Erin Brockovich è rinata a Brest: una francese combattiva, che sfiderà big-pharma

In Cinema

Come quel film d’impegno civile di diciassette anni fa, che diede la notorietà all’attrice americana, anche “150 Milligrammi”, diretto da Emmanuelle Bercot, ha una gran “lottatrice” al centro del suo racconto: è la pneumologa Irène (interpretata con foga dalla danese Sidse Babett Knudsen), disposta a mettere in gioco una vita privata e professionale di successo, la sua, per smascherare i letali effetti di un farmaco sul cuore di molti pazienti. Ne viene fuori un mix fra thriller e film inchiesta, che non disdegna colori e toni intimisti, e si giova, in un cast affiatato, dell’ottimo Benoît Magimel

Erin Brockovich c’est moi. Diciassette anni fa Julia Roberts, quest’anno attraverserà la mitica soglia dei “cinquanta”, portava sul grande schermo la storia che l’avrebbe definitivamente consacrata tra le star e icone più apprezzate della sua generazione. Il film di Steven Soderbergh, che le valse il premio Oscar come miglior attrice protagonista, metteva insieme quel filone legale-processuale tanto caro alla giuria dell’Academy e il più classico dei film inchiesta, ma a trazione squisitamente femminile. Sulla medesima strada, seppur con meno ambizione, pare volersi muovere il semplice ma interessante 150 Milligrammi (titolo originale La Fille de Brest) della regista e attrice francese Emmanuelle Bercot, protagonista assoluta la danese Sidse Babett Knudsen, vista di recente al fianco di Tom Hanks in Inferno e in A Hologram for the King, oltre che nella serie tv Westworld.

150milligrammi

La pellicola racconta un fatto di cronaca realmente accaduto, in Francia: nel 2009, Irène Frachon, pneumologa del piccolo ospedale di Brest, inizia a riscontrare casi di disturbi respiratori e cardiaci, e perfino alcuni decessi, collegati al Mediator, farmaco contro l’obesità regolarmente venduto e prescritto. Donna di successo, con un posto di lavoro ben saldo, una famiglia bizzarra e simpatica e un team di colleghi più che affiatato, la Frachon capirà però ben presto di esser pronta a tutto, anche a rimanere sola, pur di portare a galla una verità drammatica, e negata dai più. Al suo fianco, nella lotta contro i colossi dell’industria farmaceutica transalpina, si schierano pochi compagni e amici, tra cui il timido, meticoloso Antoine Le Bihan (l’ottimo Benoît Magimel, già diretto dalla Bercot in La Tête Haute).

E se nella realtà la faccenda è tutt’altro che conclusa, con un processo penale ancora in corso, tra le fonti per la sceneggiatura del film spicca in prima linea proprio il libro-denuncia di Irène, quel Mediator 150 mg: combien de morts?, distribuito da una piccola casa editrice indipendente bretone, che sarà tra le tappe più importanti nella battaglia della protagonista.

Gli ingredienti, dunque, sono quelli del racconto d’indagine tradizionale (“un thriller”, secondo la regista), mescolati a qualche goffo elemento da spy story e conditi in salsa bretone, tra cieli scuri, silenzi (quasi assente la colonna sonora) e fotografia in tonalità di grigio e azzurro. Perché la Bercot, qui anche in veste di sceneggiatrice, figlia di chirurghi e con una dichiarata passione per la medicina, all’epicità del “tratto da una storia vera” all’americana preferisce un taglio decisamente più intimista e sobrio, costantemente attento alle sfumature di espressioni e alla psicologia dei suoi personaggi. E se la scelta in parte paga, soprattutto grazie all’ottima interpretazione dei due protagonisti, finisce però per regalare un prodotto nel complesso più televisivo che cinematografico, associando a una vicenda interessante e raccontata col giusto ritmo una cifra stilistica un po’ sciapa, fin troppo pulita.

Sebbene a tratti risulti sopra le righe (meglio, molto meglio il più delicato Magimel/Le Bihan), è però proprio la recitazione tutta smorfie della vulcanica Knudsen a dare slancio a un film dal taglio altrimenti fin troppo documentaristico: è lei, con la sua espressività costantemente in primissimo piano, che garantisce vita e forza, e un carattere degno di nota, a un racconto che rischierebbe altrimenti di lasciare troppo spesso il passo al crudo (letteralmente, viste certe scene sul tavolo operatorio) elenco dei fatti. Scegliendo di vivere dell’interesse che una simile vicenda potrebbe e dovrebbe suscitare, ma senza quei colpi d’autorialità validi a giustificarne la presenza sul grande schermo.

150 Milligrammi di Emmanuelle Bercot, con Sidse Babett Knudsen, Benoît Magimel, Charlotte Laemmel, Isabelle de Hertogh

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