Elezioni americane: la campagna inside, ieri Obama, oggi Hillary

In diarioCult, Weekend

Otto anni fa per Obama, oggi per Hillary. Volontari per un giorno di campagna elettorale. Ma stavolta non c’è l’entusiasmo che c’era. E dire che Hillary, che deve stare attenta ad ogni passo perché alle donne nulla si perdona, ne avrebbe gran bisogno soprattutto per convincere i giovani: solo il 31% sta con lei ed erano stati loro a decidere la vittoria di Obama

Otto anni fa, quando si intrufolò tra le file della politica americana un ragazzotto di Chicago con un nome strano, l’America si incuriosì moltissimo. Si chiamava Barack Obama: di mestiere, prima di laurearsi in legge a Harvard, faceva il Community Organizer. Faceva cioé il consulente e l’istruttore di una fondazione religiosa, e reclutava persone intelligenti che potessero aiutare i poveri a ottenere i loro diritti. Era, da due anni, diventato senatore dell’Illinois. Andava in giro a dire che YES, We Can! Ammaliava chiunque lo ascoltasse, con una retorica piena di emotività e di voglia di giustizia. Era diverso anche perché di pelle nettamente più scura rispetto a tutti i presidenti americani venuti prima di lui. La sua campagna elettorale fu capillare e fantastica, organizzata bene come aveva organizzato il suo lavoro a Chicago, grazie all’aiuto di migliaia di volontari che bussavano a milioni di porte per incitare la gente ad andare a votare. Riuscì in questo modo a convincere persone che non avevano mai partecipato alle elezioni, a uscire e mettere la crocetta sul suo nome. E vinse, aprendo così un nuovo capitolo della storia americana.

Mia figlia Sofia allora aveva nove anni e come tutti era anche lei affascinata da Obama. Decisero, lei e Dan, di offrirsi volontari per un giorno e partecipare attivamente alla campagna elettorale. Chiamarono il numero per i volontari trovato sul sito, e un ragazzo molto entusiasta li ringraziò e disse loro di presentarsi la domenica dopo in una cittadina del New Hampshire. È uno Stato vicino al Massachusetts, dove abitiamo noi, ma diversamente dal nostro (storicamente democratico), il New Hampshire è un swing State, e cioé a volte vota democratico e a volte repubblicano. Sono gli swing States su cui puntano di più le campagne presidenziali. Dan e Sofia partirono una mattina presto di ottobre con il loro thermos e la loro maglietta di YES WE CAN e passarono la giornata a bussare alle porte della città per ricordare alla gente di andare a votare. Fu un momento molto importante per Sofia, che si sentì davvero parte di una cosa enorme.

Quest’anno Dan ha deciso di far vivere la stessa esperienza alla piccola Emma, che ha anche lei nove anni come li aveva sua sorella otto anni fa. Ha quindi contattato la campagna di Hillary Clinton per offrirsi volontario, ma l’esperienza è stata deludente. Ha mandato diverse email, ha telefonato, ha lasciato messaggi sulla bacheca del sito, ma per giorni non è riuscito a mettersi in contatto con nessuno. In compenso da allora riceve quotidianamente email e messaggini che gli chiedono di contribuire alla campagna donando soldi. Dan ha infine contattato l’ufficio della campagna della zona, che invece ha risposto cordialmente e li ha invitati ad andare nel New Hampshire il 23 di ottobre.

In questi mesi gonfi di politica ho imparato a voler bene a Hillary Clinton: siamo in un periodo della nostra relazione in cui ci rispettiamo reciprocamente. Ma è l’esatto opposto di Obama: non è per niente cool, non piace ai giovani, non è divertente, è sempre seria e anche un po’ antipatica. Non è brava a creare emotività, non è capace di essere spontanea, sincera. Non è un caso che Dan abbia avuto tante difficoltà a candidarsi volontario per un giorno, mentre per Obama fu semplice e entusiasmante.

Questa esperienza non è che un piccolo dettaglio, ma riflette bene ciò che respinge una parte essenziale della popolazione, che potrebbe portare Hillary alla Casa Bianca senza problemi: i giovani. Gli ultimi sondaggi dicono che solo il 31% delle persone tra i 18 e i 29 anni supportano Hillary, bassissimo soprattutto se confrontato a un anno fa, quando era a più del 40%. L’opposto di Obama, che vinse grazie al voto dei giovani, con il 60% di indice di gradimento tra loro.

È anche vero che lei sta spianando per le generazioni a venire una strada tutta nuova: nessuna donna prima di lei è arrivata così vicina alla casa Bianca. E se dovesse mostrare più emotività, sarebbe subito tacciata di ‘essere troppo donna’, e quindi non qualificata abbastanza. Non può neanche urlare, perché è donna, perché sarebbe tacciata di essere non solo donna ma anche isterica. Non può farsi scappare niente: mai sottovalutare come si pettina, come si veste, come si pone davanti al pubblico o con l’avversario. Sta inventando lei un modo di essere presidentessa e donna allo stesso tempo, e ha giustamente paura di fare un passo sbagliato. Per questo, forse, rimane nei ranghi e non si sbilancia come aveva potuto fare Obama e come fa quotidianamente Donald Trump.

Ma dovrebbe compensare questo suo limite dettato da un maschilismo bigotto con persone giovani, attive, simpatiche, sprizzanti, allegre; con una grafica accattivante, con una rete di volontariato attenta e accogliente. Magari la prossima volta che si candida, facciamo organizzare la campagna a Emma e a Sofia, che ormai sono esperte.

Immagine di copertina: Hillary Clinton supporters

 

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