Gli alieni di Villeneuve, tra Spielberg e Malick, in attesa del suo “Blade runner”

In Cinema

In “Arrival” il regista canadese fa sbarcare sulla Terra dodici enormi astronavi galattiche, cariche di esseri pacifici portatori di un nuovo linguaggio tutto da decifrare. Un’impresa assai complicata, che la linguista Amy Adams affronta con grande entusiasmo e passione, per scoprire che tutto ciò cambierà la sua vita più ancora di quella dell’intera umanità. Villeneuve fa le prove generali fantascientifiche, in bilico tra stupore e filosofia, in attesa del suo sequel del classico di Ridley Scott, che uscirà a ottobre

Un giorno come tanti, una specie di enorme uovo grigio si materializza nel bel mezzo dei prati del Montana. È immenso, alieno, tutto chiuso e indecifrabile, galleggia a qualche metro dal suolo e sembra quietamente in attesa… di che cosa? Nello stesso momento, anche in altri luoghi della Terra atterrano misteriose astronavi provenienti dallo spazio. In tutto sono 12 e la loro presenza, anche se non sembra minacciosa, è di quelle in grado di sconvolgere il fragile equilibrio geopolitico del pianeta Terra. Insomma, gli alieni sono arrivati. Chi sono? Da dove vengono? Che cosa vogliono da noi? Perché e come sono arrivati qui?

E, soprattutto, adesso che si fa? Scienziati e politici vogliono risposte. La gente del mondo intero vuole risposte, ma non sembra così facile trovarle. Finché in Arrival di Denis Villeneuve entra in campo la linguista Louise Banks (Amy Adams), reclutata dall’esercito degli Stati Uniti insieme all’astrofisico Ian Donnelly (Jeremy Renner). Mentre il mondo impazzisce e parecchi leader, dalla Cina alla Russia, alla Corea, già affilano le armi pronti a scatenare una guerra intergalattica, Louise e Ian tentano di fare l’unica cosa sensata: parlare con gli alieni cercando di imparare il loro linguaggio.

Non che sia facile! Questi grandi eptopodi schizzano nuvole di inchiostro su un opalescente schermo bianco e compongono cerchi neri variamente sfrangiati, elegantemente incomprensibili. Almeno inizialmente. Dopo un po’, la costanza della testarda Louise comincia però a produrre risultati. Così veniamo a scoprire tante cose, di cui almeno una fondamentale: la scrittura degli alieni è circolare, come circolare è il loro modo di pensare e il loro rapporto con il tempo (quel tempo che per noi è invece soltanto lineare!). Del resto, se diamo retta all’ipotesi di Sapir-Whorf, la lingua che parliamo influenza il nostro sviluppo cognitivo, e quindi il nostro modo di pensare, pregiudizi compresi.

Louise al contrario è disposta a spogliarsi dei suoi pregiudizi, come della scomodissima e isolante tuta arancione, e a mettersi in gioco fino in fondo, pronta a modificare le proprie convinzioni e tutt’intera la propria vita. In nome di un desiderio di apertura al nuovo che è anche bisogno di rinascita, perchè la spinge una fiducia nell’altro che diventa anche accettazione del proprio destino, qualunque esso sia.

A tratti fascinoso, però solo di rado trascinante, Arrival è un film ondivago che azzecca alcuni momenti magistrali e poi si perde nella nebbia un po’ pedante di certe filosofie New Age. Alcune scene di dialogo con gli alieni sono davvero struggenti e visivamente incantevoli (nel senso proprio della capacità di incantare, generando un autentico sentimento di meraviglia) ma l’infinita ghirlanda di flashback e flash-forward che costella il racconto rischia a un certo punto di diventare inutilmente faticosa.

Quand’era stato presentato alla mostra del cinema di Venezia, il film era stato descritto come l’incontro fra lo Steven Spielberg di Incontri ravvicinati del terzo tipo e il cinema filosofico di Terrence Malick. Forse somiglia in effetti a un’anima divisa in due, incapace di decidere se puntare tutto sullo stupore o scommettere di più sulla riflessione: e alla fine rimanere in sospeso nella terra di nessuno dei film belli ma non indimenticabili. Forse il Denis Villeneuve innamorato della fantascienza dovrebbe semplicemente impegnarsi a incontrare il Denis Villeneuve di Incendies – La donna che canta, quello capace di far esplodere di emozione lo schermo. Ma aspettiamo, per un giudizio più completo, il sequel di Blade Runner, che il regista canadese ha appena finito di girare: arriverà nelle sale il prossimo ottobre.

Arrival di Denis Villeneuve, con Amy Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker, Michael Stuhlbarg

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