Il jazz e la commedia dell’arte nell’esibizione di Liebman e Beirach

In Musica

Un grande concerto, dopo un forte ritardo, causato (forse) da un pasto luculliano. Tutto questo al Franco Parenti dove condisce l’abile Ruth Shammah da par suo. E alla fine la soddisfazione si taglia con il coltello

Dave Liebman e Richie Beirach, due musicisti che hanno fatto la storia del jazz, si sono esibiti l’8 maggio al Franco Parenti dando vita a uno spettacolo meraviglioso, accolto dall’ovazione di un pubblico composto da anziani e giovani.

Il primo nasce a Boston, nel 1946, dove studia pianoforte e sassofono. Collabora con nomi della musica jazz di fama internazionale, come Chick Corea, Dave Holland, Steve Swallow, e registra tre album col grande Miles Davis (On the corner, Dark Magus e Get up with it), a partire dal 1972. Beirach, classe 1947, è di New York, dove ha studiato pianoforte classico e jazz; nella sua carriera ha collaborato con grandi jazzisti tra cui Stan Getz e Chet Baker.

Il concerto è fissato alle 21, ma prima delle 21.45 i due artisti non si presentano sul palco: la bontà della cucina italiana e i problemi di deambulazione di Dave Liebman hanno probabilmente causato il ritardo che ha irritato il pubblico.

Ci ha messo una pezza Andrée Ruth Shammah, anch’essa alquanto innervosita, che ha intrattenuto il pubblico sulla decisione di inserire la musica jazz nella programmazione del teatro. Quale espressione musicale contemporanea è più vicina al teatro se non il jazz, con scambi continui di improvvisazioni su un canovaccio (vedi la commedia dell’arte) che ne costruisce la struttura? Ed è proprio da questa riflessione che l’esibizione finalmente prende il via:  i due musicisti, a partire da un terreno musicale comune, si scambieranno per tutta la serata una serie di improvvisazioni da lasciare senza fiato.

Il concerto si apre con il duo posizionato uno di fianco all’altro, con il pianoforte di Beirach rivolto verso Liebman, per mantenere un contatto visivo. Il primo brano è un pezzo di Bach, la Siciliana, che, attraverso un arpeggio di pianoforte di impronta classica, viene interpretato dal sax tenore di Liebman dando la linea melodica che dà subito il via a uno scambio vertiginoso tra i due.

Segue un brano di puro free jazz, sorretto da un continuo scambio  tra i due artisti, che giocano su scale complesse e complicate, ma mai fastidiose per l’orecchio dell’ascoltatore, deliziato dall’esibizione.

Arriva il momento di una doppietta di cover: la seconda è un’impeccabile reinterpretazione di Paraphernalia di Miles Davis, brano del 1968, che il duo riesce a rendere vivo, nonostante la presenza di soli due strumenti.

Il free fa capolino in tutta la loro performance, le sonorità complesse che si sorreggono su improvvisazioni mai banali conferiscono complessità a pezzi sorprendenti che sembrano fatti per mettere in luce le grandi doti musicali di Liebman e Beirach.

Il duo dà il via a uno scambio, improvvisando su una linea di forti influenze anni ’50 che creano un crescendo tesissimo, fino al finale spezzato, con Liebman che, guardando Beirach, continua a “lanciargli” battute alle quali il pianista risponde puntualmente, fino ad arrivare all’ultima nota comune che chiude il brano. Insomma un litigio simulato espresso in musica. Liebman impugna il flauto traverso e inizia una linea melodica senza accompagnamento, se non quello vocale del compagno che lo incita come se fosse il coach di una squadra di calcio, con brevi esclamazioni quali “come on”, “keep it” che fanno sorridere il pubblico e che rivelano un rapporto speciale tra i due.

Il brano prosegue con un intermezzo di solo piano al quale viene introdotto successivamente un solo di sax che sfocia, come per quasi tutti il concerto, in uno scambio free tra i due strumentisti.

Il pubblico è incantato e dopo l’ultimo brano di jazz classico, segue un applauso interminabile, interrotto soltanto dal bis concesso dai due: Lonely Woman di Ornette Coleman, interpretato da Liebman con un piccolo flauto di legno che costruisce la linea melodica del brano che si unisce al tocco del pianoforte di Beirach, proponendo un’interpretazione ancor più avanzata di un brano ormai classico del jazz d’avanguardia.

Dave Liebman e Richie Beirach al Teatro Franco Parenti

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