Milano, nell’aria sospesa dell’alba

In luoghiCULT, Weekend

Sapessi com’è strano vedere, dall’alto e al risveglio, la tua città Milano. Noi lo abbiamo sperimentato e lo consigliamo: la visita guidata all’Highline della Galleria regala viste, luci e sapori inediti

L’alba a Milano l’ho vista diverse volte, solitamente in contesti in cui ero poco incline ad apprezzarne la bellezza. Il silenzio della città risultava ovattato o accompagnato dal classico fischio nelle orecchie. Le mie gambe in quel momento non erano fatte per camminare senza paura in mezzo alle strade vuote del centro, quanto per trascinarmi verso casa dopo una serata di stillicidio delle ultime energie settimanali, prima del weekend.

Alcune volte ho guardato l’alba divorando un panino con dell’acqua minerale, altre seduta su un muretto vicino casa con un amico che aveva bisogno di un consiglio e di un’ultima, mai tale, sigaretta. Qualche volta l’ho vista dal finestrino del taxi o dell’autobus che mi stava portando a prendere a Linate l’aereo del mattino, con più borse sotto gli occhi che valigie.

Quando ho letto l’email di Neiade che mi proponeva una visita della “Highline Galleria all’alba”, cioè delle passerelle sopra la Galleria Vittorio Emanuele II intorno alle 6 del mattino, ho pensato che potesse essere un’ottima occasione per apprezzare la città sotto una luce rosea e nuova, da guardare senza le lenti a contatto ormai incollate ai bulbi oculari. Con la bocca un po’ impastata di sonno e non del vino rosso bevuto a cena, con le membra che ancora dovevano svegliarsi e scuotersi del tutto, ma pronte a ripartire, più che a spegnersi tra le pieghe del letto.

Sveglia alle 5.30 del mattino, doccia e prima colazione – prima di una lunga serie. A piedi lungo via Torino che sono appena le 6 e in giro ci sono soltanto i netturbini e un paio di persone mattiniere, che camminano svelte verso la metropolitana di Duomo. Poco più in là, in piazza, mentre la luce aumenta, piccioni, un uomo che dà da mangiare ai piccioni, ragazze in tuta fluorescente che fanno jogging, spezzando il deserto metafisico che ha come colonna sonora i camion dei rifiuti e i tram che si corrono incontro come in un duello medievale senza lance.

 

Mentre mi stropiccio gli occhi pieni di sonno e sfido la brezza delle prime ore del giorno, mi rendo conto che il bello della piazza del Duomo al mattino presto è la sua vuotezza: è più piccola di quanto non sembri quando è affollata di gente che va e viene. Anche di notte ha quest’aspetto, ma quando la prima luce ne illumina i marmi chiari sembra un posto aperto a qualunque accadimento.

Mi sembra già di aver visto molto, ancor prima di essere arrivata al mio appuntamento. Il ritrovo è attorno alle 6.40 in via Silvio Pellico: presentazioni, cuffia nell’orecchio destro, per non perdere nemmeno una parola della guida, e poi su, in ascensore, a guardare i tetti di Milano  (foto di apertura) dalle impalcature metalliche che coprono le Gallerie.

A tenere svegli me e un assortimento di persone diverse, tra amici, famiglie e solitari, tante delle quali molto giovani, c’è il freddo inaspettato di questi ultimi due mesi un po’ bastardi e imprevedibili, ma mi salva lo scrupolo d’aver preso con me una sciarpa. Siamo sfortunati: metà del cielo, da cui ci separa una trentina di metri in meno del solito, è coperta di nuvole nere che minacciano, ma senza concretizzare, pioggia. Dall’altro lato, quello diretto verso San Babila e, più in là, Porta Venezia, un timido arancione fa capolino dietro ad altre nuvole e ci arrossa il viso per un po’. Ecco, l’alba che speravo di vedere dall’alto e tingere di rosa i tetti è andata persa, ma la prospettiva insolita mi rivela dettagli, scorci e spazi che non avrei altrimenti mai notato.

Milano ha un’altra faccia, un altro suono da quassù. I camion dei netturbini, però, suonano forti e chiari. Talmente che ci si aspetterebbe vedere la città splendere. Forse è che fa in fretta a sporcarsi di nuovo. Intanto che la guida ci racconta dell’architetto Giuseppe Mengoni, che progettò la Galleria, piazza Duomo comincia a popolarsi, pian pianino. Dal lato opposto i grattacieli di Garibaldi e Gioia. Alla loro sinistra un’altra sfilza di edifici dalla forma sempre più bizzarra, come la Torre Hadid, con quelle luci che sembrano una pista d’atterraggio. Dopo il giro in passerella andiamo a scoprire la Galleria dal suo interno. Ci sono passata migliaia di volte, eppure non ho fatto caso a tutti quei dettagli.

L’alba se n’è andata, son quasi le 9 la vita ha ricominciato a scorrere come ieri, tra turisti senza fretta e milanesi a passo svelto. Noi si va a fare colazione, la seconda per me, e neanche l’ultima: è compresa nel pacchetto ed è un modo per scambiarsi qualche impressione, tra uno sbadiglio e l’altro. Peccato quelle nuvole. Varrebbe la pena tornare un’altra volta per godersi fino in fondo quella luce e quel silenzio inediti.

Prossimi tour di Milano all’alba, dall’Highline della Galleria: 27 maggio, 18 giugno e 2 luglio; qui le info.

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