Stephen King definisce la Trilogia dell’Area X «affascinante e inquietante»; e ha ragione, perché la storia che VanderMeer racconta è un cocktail ben confezionato e ben miscelato, contenente atmosfere che ricordano Lost, echi scientifici che rimandano al miglior Michael Crichton e una prosa barocca che miscela suggestioni letterarie a terminologie scientifiche prese in prestito dalla biologia, dalla zoologia e dalle scienze naturali.
Nel 1987 gli Anthrax, metal band newyorkese, pubblicano Among The Living, seminale album thrash metal e punta di diamante della carriera del gruppo. La title-track d’apertura è ispirata a un’opera letteraria: L’ombra dello scorpione, il primo grande romanzo che Stephen King diede alle stampe. Il libro narra la storia di un evento pandemico di portata mai vista, che uccide la maggior parte della popolazione e fa piombare il mondo nel caos e dell’anarchia. Dal buio, dalle rovine della società, emerge lui, Randall Flagg, il personaggio nero che distrugge e anela l’apocalisse. «Lui era un grumo in cerca di un punto dove manifestarsi, una scheggia d’osso alla caccia di un organo molle da bucare, una solitaria cellula impazzita alla ricerca di una compagna: avrebbero messo su casa insieme allevando un bel tumore maligno». Egli è un distruttore di mondi e un profeta di sventure. Nella canzone Among The Living, lui è “The Walking Dude”, il tizio che cammina, che migra portando con sé oscuri progetti di devastazione.
Nel 2014 Jeff VanderMeer, scrittore statunitense e autore di punta del genere new weird pubblica la Southern Reach Trilogy, diventata in italiano la Trilogia dell’Area X, composta da Annientamento, Autorità e Accettazione. Le particolarità non risiedono soltanto fra le pagine dei romanzi che compongono quest’opera, ma sono veicolate anche dalle grafiche con cui le case editrici di tutto il mondo l’hanno stampata e dalla modalità di pubblicazione, legata al binge-watching di cui tanto si parla a partire dalle serie televisive. Nel giro di un anno la trilogia infatti è a disposizione dei lettori, evitando le solite, frustranti attese.
Lo stesso Stephen King la definisce «affascinante e inquietante»; e ha ragione, perché la storia che VanderMeer racconta è un cocktail ben confezionato e ben miscelato, contenente atmosfere che ricordano Lost, echi scientifici che rimandano al miglior Michael Crichton e una prosa barocca che miscela suggestioni letterarie a terminologie scientifiche prese in prestito dalla biologia, dalla zoologia e dalle scienze naturali.
Anche nella trilogia di VanderMeer, come in L’ombra dello scorpione, il mondo si scopre al limite del collasso. Una misteriosa zona del pianeta, chiamata Area X, è controllata a stento dal governo e dalla Southern Reach, organizzazione parascientifica che nasconde segreti a non finire. Nessuno sa che cosa accada di preciso al di là del Confine, né come questo sia stato creato. L’umanità è all’oscuro di tutto, dato che le insabbiature sono all’ordine del giorno e hanno permesso, col passare degli anni, di rendere l’anomalia dell’Area X l’ennesimo disastro ambientale tenuto sotto controllo da militari ed esperti. Le missioni esplorative all’interno della zona – un mondo lussureggiante, dove pare che la natura abbia ripreso il sopravvento – sono spesso disastrose, perché là dentro niente è come sembra, e passare il Confine può essere l’inizio di un viaggio senza ritorno. Una sola, inquietante domanda attraversa i libri della trilogia, gettando scompiglio e generando interrogativi nei personaggi della saga: il Confine sta avanzando?
Annientamento
La protagonista del primo volume è la biologa. Non sappiamo come si chiami, perché è un membro della dodicesima spedizione organizzata dalla Southern Reach per sondare i misteri dell’Area X. La biologa è al di là del Confine, accompagnata dalle colleghe scienziate, per indagare ciò che conosce meglio: gli ecosistemi di transizione. Fin dalle prime, stravaganti e spaventose esperienze che prova nel mondo alieno e alienante dell’Area X, la biologa comprende alcune verità su se stessa e sul mondo reale. A differenza di quanto accade fuori, oltre il Confine tutti gli altri confini vengono meno. Fin da subito percepisce di non poter più mantenere l’obiettività e il distacco propri della sua professione, la scienza, proprio perché i fenomeni che avvengono dentro l’Area X possiedono la caratteristica di annullare la distanza fra il soggetto e l’oggetto, generando un ibrido dai contorni incerti. La protagonista sembra essere l’unica componente della spedizione in grado di accettare questa commistione, aprendosi alle illimitate quanto spaventose possibilità che essa porta con sé. La biologa depone la propria soggettività per abbracciare la rete in cui l’ambiente la accoglie e, successivamente, la imprigiona.
