“These are the days “ di Van Morrison e “Sapore di Mare” di Gino Paoli, “Cruel summer “ del gruppo femminile elettropop Bananarama, “Sunny afternoon” dei Kinks e la nazionalpopolare “Azzurro”, ma nella versione lieve e struggente di Paolo Conte. 30 brani all’insegna del multipop da ascoltare e condividere dovunque siate in in compagnia di Cultweek
Estate (Erlend Øye)
L’anno è il 1960, lo stesso di Legata a un granello di sabbia di Nico Fidenco. Bruno Martino, il crooner romano che l’ha anche scritta, la porta al successo. All’inizio doveva chiamarsi Odio l’estate, ma una parodia di Lelio Luttazzi (Odio le statue) spinge ad accorciare il titolo. Il successo internazionale arriva già nel 1961 con la versione di Joao Gilberto. Seguiranno decine di cover: Chet Baker, Michel Petrucciani, Toots Tielemans, Enrico Rava, Fabrizio Bosso. E poi Mina, la Vanoni, Cammariere, Capossela. Fino a quest’ultima datata 2015 e cantata dal norvegese Erlend Øye del duo acustico Kings of Convenience.
Abbronzatissima (Edoardo Vianello)
C’è chi invece l’estate la ama, e ama prendere il sole (soltanto Mina fa la Tintarella di luna). Abbronzatissima del romano Edoardo Vianello, figlio di un poeta futurista, nel 1963 sbanca le classifiche. Col tempo, arriverà a vendere oltre sette milioni di copie. Seguiranno Pinne fucile ed occhiali. Per il filone tanning, da ricordare almeno Sei diventata nera (Marcellos Ferial) e Sei come una lucertola (Jo Fedeli).
Summertime blues (Eddie Cochran)
“Scatenerò un putiferio, farò un gran casino: lavorare tutta l’estate solo per raccattare un dollaro. Ogni volta che chiamo la mia ragazza per vederci, il capo dice: niente soldi, ragazzo, devi lavorare fino a tardi. A volte mi chiedo cosa devo fare, ma non c’è cura per i blues dell’estate”. Nel 1958, il ventenne Eddie Cochran diventa una star con una canzone spigolosa e insofferente. Cochran morirà due anni dopo in un incidente stradale, Summertime blues diventerà un classico rifatto, fra gli altri, dagli Who e da Bruce Springsteen.
Un’estate al mare (Giuni Russo)
Hit del 1982 che rilancia Giuni Russo e per un po’ la intrappola nel cliché della canzone estiva: l’anno dopo arriverà Alghero. Il brano è di Franco Battiato, per breve tempo anche specialista di canzoni balneari (nel 1983 scriverà Cocco fresco cocco bello per Ombretta Colli) e, nel suo andamento electro-uacciuariuariuà, racconta – non se ne accorge nessuno – i sogni vacanzieri di una puttana. Quanto a Battiato, lui si è dato alle “vacanze intelligenti” già nel 1981 con Summer on a solitary beach.
These are the days (Van Morrison)
“Questi sono i giorni dell’estate infinita, questi sono i giorni, il tempo è adesso. Non c’è passato, c’è solo futuro, c’è solo qui, c’è solo adesso”. Amore d’estate, una gemma datata 1989 del “leone di Belfast” Van Morrison, leggenda vivente del rock.
Sapore di sale (Gino Paoli)
Con Estate, la più classica delle nostre canzoni da ombrellone. Paoli, che mentre il brano conquistava il primo posto in classifica tentò il suicidio, l’aveva composta a Capo d’Orlando, in una casa che si affacciava su una spiaggia deserta. Arrangiamento di Ennio Morricone, al sax l’argentino Gato Barbieri che sarebbe diventato famoso con la colonna sonora di Ultimo tango a Parigi.
Maracaibo (Lu Colombo)
Maracaibo, mare a forza nove. La ballerina Zazà che ballava nuda in un locale per mascherare un traffico d’armi con Cuba ed era innamorata di Miguel (doveva essere Fidel, i discografici si opposero), “ma Miguel non c’era era in Cordigliera da mattina a sera”. Esotismo picaresco firmato dalla stessa Lu Colombo e da David Riondino nel 1982. Un anno prima, il filone caraibico-avventuroso era stato inaugurato da Ivano Fossati con Panama.
Andiamo a mietere il grano (Louiselle)
C’è chi invece resta a terra, come la calabrese Maria Luisa Catricalà in arte Louiselle, che nel 1965 lancia la trebbiatura amorosa. Avrà successo per tutti i ’60 con altre canzoni ruspanti (Il pontile, La scogliera, La vigna) e raggiungerà il culmine con Il cacciatore, che parte all’alba e torna con il carniere vuoto dando la colpa al tordo ma “è la cartuccia che non va”, capita l’allusione? Poi qualche altra canzone audace, più avanti ancora qualche ospitata da Carlo Conti e Fabrizio Frizzi.
