Latella porta in scena “Ma”, un monologo, molto ben gestito da Candida Nieri, che non esagera in adrenalina emotiva, ispirato alla figura della madre nell’opera ma anche nella vita di Pasolini
Antonio Latella, molestatore del teatro ufficiale (suo un bellissimo Arlecchino opposto a quello di Strehler), gran regista di varia derelitta umanità, dal Veronika Voss di Fassbinder a Blanche di Tennessee Williams con lampade da 500 watt diritte nei nostri occhi in platea, accusato di blasfemìa eduardiana per l’inedito a Milano Natale in casa Cupiello (ma si può recuperare a Modena o Torino) è a un punto focale della sua brillantissima carriera. È nel punto focale, sta passando dal teatro ufficioso di ricerca a quello ufficiale continuando la sperimentazione che sta nel suo geniale DNA di artista, ma era per pochi intimi ed ora se ne parla molto in giro.
Il 2 marzo ‘17 Latella, che vive a Berlino ed ha lavorato nelle capitali d’Europa (con quello di Damiano Michieletto è il nome che più ricorre nelle locandine) compie 50 anni ed ha avuto, dice, due grandissimi regali: uno spettacolo prodotto dal Piccolo Teatro, il Pinocchio in scena dal 19 gennaio e la direzione della Biennale Teatro di cui si vedrà in tarda primavera la prima stagione.
Intanto l’11 novembre debutta a Basilea con un nuovo Caligola di Camus e ha fatto vere meraviglie con l’ERT e il suo specialissimo progetto Santa Estasi con 16 giovani attori fantastici e 7 altrettanto formidabili drammaturghi coordinati da Bellini e Dalisi. Questo immenso spettacolo che porta in una dimensione altra del tempo (reale e di palcoscenico) è stato dato a Modena ed è composto da otto ritratti di famiglia. La famiglia è quella degli Atridi e ci sono le 8 tragedie che li riguardano da vicino partendo da Atreo e finendo cullando Crisotemi ignota sorella di Ifigenia, Elettra e Oreste. Sono 15 ore di spettacolo meravigliose che possono anche essere viste no stop (dalle 14 alle 9 del mattino dopo) ma è ovvio che i tempi normali (e non ronconiani) consigliano la somministrazione a “soli” uno o due titoli per sera, anche perché ciascuna tragedia è diversa e autosufficiente, rigorosamente in abiti di oggi perché non banalmente attuali ma eterni. E speriamo che questo progetto davvero unico per qualità, originalità espressiva e lavoro sullo spazio scenico, sull’entusiasmo fisico e psichico degli allievi, possa girare e magari approdare nel ’17 al Piccolo dove in questi giorni, fino al 10 novembre, è di scena Ma allo Studio Melato.
È un monologo, molto ben gestito da Candida Nieri, che non esagera in adrenalina emotiva, ispirato alla figura della madre nell’opera ma anche nella vita di Pasolini: direi anzi che come orazione laica, parte proprio dalla vita, anzi dal lamento di morte del cadavere che parla con ma, prima sillaba della parola madre, primo vagito di ogni bambino. In 55 minuti il testo, aiutato da spezzoni audio di alcuni film di Pasolini – specie“Mamma Roma ma anche Medea, La ricotta – questa donna seduta coi piedi calzati in un paio di gigantesche scarpe con cui non riesce a camminare, ci parla del figlio come donna e Madonna: è noto che il poeta volle la sua vera madre Susanna nel ruolo sacro del Vangelo secondo Matteo. Si mescola così pubblico e privato, sacro e profano, il bianco della speranza e il nero del dolore, giovinezza e vecchiaia, un confronto tra due grandi poeti (Latella e Pasolini) che parlano con Ma, riduzione di mamma e pure avversativo.
La composizione fluida del monologo dimostra, secondo le intenzioni del regista, che in ogni opera di Pasolini c’è sempre stata accanto sua madre, lei che sola le comprende tutte nei sorrisi, sguardi, dolori, speranze di molte mamme di un’Italia già scomparsa e rimpianta per sempre. Latella non dice son tutte belle le mamme del mondo, come una famosa canzone anni 50, ma esamina la fatica di una parola che non si vorrebbe pronunciare, irrecuperabile: addio. Come si dice addio a una madre o a un figlio? Si chiede l’attrice nei panni della donna che è stata vicino al figlio nella battaglia quotidiana (la Madre quindi anche della parola e della poesia…) contro le forze che l’hanno sempre combattuto, insultato e ostacolato.
Si riassume anche un elenco dei suoi titoli presi di mira alla censura e dalla magistratura, un bel ripasso; fino a quella tragica morte su cui ancora si sta indagando. Perché è vero che il suo è un cadavere parlante, lunghissimo come diceva Gifuni nel suo monologo, non solo perché è suo il lamento all’inizio del monologo ma perché le virtù profetiche sul nostro paese di Pasolini sono, insieme a quelle di Fellini, incredibilmente bibliche.
MA drammaturgia di Linda Dalisi ispirata a Pasolini, regìa di Antonio Latella, al Teatro Studio Melato fino al 10 novembre
Immagine di copertina di Brunella Giolivo