Un episodio del suo passato è chiarificatore. Un giorno, sulla costa rocciosa di cui studiava le pozze di acqua marina, la biologa incontra una colossale stella marina, un “distruttore di mondi”. L’incontro è epifanico, perché permette alla scienziata di comprendere i propri limiti. L’osservazione di un essere così misterioso e così sorprendente genera in lei una sorta di capogiro, una folgorante comprensione delle limitate capacità di conoscenza della mente umana, soprattutto se arroccata su principi quali l’obiettività e il distacco. La biologa capisce sempre più di non poter comprendere la natura e gli ecosistemi da quella prospettiva e, di fatto, apre le porte alla sua avventura nell’Area X, dove potrà finalmente approcciare il mondo in un modo diverso, spaventoso e oscuro, ma per lei senza dubbio più congeniale. Immergersi nella rete del vivente è per la biologa l’unico passo possibile per giungere alla vera conoscenza, o per meglio dire, alla vera esistenza, dato che nemmeno lei è in grado di percepire con chiarezza ciò che avviene oltre il Confine.
Annientamento è il racconto di un processo di dissoluzione. Esso appare terribile e oscuro, ma apre in realtà alla comprensione del nostro significato di esseri viventi. Attraverso una prosa letteraria mai piatta, ma sempre avvolgente e dettagliata, VanderMeer porta all’evidenza un atteggiamento chiaro: la comprensione che noi siamo parte del mondo naturale, in modo evolutivo e in modo ecologico. Facciamo cioè parte della storia del mondo in quanto specie e facciamo parte della realtà del mondo in quanto agenti biologici. Nella narrazione fantastica della Southern Reach Trilogy questa comprensione è rappresentata attraverso un lento, irrevocabile e totale processo di commistione (come indicano i titoli delle parti in cui il romanzo è diviso: Iniziazione, Integrazione, Immolazione, Immersione e Dissoluzione). Il punto su cui è lecito ragionare è dunque perché questo argomento pare ai lettori della trilogia tanto attuale. Dove sta il Confine che separa le nostre realtà dal mondo naturale? E perché le Aree X del nostro mondo sono oggi percepite come pericolose, lontane, selvagge e in antitesi rispetto alle metropoli nelle quali viviamo?
Autorità
Il secondo volume della trilogia, Autorità, è la storia di Controllo, nickname di John Rodriguez. Controllo è il nuovo direttore della Southern Reach, l’agenzia pseudo-scientifica che tenta di studiare l’Area X e al tempo stesso di contenerne l’incedere e i possibili incidenti. È dalla Southern Reach che parte ogni spedizione esplorativa ed è dentro ai suoi uffici che hanno luogo episodi altrettanto inspiegabili e avvolti dal mistero. Le vicende narrate in Autorità portano il protagonista a penetrare sempre più a fondo nelle strutture della Southern Reach, così come nel primo libro la biologa penetra i misteri dell’Area X. Controllo abbandona ogni velleità di controllo, dato che pur essendo il nuovo direttore egli non ha in mano alcun pulsante. Bugie, malefatte e occultamenti sono all’ordine del giorno, e Controllo non può fare altro che mollare la propria pretesa di autorità e tentare invece di seguire il proprio istinto, il quale lo porta, ovviamente, in direzione dell’Area X.
Oggi viviamo nell’Antropocene. Il termine è senza dubbio noto a pochi, tuttavia lo si utilizza già da decenni per indicare il periodo storico e naturale in cui l’uomo è diventato esso stesso una forza della natura, capace di modificare la geologia e il clima del pianeta su cui vive. Il termine, adoperato in modo critico, sottolinea lo strapotere dell’uomo e la sua forza distruttiva, evidenziando il momento di grande crisi in cui le sue attività hanno trascinato la Terra e i suoi abitanti. Se non comprendiamo questo punto, difficilmente riusciremo a porre un freno al nostro devastante operato. Il problema è che operiamo implicitamente una netta distinzione fra il nostro mondo, quello umano, e il mondo naturale, là fuori, che non sentiamo più come nostro in senso inclusivo, bensì vediamo come un orizzonte atavico che abbiamo abbandonato grazie allo sviluppo della tecnica e della cultura. Per VanderMeer la vera ricerca dell’identità non passa attraverso la creazione dei confini ma dalla loro dissoluzione.