Summer in the city (Lovin’ Spoonful)
Città bollente d’estate, il collo che scotta e in giro neanche un cane. Ma di notte è tutta un’altra cosa, ragazze e balli. Primo posto nella hit parade americana del 1966, esportato in mezzo mondo. Loro, i Lovin Spoonful, erano un gruppo nato nel Greenwich Village. La canzone entrò nella colonna sonora del primo film di Woody Allen, Che fai, rubi?, e nel 1995 sarebbe finita anche in quella di Die Hard.
Canzone per l’estate (Fabrizio De André)
Nell’album Vol. 8 del 1975, testo di De André e De Gregori, musica di De Gregori, che la riproporrà nel 2001 in Amore nel pomeriggio. Le frustrazioni del piccolo borghese, sulla scorta di Ballad of a thin man di Bob Dylan. Nel 1974 De Gregori aveva partecipato a “Un disco per l’estate” con Alice classificandosi, sembra incredibile, 54° fra 54 canzoni in gara.
Cruel summer (Bananarama)
“È un’estate crudele, un’estate crudele, sono sola da quando te ne sei andato”. Successo elettropop datato 1983 del gruppo femminile britannico Bananarama, quelle che “Rober De Niro mi aspetta”, trainato anche dalla colonna sonora di Karate Kid.
Il vento caldo dell’estate (Alice)
“Ho chiuso le finestre per non lasciare neanche l’aria entrare, qui nel buio della stanza si ferma la mia vita per te”. Nel 1980 la romagnola Carla Bissi in arte Alice, dopo un buon decennio di gavetta, incontra Franco Battiato, che le scrive questa canzone veemente e recriminatoria assieme a Giusto Pio e Francesco Messina. L’anno successivo arriverà Per Elisa, prima a Sanremo.
In the summertime (Mungo Jerry)
Tormentone mondiale del 1970. Lo proposero gli inglesi Mungo Jerry, una jug band (una bottiglia in cui si soffiava, a sostituire la classica brocca, era fra gli strumenti principali) il cui leader, Ray Dorset, aveva basette lunghe quasi fino al ginocchio. Li si vide anche a Sanremo, nel 1971, a fare l’atroce Santo Antonio Santo Francesco (era di Paolo Conte, sic) in coppia con un altro basettone, Piero Focaccia, bagnino verace di Cervia che nel 1963 aveva portato al successo Stessa spiaggia stesso mare.
Questi posti davanti al mare (Ivano Fossati)
“Le ragazze di Firenze vanno al mare, le ragazze di Firenze vanno all’amore, le ragazze di Milano han quel passo di pianura, che è bello da vedere, che è bello da ricordare, in questi posti davanti al mare…”. Dall’album La pianta del tè, 1988. Con Fossati cantano Fabrizio De André e Francesco De Gregori.
Sunny afternoon (Kinks)
“L’uomo delle tasse si è preso tutti i miei quattrini e mi ha lasciato in questa casa troppo grande a girarmi i pollici in questo pomeriggio assolato. Non posso salpare con il mio yacht, si è preso tutto quel che avevo, mi è rimasto solo questo pomeriggio assolato”. Anno di grazia 1967, il governo è quello laburista di Harold Wilson, i Kinks scherzano ma fino a un certo punto: l’anno prima contro la pressione fiscale avevano protestato i Beatles, con Taxman. Anche le rockstar piangono.
Azzurro (Paolo Conte)
Ma voi Azzurro la preferite cantata da Adriano Celentano, che la incise nel 1968 portandola al primo posto in classifica, oppure fatta da Paolo Conte che la scrisse con Vito Pallavicini? Io non ho dubbi. Tra l’oleandro e in baobab, Azzurro con il suo esotismo urbano è diventata la canzone italiana più popolare all’estero, superando Volare.
Dancing in the street (Marta & The Vandellas)
In città, oltre a pagare le tasse e a innaffiare le sue rose, si può ballare per strada. Lo proponeva nel 1964 Martha Reeves con le Vandellas, in una canzone di grande e duraturo successo scritta da Marvin Gaye. Popolarissime anche le versioni successive dei Mamas and Papas (1968) e di David Bowie e Mick Jagger (1985).
