“Amore”, “Ricordi di mia madre” e “Morte di un maestro del tè” sono tre libri di Yasushi Inoue uniti dalla tematica della morte
È molto difficile per noi occidentali rendere il senso di Morte di un maestro del Tè (Skira), forse il romanzo più profondo di Yasushi Inoue (1907-1991): i valori, la spiritualità, la devozione Zen sono così distanti dalla nostra logica, che ci disorienta, ci costringe a ritornare a rileggere quei passi che hanno portato a conseguenze tragiche e misteriose. Alla fine – dopo tanto seguire quei Maestri del Tè, la ritualità della cerimonia, quei potenti signori della guerra, che insanguinavano il Giappone, cominciamo a intravedere uno spiraglio di luce, cominciamo a capire quel mondo e il suo profondo significato. Anche il regista Kei Kumai ne è restato affascinato e ha voluto carpirne il mistero trasformando il capolavoro di Yasushi in un film (che ha vinto il Leone d’argento alla Mostra del Cinema di Venezia del 1989).
Morte di un maestro del tè è il diario del monaco Honkakubo del tempio di Miidera, che talvolta in forma di monologo, altre volte in forma di cronaca giornaliera, di sogni inquietanti e simbolici, di semplici annotazioni, ricostruisce la morte del suo maestro, il grande Sen no Rikyu.
Siamo tra la fine del cinquecento e i primi decenni del seicento, un’epoca tormentata per il Giappone, segnata dalle lotte sanguinose tra clan rivali e tradimenti. Per ordine del taiko Hideyoshi, il glorioso eroe della riunificazione nazionale, il maestro Rikyu si suicida nel 1591. Da allora il suo discepolo Honkankubo si è ritirato dal mondo, ma non ha pace, lo tormenta il motivo per cui il suo maestro ha commesso seppuku.
‘Allontanarmi dalla Via del Tè non è stata una decisione ben ponderata, così come non lo è stata la scelta di non sacrificarmi fino in fondo per il maestro Rikyu. Lo ammetto, sono un uomo dall’indole debole e insicura e non sono stato in grado di seguire il maestro nell’aldilà così come avrebbe fatto un vero chajin (cultore e maestro del tè)’.
Il racconto procede tra incontri con altri maestri, discepoli e avversari di Rikyu per mantenere viva l’impareggiabile Arte del maestro e l’angoscioso interrogativo sul suo suicidio. Dove si è tolto la vita? e perché? Avrebbe potuto chiedere la grazia a Hideyoshy, che era già pronto a reintegrarlo nel suo ruolo di maestro ufficiale del clan Tokugawa e voleva rimediare a quell’ingiusto, crudele scatto d’ira.
Ma perché Rikyu non s’era mai difeso? L’avevano accusato di tradimento, di approfittare del suo ruolo per vendere a prezzi esorbitanti i preziosi utensili del tè che usava. Accuse insensate, che contraddicevano chi avesse appena conosciuto il maestro, accuse che chiunque avrebbe potuto smentire.
Nel corso degli anni successivi, anche gli altri maestri del Tè incontrati da Honkakubo commettono seppuku in circostanze simili, sempre senza opporre resistenza, senza giustificarsi di fronte all’ingiustificata condanna dello shogun dominante, di cui erano al servizio e che era anche loro discepolo nel coltivare la Via del Tè.
Come si può conciliare l’armoniosa combinazione di pura esperienza, tecnica e inventiva della Via del Tè che richiede totale dedizione, con la violenza, la guerra, il potere, lo sfarzo della vita di corte?
Ogni minimo dettaglio della cerimonia comporta una conoscenza, una scelta profonda e ineffabile. Ha un profondo significato l’ora in cui si svolge, la stagione, il luogo, la calligrafia appesa alla parete e gli utensili, i contenitori per le foglie di tè, le tazze, le varietà d’incenso, ognuno ha una sua storia e si armonizza con la situazione, con l’ospite, con la circostanza.
Forse che la sublime e inimitabile Via del maestro Rikyu non era che la Via della Morte?
Il tema della morte pervade tutta la produzione di Yasushi Inoue, pensiamo a Ricordi di mia madre:
‘- La nonna s’è guastata -, aveva commentato il nipote. Ripeteva continuamente le stesse cose, come un disco rotto. In una prima fase era tornata adolescente, innamorata persa di un cugino e non voleva neanche sentir nominare il marito. L’aveva servito e riverito per tutta la vita e adesso non se n’era andato. Argomento chiuso. Sembrava insensibile, dura, poi tornava la stessa deliziosa vecchietta che offriva tè e pasticcini, che giocava coi nipoti. Gli sbalzi d‘umore erano improvvisi, sconcertanti. Non si sapeva come prenderla. Forse ne soffriva?’.
Una notte Ysushi fa un sogno. La madre gridava aiuto e vorticava con le braccia nel disperato tentativo di opporsi al vento che la trascinava via. Quel sogno lo riconcilia con lei, con quei suoi movimenti dotati di una strana leggerezza, quasi non avesse consistenza. Era morta nel sonno, senza recare disturbo a nessuno. Aveva quasi novant’anni e non s’era mai ammalata. Il giorno del suo funerale il fatto che il tempo ‘fosse così deliziosamente sereno mi parve merito suo, come se anche per morire avesse scelto il giorno adatto, a suo talento’.
Uniti dal tema della morte sono anche i tre struggenti racconti di Amore. Tutti i protagonisti scelgono per meta del loro pellegrinaggio dei luoghi significativi, perché evocano ricordi o perché famosi per la loro bellezza. Ognuno di loro è certo di essere finalmente nel posto giusto con la persona giusta, ma il destino sarà imprevedibile e tragico. Anche il lettore, avvinto nella minuzia dei preparativi, nelle limpide descrizioni dei paesaggi, nella storia che sembra procedere inevitabilmente verso il suo epilogo, resta deliziosamente beffato.
Una scrittura cristallina quella di Inoue Yasushi: ogni particolare, ogni osservazione è essenziale per rendere l’atmosfera, i caratteri, lo sviluppo della storia. Un po’ come nei dipinti giapponesi in cui ogni particolare effimero, ramo, piega del kimono, montagna, ruscello, è simbolico e si fonde col testo poetico che lo accompagna.
La bellezza nasce dall’equilibrio dell’insieme, che si sposta continuamente da un oggetto a un ideogramma, alla contemplazione della fioritura dei susini, di una scogliera, di un bosco sotto la neve, e porta inevitabilmente verso l’annientamento di sé, al Nulla.