Gradevole commedia amara con un cast ispirato e in parte, battute taglienti e un’Amanda Sandrelli che ruba la scena
Un bagno elegante, cinque amiche, tanti segreti. È nel Bagno appena citato, titolo alla simpatica commedia di Astrid Veillon, che gravitano le essenze senza filtri delle sue protagoniste. Uno spazio colmo di beauty e fragranze tutte femminee, ma che si comporta come pianeta asettico, latore di verità: è qui dentro che Maria Sole e le sue amiche, mamma ivi inclusa, rivelano scheletri nell’armadio (tanti) e piccole colpe (non condivise). Una festa a sorpresa rappresenta il contesto, prima piacevole, poi piano piano degradante e rivelatore, in cui la regia di Gabriele Olivares ambienta un dramma orgogliosamente superficiale, un Sex and the City (a voler utilizzare riferimenti triti e ritriti) in cui di sesso ce n’è poco, ma in compenso si guadagna tanto in nevrosi, bugie e frustrazioni.
Due spazi: il bagno, quello della verità, in cui si abbandona il velo dell’ipocrisia e le cinque donne si mostrano per quello che sono. E poi c’è il mondo fuori, dove ognuna è costretta a rivestire i panni in cui amici, amanti e umanità sparsa vuole vederle a ogni costo. Le donne della Veillon interpretano, mentono, ridono e a volte piangono; hanno contenta delle micro-tragedie e degli orgasmi che vivono ogni giorno, alle prese con un doppio binario che mina profondamente il loro senso di identità. Come a dire: sono quella del bagno o quella che vive la realtà che sopravvive al di fuori?
In mezzo, c’è l’ironia. Calpestata, sovversiva, caustica, felicemente tradizionale. Il Bagno è tutto fuorché uno spettacolo di ricerca, è vero, ma è come se la ricerca avvenisse sulle battute, sulle situazioni, sugli avvenimenti.
Da giovane mio marito era uguale a Johnny Depp…
Alcolizzato?
E via dicendo; questo è il tenore, invero scoppiettante, di una commedia con tutti i crismi. Olivares asseconda le sue attrici: per lui non sono Donne, Dee, Creature, Riserva Protetta da Non Toccare Nemmeno con un Fiore. Mai. Sono esseri umani, maschi come i maschi, femmine come tutte le altre femmine: la retorica in rosa qui è sapientemente aggirata, grazie a una regia intelligente che riesce a valorizzare anche la più conclamata superficialità senza scadere nelle più ovvie concessioni che il donnismo, in casi come questi, avrebbe potuto presentare.
La partita, manco a dirlo, si gioca quasi tutta sulle spalle delle cinque attrici: Claudia Ferri, Amanda e Stefania Sandrelli, Serena Iansiti e Ramona Fiorini. Non è importante che ognuna sia qualcosa: non abbiamo la “buona”, la “cattiva”, la “bella”, e tutto il repertorio dei caratteri da bigino di drammaturgia, ma una serie di personaggi che intersecano le proprie angosce e ilarità senza ordini prestabiliti, accavallandosi e generando – finalmente – sano casino. Ferri, Iansiti e Fiorini sono tutte bravissime e in parte. E se è un piacere guardare una leggenda vivente come Stefania Sandrelli alle prese con una madre leggera, svampita e dalle frequentazioni discutibili, è indiscutibile come a rubare la scena a tutte ci pensi Amanda. Un personaggio cui il copione regala i momenti più felici, tempi comici praticamente perfetti e numerosi applausi a scena aperta per la sua performance nei panni di Maria Sole, moglie perfetta che però al momento giusto non disdegna i neuroni. Tutti gli occhi, a un certo punto, sono puntati su di lei; tanto che verrebbe voglia di vederla più spesso.
Il bagno, di Astrid Veillon, al Teatro Manzoni fino al 20 novembre