Love letters in the sand (Pat Boone)
Mandala amorosi: nel 1957 Pat Boone passa le ore a scrivere parole d’amore nella sabbia. La canzone è del 1931, ispirata a un brano ottocentesco, The Spanish cavalier. Undici anni dopo, nel 1968, Franco Romano e Francesco Calabrese alias Franco IV e Franco I ripeteranno l’impresa con il tormentone Ho scritto t’amo sulla sabbia. Parodiata nel 2002 dai Moravagine con Ho scritto t’amo sulla sabbia del gatto.
Una rotonda sul mare (Fred Bongusto)
La rotonda sul mare, il nostro disco che suona, gli amici che ballano e lei dov’è. Il romantico balneare Fred Bongusto spopola nel 1963 con questo tormentone ad alto tasso zuccherino. I termolesi, Fred Bongusto è molisano, si inorgogliscono pensando che celebri la loro spiaggia, ma poi il cantante rivelerà: «Veramente io pensavo alla rotonda di Senigallia».
Tropicana (Gruppo Italiano)
“L’esplosione e poi dolce dolce, un’abbronzatura atomica, tra la musica dolce dolce tutto andava giù. Mentre la tivù diceva, mentre la tivù cantava, bevila perché è tropicana je”. Insolite ossessioni nucleari, da catastrofe già avvenuta, nell’estate 1983 che assieme ai milanesi Gruppo Italiano consacra, con temi analoghi, anche Vamos a la playa dei torinesi Righeira.
Tre parole (Valeria Rossi)
“C’è solo una cura, io so che lo sai, è una stanza vuota, io mi fiderei”. Le tre parole sole cuore amore diventano l’ossessione dell’estate 2001, circola anche una parodia hard. Le lancia Valeria Rossi, romana nata a Tripoli, in seguito autrice per altri e per sé (anche una canzone su Peppa Pig), che non ripeterà più quell’exploit iniziale.
Surfin’ Usa (Beach Boys)
Se gli Stati Uniti fossero un immenso oceano, tutti surferebbero come in California. Estate 1963, l’estate del surf. Oltre ai californiani Beach Boys, che cantano in tutta la loro discografia un inno interrotto all’estate, in quell’anno escono anche altri due classici di questo piccolo sottogenere: Wipe out dei Surfaris (la userà anche Quentin Tarantino) e Surf city di Jan & Dean.
L’estate addosso (Jovanotti)
Hit del 2015, concentrato di tutti i temi delle canzoni da ombrellone, comprese le minacce radioattive, lei che non c’è e “protezione zero spalmata sopra il cuore”. Il video è di Gabriele Muccino.
Solo una volta (Alex Britti)
C’era la luna, c’erano le stelle, c’era una nuova emozione sulla pelle. Con questa canzone di esordio, nel 1998, Alex Britti fa il botto: secondo posto in classifica, dove resta sino alla fine dell’anno. Collezionando anche un buon successo francese, una cover slovena e una spagnola.
Mare mare (Luca Carboni)
L’avventuroso, si fa per dire, viaggio Bologna-Riccione in moto, per raggiungere la riviera romagnola. Scritto da Luca Carboni assieme a Mauro Malavasi, musicista funky-dance bolognese che in quegli anni riveste a nuovo anche Dalla e Morandi, nel 1992 trionfa al Festivalbar.
Estate (Negramaro)
Giuliano Sangiorgi trema mentre canta. E via di falsetti e pianoforte, in cerca di equilibrio, in bilico. Tormentone esistenzial-stagionale del 2005, numero uno in classifica per due mesi, impone i pugliesi Negramaro come rivelazione dell’anno al Festivalbar.
Summertime (Janis Joplin)
L’aria celeberrima del Porgy and Bess, scritta da George Gershwin nel 1934, rivive dopo centinaia di cover in questa lancinante versione di Janis Joplin. L’anno è il 1968.
Quello che conta (Luigi Tenco)
Testo di Luciano Salce, musica di Ennio Morricone. L’estate che finisce, la solitudine e l’amore. Un grande Luigi Tenco, La canzone è nel film La cuccagna di Salce, l’unico in cui il cantautore abbia anche recitato.
Maria Elena (Los Indios Tabajaros)
Languori latini degli anni ’60. All’inizio del decennio Los Hermanos Rigual, cubani trapiantati in Messico, lanciano Cuando calienta el sol. Si impongono, nel 1963, anche i fratelli Natalicio e Antenor Lima, brasiliani trapiantati in Messico, con un brano del 1936. Lo riprenderanno in molti: anche Ry Cooder, accompagnato al pianoforte da Randy Newman.
Ombrelloni (Simone Cristicchi)
Fuoco d’artificio finale, la “hit maleducata dell’estate 2005”, secondo il Corriere della Sera. Dal primo album del cantautore romano, Fabbricante di canzoni, un assalto all’arma bianca ai luoghi comuni delle canzoni da ombrellone.