Si sarebbero stupite, le prime suffragette italiane, davanti all’elezione di un misogino come Trump? Forse no, oggi come ieri, l’argomento chiave contro le donne in politica rimanda alla natura, al corpo, alla sessualità. Nel 70 del voto alle donne, una mostra le racconta
Così lontane, così vicine. Sono le suffragette italiane, meno conosciute delle “sorelle” inglesi ma altrettanto fiduciose che le donne in politica avrebbero cambiato il mondo. A loro è dedicata la mostra storico-documentaria allestita all’Unione femminile nazionale di Milano fino al 19 novembre prossimo. Sono documenti, giornali, lettere, foto, volantini e opuscoli prodotti dalle donne del primo femminismo, quelle del periodo “emancipazionista”. Carte originali dagli archivi dell’Unione femminile nazionale e della Fondazione Anna Kuliscioff, riportate alla luce in occasione del settantesimo anniversario del voto alle donne.
La mostra (qui il sito) è a ingresso libero e fa parte di una serie di eventi, organizzati con Fondazione Anna Kuliscioff, Università Bicocca e Archivio di Stato sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale, con il Patrocinio di Consiglio di Regione Lombardia e Comune di Milano.
Oggi che noi native italiane abbiamo il diritto di essere elettrici ed elette, le suffragiste ci appaiono così lontane. Così diverse da noi che sorridiamo dentro ai selfies, nelle loro pose austere di fronte all’obiettivo della macchina fotografica, nelle loro gonne lunghe fino ai piedi, con quella scrittura elegante composta a china sotto una lampada ad olio in righe fitte e talora sovrapposte perché la carta era un bene di lusso – quelle che potevano, le poche che avevano studiato. Lontane perché del tutto prive dei diritti sociali, civili e politici, perché inchiodate per legge alla condizione di subordinate. Certo, ne abbiamo fatta di strada da allora.
Eppure, al tempo stesso, le sentiamo vicine, le femministe della prima metà del Novecento che vediamo attraverso le carte. Ieri come oggi “femminista” era una strana, descritta come estremista, una che odia gli uomini, una che ha perduto la propria essenza femminile, “snaturata” nel senso letterale di avere perduto o frainteso la propria natura. Vicine perché i detrattori del suffragio femminile portavano gli stessi argomenti che portano i critici di oggi di fronte alle questioni “di genere”: “ci sono cose più importanti”, “le priorità politiche sono altre”, “la più alta missione della donna è nella famiglia”.
Le testimonianze più eclatanti in questo senso si scoprono nella inchiesta pubblicata dall’Unione femminile nel 1905 e intitolata “Il voto alla donna? Inchiesta e notizie”. Tre domande spedite per lettera uomini e donne considerati importanti per la formazione dell’opinione pubblica: uomini politici e deputati, giuristi, scienziati e scienziate, giornalisti e giornaliste, scrittori e scrittrici, artisti, docenti universitari dei due sessi, femministe, molti e molte di grande fama come Pellizza da Volpedo, Filippo Turati, Sibilla Aleramo, Maria Montessori. Le 140 risposte raccolte, di cui 87 di donne e 53 di uomini, forniscono un quadro significativo del dibattito tra favorevoli e contrari al voto all’interno dell’area socialista, democratica e liberale. Il libro, rieditato con Unicopli in occasione del Settantesimo, è appena uscito in libreria e sarà presentato giovedì 17 novembre alle 18 all’Unione femminile in una iniziativa coordinata da Giuliana Nuvoli.
Ieri come oggi l’argomento chiave per contestare l’ingresso delle donne in politica è quello che rimanda alla natura. La politica non si addice alla natura femminile, scrivono i commentatori sui giornali d’epoca esposti in mostra. I vignettisti le dipingono brutte, indiavolate. Ieri come oggi il corpo e la sessualità sono l’argomento con cui disprezzare e svilire l’agire politico delle donne che si muovono nella sfera pubblica. Proiettate nel 9 novembre 2016 e messe di fronte all’elezione di un personaggio misogino come Donald Trump, le nostre antenate non si sarebbero, forse, stupite più di tanto.
Ieri come oggi le donne si organizzano. Indicono convegni e congressi, scrivono, pubblicano, prendono parola, intrattengono fitti scambi epistolari nazionali e internazionali. Ieri come oggi hanno divergenze politiche su quale rapporto intrattenere coi partiti istituzionali senza perdere autonomia e, ieri come oggi, si contendono la leadership del movimento. Ieri come oggi non mancano uomini impegnati perché nella realizzazione di una società basata sul riconoscimento e sul rispetto reciproco. In mostra vi sono anche le loro tracce.
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