Due ottimi attori, Cedric Kahn e Bérénice Bejo, per il film del belga Joachim Lafosse, passato a Cannes, che rilancia un modello di crisi coniugale oggi tanto caro, fin troppo, al cinema soprattutto francese. Dove una moglie esasperata ma incapace di liberarsi del marito che più non sopporta, oscilla tra acrimonia incontenibile e nostalgici ripensamenti. Due deliziose bambine e le difficoltà di lui aumentano la complessità del caso, creando un’atmosfera tesa, claustrofobica, e anche ripetitiva
Diciamo la verità. Non se ne può più di vedere film, soprattutto francesi, soprattutto con Vincent Cassel (ma non solo, come vediamo in Dopo l’amore del belga Joachim Lafosse, da noi finora noto solo per Proprietà privata, 2006, con Isabelle Huppert) sul marito/compagno aggressivo ma irresistibile, che ti maltratta ma non puoi alla fine che perdonarlo, che si comporta male ma in fondo non è cattivo. Con cui hai vissuto i migliori e i peggiori momenti della tua vita e che dunque non riesci ad archiviare dalla tua vita in modo definitivo.
Lo so bene che è proprio quello che spesso succede nella realtà, tra uomini e donne, in un gran numero di casi di separazione e rapporti turbolenti, a volte ai limiti della violenza psicologica e/o fisica, e purtroppo anche oltre. Perché tante volte non esiste l’”orco assoluto” ma solo quello relativo, e forse neanche la “vittima perfetta” ma quella reale, che si rivela, per legami passati e anche presenti, incapace di sopprimere il suo lato nostalgico e un po’ complice. Ma proprio per questo l’arte e il cinema, che poco funzionano quando didascalicamente riproducono la realtà, se non in forma documentaria, dovrebbero estrarre dai dati del quotidiano gli elementi per costruire una finzione che salvi il senso, il succo delle situazioni vere senza riprodurlo battuta per battuta, gesto per gesto .
Purtroppo è ciò che accade a tratti in Dopo l’amore, che pure nel raccontare il ménage insostenibile d’una coppia – con due deliziose bambine – inesorabilmente in crisi, riunisce un duo di ottimi interpreti: l’attore-regista Cedric Kahn, premiato come autore a Cannes come miglior giovane nel 1994 per Trop De Bonheur e titolare del premio speciale della giuria a San Sebastian nel 2014 per Vie Sauvage e la lanciatissima Bérénice Bejo, già perfettamente allenata agli inferni familiari dall’iraniano Ashgar Farhadi in Il passato, per il quale ha vinto la Palma alla miglior attrice a Cannes 2013, dopo la candidatura all’Oscar ottenuta, due anni prima, per The Artist del marito pigmalione Michael Hazanavicius.
I due si scontrano e si lasciano per tutto il film, litigano da soli e davanti agli amici (c’è una tesa, efficace sequenza di cena in terrazzo in cui lui irrompe devastando l’atmosfera), e non risparmiano sciaguratamente le due piccine dall’assistere alla loro acrimonia. Sembra sempre che finalmente l’epilogo sia definito, e lei si sia liberata di una vita infernale e di un consorte che oscilla tra insolenza e vittimismo, ma non succede mai. Perché anche in una storia tutta psicologica ed emotiva, come questa, le ragioni materiali finiscono per irrompere: lui, disoccupato, non ha una posto dove stare, e per di più sulla casa che ancora dividono i due accampano diritti non riconosciuti dal partner: e più lei, proprietaria formale dell’appartamento, fissa le regola di vita per rendere comunque la convivenza accettabile a tutti e quattro, più lui è tentato di trasgredirle, perché non le condivide, ma soprattutto non riesce a non avercela con lei, che l’ha lasciato.
Lafosse, che con questo film era l’anno scorso alla sua terza presenza a Cannes (stavolta nella Quinzaine) costruisce con l’aiuto di altri tre sceneggiatori (Mazarine Pingeot, Thomas van Zuylen, Fanny Burdino, forse un po’ troppi) un clima claustrofobico a tratti efficace ed elettrico, a tratti piatto e ripetitivo, affidando alla fine soprattutto agli interpreti (oltre ai due primattori anche Marthe Keller, Jade Soentjens, Margaux Soentjens) le sorti del racconto e il ritmo del film. Che si apre a un maggior respiro, in qualche modo come confermerà il finale della storia, quando esce dalla casa con giardino, dalla tenzone matrimoniale per inglobare e capire il mondo esterno. Unico portatore di un po’ d’aria fresca nell’ormai asfittico, anche se a tratti anche nostalgico, rapporto tra Marie e Boris, che sembrano proprio non voler risolvere i loro dubbi e dilemmi.
Dopo l’amore di Joachim Lafosse, con Bérénice Bejo, Cédric Kahn, Marthe Keller, Jade Soentjens, Margaux Soentjens