Tratto dal serial best-seller di Ransom Riggs, “Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali” racchiude in sé tutti i temi del regista americano. Le paure e i mostri dell’infanzia e dell’adolescenza, stagioni dai molti lati dark-horror, l’avventura come percorso per realizzarsi senza diventare uno tra i tanti, la voglia di uscire dal guscio domestico a caccia di mondi nuovi, dell'”isola che non c’è”
Viene da un romanzo del 2011 scritto da Ransom Riggs, diventato ben presto il primo di una serie di best-seller, Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali, il diciottesimo film di Tim Burton. Ma affronta temi talmente bartoniani che quasi non si crederebbe che questa storia non sia uscita semplicemente dal cappello magico del regista americano, dagli straniamenti e gli incubi della sua infanzia dark, e dell’adolescenza un po’ horror fra amici immaginari e sconfinata solitudine.
In effetti, gli ingredienti di un prodotto doc firmato Burton ci sono proprio tutti, a cominciare dalla figura del giovane protagonista, l’adolescente Jake (Asa Butterfield), di professione “sfigato al cubo”, con una madre troppo impegnata a lavorare e un padre che forse non ha lavorato nemmeno un giorno nella vita ma si è sempre tenuto molto occupato con la sua passione per l’ornitologia. Entrambi han sempre avuto poco tempo da passare col loro unico figlioletto, cresciuto infatti col nonno, l’eccentrico Abe (Terence Stamp), che l’ha tirato su a dolcetti e fantasticherie, raccontandogli una quantità di storie ovviamente inventate di sana pianta. Oppure non del tutto?
Alla vigilia del 16mo compleanno di Jake il nonno muore in uno strano incidente archiviato in modo un po’ troppo frettoloso, e il ragazzo si trova davanti a un vero e proprio bivio: credere alla versione ufficiale e cercare in qualche modo di adattarsi all’infelice angolo di mondo dove ha avuto la ventura di “cadere”, o andarsi a cercare un altro mondo, l’isola che non c’è, il luogo magico dove trovare altri ragazzi speciali, proprio come lui, e finalmente smettere di sentirsi solo?
Naturalmente partirà per l’avventura, e noi con lui, raggiungendo uno strano orfanotrofio su un’isoletta del Galles, diretto con pugno di ferro dall’affascinante Miss Peregrine (Eva Green), tutrice un po’ speciale capace di trasformarsi in un falco pellegrino, ma soprattutto di salvare i bambini affidati alle sue cure anche manipolando il tempo, costringendolo alla ripetizione costante di un unico giorno, l’ultimo felice prima della catastrofe della Seconda Guerra Mondiale. Sì, perché il viaggio di Jake non è solo nello spazio, è anche nel tempo, e si svolge in gran parte nel 1943. Un’epopea fantastica piena di personaggi prodigiosi e invenzioni strabilianti, ma anche piuttosto inquietante, fra automi feroci e scheletri rapaci, ingorde creature tentacolari e mostri che risucchiano la vita attraverso gli occhi dei bambini.
Va detto che Miss Peregrine non è uno dei migliori film di Burton, e soprattutto nella seconda parte sembra cedere al gusto un po’ facile dell’avventura per l’avventura, non credendo forse fino in fondo a quello che sta mettendo in scena, e perdendosi così in qualche lungaggine di troppo. Ma chi il cinema di Tim lo ama, anche questa volta non rimarrà deluso, perché ritroverà le emozioni di sempre, i sogni e le paure, la leggerezza della poesia e la forza dell’immaginazione. E quella grande domanda che sembra non trovare mai risposta, rimbalzando da un film all’altro: come si fa a non omologarsi, a difendere la propria diversità, e al tempo stesso tentare di essere felici?
Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali, di Tim Burton, con Eva Green, Asa Butterfield, Samuel L. Jackson, Terence Stamp