Dalla gestione Micheli-Restagno a quella Gastel-Campogrande, quasi un cambio generazionale: l’importante festival musicale “nordista” investe tutto su un’identità meglio precisata, puntando sulla classica, ma anche su un rapporto col pubblico più stretto ed empatico. Ecco le principali novità
Le grandi star come Lang Lang e Argerich sono ormai un lontano ricordo ma forse è meglio così. La decima edizione di MITO Settembre Musica 2016, 160 concerti tra Milano e Torino, segna una netta svolta con il passato. Si preannuncia infatti avveniristica nella scelta “politica”: niente più affanni alla ricerca del nome altisonante ma totale attenzione alla selezione dei programmi musicali, la vera frontiera “low-cost” su cui la musica colta è chiamata ad adoperarsi oggi per raggiungere nuovo pubblico e sopravvivere nel panorama musicale.
La mano esperta e competente di Nicola Campogrande, noto compositore e nuovo direttore artistico della rassegna, riporta come unico centro focale la classica, dopo anni segnati da incroci con world music e jazz, tanto per citarne un paio. Lungi dall’essere una scelta puritana, l’offerta di MITO rimane un variegato “puzzle musicale” capace di ingolosire qualsiasi palato ma si guarda bene dal diventare (ammesso che lo sia mai stato) un minestrone che per racchiudere troppi sapori perde la sua identità.
Il festival ha ora un tema che cambierà di anno in anno. E la scelta di Padri e figli per questa edizione sembra quasi una burla in giorni in cui il dibattito politico e sui social è tutto proteso al #fertilityday, che dovrebbe avere luogo proprio il giorno di chiusura della rassegna. Una strana congiunzione astrale che forse è un messaggio diretto al ministro Lorenzin e che rende la manifestazione momento involontario di riflessione profonda sul tema della paternità e della figliolanza.
Già il concerto di sabato 2 al teatro alla Scala, con la London Symphony Orchestra diretta da Gianandrea Noseda, ci ha detto qualcosa in proposito. Debussy Recasted è stato infatti un viaggio alla scoperta di quell’arte della trascrizione capace di restituirci in nuova veste brani musicali stranoti (in questo caso cinque dei preludi pianistici). Se una composizione è figlia del suo artefice, allora il compositore Nikos Christodoulou diviene in questo caso padre che dà vita nuova al figlio di un altro.
La prospettiva cambia, invece, quando la trascrizione muta in improvvisazione. Un tema di Gershwin o un qualsiasi tema proposto dal pubblico, diventano nelle mani di Enrico Pieranunzi e Gabriela Montero (rispettivamente il 7 e il 13 al Conservatorio) dei “figli momentanei”, che si amano e si coccolano giusto il tempo per provocarli, e poi…“Basta, via, ognuno per la sua strada!”.
Certo, quando si parla di casa Bach il discorso sembra finalmente meno filosofico: oltre a papà Johann Sebastian, spiccano pargoli di talento come Carl Philipp Emanuel, Wilhelm Friedemann, Johann Christoph Friedrich. Quello che però Bach non avrebbe forse mai immaginato è di generare un figliol prodigo nel XXI secolo. Le vie della musica sono infinite e Ruggero Laganà, appresa l’arte del suo “padre settecentesco”, scrive fughe su temi come Moon river e Solo me ne vo’ per la città: the (pop) art of the fugue il 16 al Conservatorio. E cosa vogliamo dire invece di P. D. Q. Bach? Le buffe pagine scoperte dal musicologo Peter Schickele sono davvero dell’ultimo e sconosciuto figlio del “padre dell’armonia”? (l’8 al Teatro Dal Verme)
Non mancano all’interno della storia della musica altri esempi di famiglie musicalmente prolifiche. Se è forse più scontato citare casa Mozart, con padre Leopold – ottimo mestierante – e Wolfgang Amadeus – genio indiscusso (l’11 alla Basilica di San Marco), forse meno nota la storia dei Gabrieli, Andrea e Giovanni, zio e nipote, capostipiti della tradizione musicale veneziana che vedrà in Monteverdi il suo apice (il 9 ancora a San Marco).
Gustose anche le parentele tra strumenti. La famiglia dell’oboe ad esempio è molto numerosa, sono ben sette fratelli tra cui spiccano l’oboe d’amore e il corno inglese (il 12 alla Palazzina Liberty). Di tutt’altra casata, invece, i flauti dolci utilizzati da Michala Petri per il suo concerto al Piccolo Teatro Studio Melato (l’11) dove rapporti familiari immaginari (Lalo con Grieg, Nielsen con Christiansen) ci immergeranno nelle nostalgiche atmosfere scandinave.
Verissimo invece il fatto che Richard Wagner fosse genero di Franz Liszt avendo sposato Cosima, figlia che il compositore ungherese ebbe dalla relazione adulterina con Marie D’Agoult. Un duo che diventa trio se aggiungiamo Siegfried Wagner, figlio di Richard e Cosima. Un duo, quello formato da Davide Cabassi e dalla moglie Tatiana Larionova (il 17 al Teatro della Cooperativa), che forse un giorno diventerà trio, quando il loro piccolo Bas sarà un po’ più grandicello.
A proposito di famiglie, quella milanese diventerà numerosissima, una folla vera e propria nella giornata di sabato 10, il Giorno dei Cori. Ben 21 formazioni di cori misti, cori maschili, cori femminili, cori di voci bianche daranno vita a 11 concerti con programmi sacri e profani. Ma quello da non perdere sarà il gran finale: con il progetto MITO OPEN SINGING tutta la cittadinanza sarà invitata a riunirsi in piazza del Duomo alle 21 per cantare insieme ai cori, ed esprimere così il piacere del canto collettivo.
Da tenere sott’occhio anche la proposta rivolta agli spettatori più piccini. Dopo Glimp e Stand by me visti nei giorni scorsi, da non perdere Chromoritmos (l’11 al Teatro Spazio), Divertimento (il 17 all’Out Off) e Butterfly (il 18 al Teatro di Vetro), una nuova generazione di spettacoli per bambini in cui musica, recitazione e video si fondono in un tutt’uno, alla ricerca di una pedagogia musicale dalle frontiere ancora inesplorate.
MITO Settembre Musica 2016, dal 2 al 22 settembre 2016
(date e luoghi citati nell’articolo si riferiscono alla programmazione milanese)
Immagini di Francesca Cassaro per Mito Settembre Musica 2016