Il leggendario componente dei Pink Floyd torna sul luogo del delitto. E questa volta davanti a un pubblico pagante prova a rinnovare i fasti dello storico evento del 1972, immortalato nel celebre “Live At Pompeii”
David Gilmour, chitarra, voce e una delle anime dei Pink Floyd, si esibisce live at Pompeii. Ritorna perciò nell’anfiteatro romano dove nel 1972 la band tenne dal vivo un concerto che divenne un film leggendario, uscito un paio di anni dopo per la regia di Adrian Maben.
I cicli e ricicli della vita appartengono a tutti noi, e da qualche anno a questa parte sono occasione di grandi “eventi” celebrativi anche e soprattutto nel mondo dello spettacolo, musica ovviamente inclusa. Niente di nuovo né di scandaloso, sia chiaro. L’età dei grandi del rock avanza e con loro quella del pubblico, soprattutto per quel pubblico che ha le possibilità economiche per viversi un evento che – e in questo caso un po’ lo è davvero – si può definire storico.
All’epoca il gruppo suonò nell’anfiteatro vuoto, e la musica siderale dei Floyd prese un valore ancora più alto e lisergico suonata in un luogo magico come Pompei, luogo pieno di vita e di morte e incredibilmente toccante per la sua bellezza.
In realtà le cose furono parecchio complicate: il gruppo si portò troppa strumentazione e apparecchiature varie, e si scoprì sul posto che non c’era abbastanza energia elettrica per farle funzionare. La leggenda dice che fu tirato un cavo dal municipio attraverso il paese per garantire al gruppo la necessaria energia per suonare e registrare su un gigantesco 24 piste il suono del live.
Ma i problemi non terminarono con l’arrivo della prolunga: i giorni di ripresa per i problemi tecnici da sei divennero quattro, il regista o chi per lui perse anche diverse bobine del girato. insomma, alla fine di Live at Pompei esistono solo tre brani, e uno dei tre – One of these days – vede inquadrato solo il batterista Nick Mason, proprio perché le bobine con le riprese di Waters, Gilmour e Wright si persero… forse in qualche solfatara.
Il film poi fu integrato da altre riprese della band in studio, anche se poi mantenne come titolo Live at Pompei, immagine potentissima che sposava in maniera straordinaria la classicità dei resti romani con la musica progressiva, meditabonda e psichedelica dei quattro ragazzi inglesi.
Rivedere oggi quelle immagini fa un effetto contraddittorio: la musica, l’impasto vocale, la capacità di raccontare per suoni il dolore e la malinconia, il vuoto e il male di vivere dei Pink Floyd c’è tutto. Le immagini invece mostrano quattro fricchettoni seminudi (si girava a ottobre, ma faceva comunque caldo) ripresi in maniera quasi naif, con stacchi improbabili da totali a primi piani non esattamente all’altezza della situazione.
Ma nei settanta non importava, meno che mai per un film dedicato ai Pink Floyd: si andava al cinema e si chiudevano gli occhi per inseguire con la mente e il corpo i sogni e le immagini che la musica faceva fluire, in un incanto che non prevedeva come fondamentale la qualità delle immagini. Quello che contava era davvero la musica.
Gilmour quest’estate torna a Pompei quarantaquattro anni dopo, e il 7 e 8 luglio farà un doppio live sempre nell’anfiteatro romano. Questa volta però il pubblico ci sarà, e per partecipare alla serata ognuno avrà sborsato l’incredibile cifra di 345 euro, posti ovviamente in piedi. Cifra decisamente fuori dalla logica (all’arena di Verona il biglietto più caro per lo stesso Gilmour costava 115 euro), ma che fa parte del concetto di evento irripetibile e unico che attraversa lo show biz degli ultimi decenni.
Dopodiché sarà sicuramente un grande live: Gilmour è il vero conservatore della parte “volante” della musica dei Pink Floyd, e in scaletta oltre al suo ultimo, buon disco metterà anche tanto materiale storico della band. Tra l’altro, Gilmour registrerà un dvd proprio nelle due date pompeiane, e chissà se in scaletta metterà anche qualche brano tratto dal film….
In ogni caso, vedere Gilmour è forse l’ultima occasione di sentire dal vivo pezzi del repertorio dei Floyd come Time, Money, Shine on you crazy diamond e la inarrivabile Comfortably numb. La sua chitarra scintilla sempre perfetta e potente e la voce dolente e calda fa sempre bene all’anima. Anche nel 2016.
David Gilmour, Anfiteatro di Pompei (7-8 luglio)