Nel secondo libro della trilogia si fa spesso riferimento a un termine preso in prestito dal vocabolario enogastronomico. È terroir, la cui definizione potrebbe essere riassunta in questo modo: un’area ben delimitata dove le condizioni naturali, fisiche e chimiche, la zona geografica e il clima permettono la realizzazione di un vino (o di un altro prodotto) specifico e identificabile mediante le caratteristiche uniche della propria territorialità. Il terroir è un complesso di caratteristiche che donano specificità; grazie a queste iterazioni complessive viene conferita a un prodotto una specifica soggettività. Nel mondo descritto da VanderMeer, Controllo non trova le risposte che cerca negli uffici della Southern Reach; egli intuisce che le risposte che cerca si trovano altrove, là dov’è possibile l’ibridazione con l’altro, con l’ambiente e con il mondo. Solo dove sei parte del complesso, del terroir, puoi trovare la tua identità. Qualunque essa sia.
Accettazione
Jeff VanderMeer conclude la trilogia in un’appassionante viaggio all’interno dell’Area X. Diversi personaggi vi sono capitati, chi per sua volontà, chi per dovere, chi per scherzi del destino. Dentro alla giungla contorta, sotto ai fari in rovina sulla costa e nelle profondità dei mari che circondano le coste di quest’area, ora in costante espansione, ogni protagonista della storia cerca le proprie risposte e tenta di definire se stesso nel luogo più volubile ed estraniante in cui abbia mai camminato. All’interno dell’Area X sono poche le risposte certe, e forse proprio qui sta il grande insegnamento della trilogia. Rainer Maria Rilke scrisse, nelle sue Lettere a un giovane poeta: «Abbi pazienza con tutto ciò che è irrisolto e cerca di amare le domande in sé». Nell’Area X non ci sono che domande, punti interrogativi di enormi dimensioni sul mondo, sulla vita e sulla morte e sull’umanità. La biologa, Controllo e gli altri personaggi se ne pongono di continuo, stimolati da ciò che vedono in questa porzione di pianeta perennemente cangiante. Tutti, alla fine, accettano in qualche modo la loro condizione, seppur incerta. Anche il lettore, a suo modo, è costretto ad accettare che molte delle suggestioni indotte dal romanzo resteranno senza risposta.
Nei momenti di crisi e di incertezza camminano i Randall Flagg, entità presenti in ogni tempo e che in ogni tempo assumono forme sempre diverse. Il Confine dell’Area X avanza, mangiando porzioni di mondo sempre più grandi, minacciando la più terribile delle sventure: la dissoluzione stessa dei confini, la perdita dell’identità e l’oblio della soggettività. Tuttavia, leggendo la Southern Reach Trilogy comprendiamo che il processo di accettazione della propria condizione implica consapevolezza. Non è possibile giungere al cuore della nostra sostanza e alla nostra identificazione senza mettere in crisi i nostri limiti, senza portare fuori ciò che abbiamo dentro e senza permettere al mondo che sta fuori di penetrarci, di allacciarsi alla nostra interiorità psichica e alla nostra corporeità biologica.
La nostra capacità di interagire col mondo è la caratteristica peculiare dell’umano, forgiata durante lo scorrere del tempo evolutivo. La Trilogia dell’Area X di Jeff VanderMeer è un’opera fantastica e misteriosa, un affresco che racconta la storia di uno dei dilemmi fondamentali di ogni essere umano: «Era quello che volevano quasi tutti: essere vicini alla natura senza farne parte. Non volevano la spaventosa incognita di una “natura incontaminata”. Ma nemmeno una vita artificiale e senz’anima». Nel mondo reale il confine è invertito rispetto al romanzo: la società tecnologica e antropizzata sta corrodendo ciò che resta della natura. Forse anche noi, come i protagonisti dei tre romanzi, dovremmo mettere in crisi i confini, non tanto per ritrovare antichi quanto sorpassati legami col mondo al quale di fatto apparteniamo, ma per costruire nuove strade e nuove mappe di convivenza ed esistenza, amando l’incognita che deriva dalla non-sicurezza ma che è il fondamento della nostra identità futura.