa, bevendo whiskey e rincorrendo opossum.
Ad accompagnare le due donne in un bizzarro viaggio di (ri)scoperta reciproca e agrodolce vendetta, il biondo Liam Hemsworth, maschio alfa di campagna forse un po’ stereotipato, già protagonista della serie Hunger Games e promesso sposo di Miley Cyrus, e soprattutto un delirante (in senso buono, però) Hugo Weaving, che, dopo il supercattivo nella trilogia di Matrix e il superbuono in V per Vendetta, aggiunge al suo portfolio i panni in seta e paillettes di un sergente di polizia che pare uscito dritto dritto dal Vizietto.
Osannato in patria e applauditissimo all’ultimo Torino Film Festival, The Dressmaker ha soprattutto il pregio di sorprendere: è un film forse a tratti un po’ confuso, ma pieno quanto basta, in cui succede di tutto e tutto quel che deve succedere, e tuttavia mai nel modo più scontato. Nell’inquietante cornice di una Pleasantville anni ’50, in cui niente è come sembra, la Moorhouse dipinge con stile bizzarro e personale una commedia a tinte noir, spassosa un momento e terribilmente amara il momento dopo.
È un revenge movie a colpi di ago e filo (con tanto di duello tra le due stiliste più veloci del West), e insieme una feroce critica alla repressione del proprio io in nome di una retrograda ottusità puritana e bacchettona: in un’irritante corte dei miracoli fatta di madri arriviste alla ricerca del buon partito per figlie impresentabili, sindaci fedifraghi in odore di pedofilia, maestre violente e medici che rifiutano le cure perché la malattia “è la punizione di Dio”, la splendida coppia Winslet-Davis confeziona a meraviglia un’opera pop all’insegna del “don’t dream it, be it”, in cui gli abiti stessi paiono prendere vita per rivelare, nel bene e (soprattutto) nel male, la vera natura dell’essere umano.
Stefano Benedetti
The Dressmaker – il Diavolo è Tornato di Jocelyn Moorhouse, con Kate Winslet, Judy Davis, Hugo Weaving, Liam Hemsworth, Sarah Snook