Il re del Belgio va alla deriva nei Balcani: Road movie o mockumentary?

In Cinema

Giocando la carta dell’originalità e dell’ironia, i registi belgi Peter Brosens e Jessica Woodworth sono tornati alla Mostra di Venezia, e ora nelle sale, 4 anni dopo “La quinta stagione”, stavolta con un mockumentary sorprendente e bizzarro: è “King of the Belgians”, protagonista Peter van den Begin, che in poco più di un’ora e mezza fa ridere e riflettere lo spettatore su toni da commedia grottesca.

La premessa di Un re allo sbando dei belgi Peter Brosens e Jessica Woodworth è tanto semplice quanto carica di surrealtà: il re dei belgi, Nicolas III (il misurato ed espressivo Peter van den Begin) – con al seguito il maestro di protocollo Ludovic (Bruno Georis), il valletto Carlos (Titus De Voogdt) e l’addetta stampa Louise (Lucie Debay) – si trova in visita diplomatica ad Istanbul per donare alla città una miniatura dell’Atomium, il monumento tecnologico simbolo di Bruxelles. Il sovrano e la sua equipe sono costantemente filmati dalla telecamera di un navigato videomaker inglese, Duncan Lloyd (Pieter Van Der Houven), incaricato dall’etsablishment reale di realizzare un documentario propagandistico. L’intento è quello di ravvivare l’immagine un po’ opaca del re “Nicolas il silenzioso”, e della monarchia in generale, in un Paese in cui la corona rappresenta l’elemento simbolico di unione di una realtà culturale e linguistica complicata, perché divisa tra fiamminghi e valloni.

Dunque lo spettatore è guidato nella narrazione dall’obiettivo della telecamera di Duncan, un ex corrispondente di guerra diventato paparazzo fotografando i reali per le copertine dei giornali, e dalla sua voce che all’inizio del film chiede provocatoriamente se il Belgio sia a tutti gli effetti un Paese “o solo un compromesso geopolitico”. Come la recente, lunghissima vacanza di governo, potrebbe far sospettare. Così inizia il mockumentary, con le sue inquadrature non perfettamente bilanciate, la macchina a mano che sembra (e solo sembra) usata casualmente e gli stacchi repentini tra una situazione e l’altra.

Lo spunto per il film, raccontano i registi, nacque qualche anno fa da “alcune foto del presidente estone che lo immortalano mentre riempie di benzina, come un uomo qualsiasi, un minibus con il quale ha fatto ritorno al suo Paese, essendo rimasto intrappolato ad Istanbul dal blocco dei voli causato dall’eruzione del vulcano islandese”. Infatti, il turning point del film si ha quando si scatena una tempesta solare che blocca tutti i voli aerei e interrompe le comunicazioni fra Turchia e Belgio: e, allo stesso tempo, viene annunciata la dichiarazione d’indipendenza della Vallonia, parte meridionale del Paese.

Da qui parte la rocambolesca odissea di re Nicolas e del suo seguito per tornare in patria: occorre escogitare un piano di fuga, abbandonare il protocollo, svestire i panni monarchici e riprendersi un po’ di normalità. Il re si ritrova a travestirsi da donna per confondersi in mezzo a un gruppo di cantanti folk bulgare note come le Sirene del Mar Nero, tra cui spicca la bella Ana (Nina Nicolina); a bere bicchieri su bicchieri di rakia, fino a ballare ubriaco e regalare allo spettatore un sorriso dritto in macchina davvero emozionante; ad attraversare la Bulgaria, la Serbia, il Montenegro e l’Albania e a scoprirne l’incredibile fascino senza tempo; a incontrare personaggi assurdi con cui condividere attimi di vita spensierati, dimenticandosi di essere re.

Unica pecca del film, forse, è che attraverso un viaggio di formazione intima e personale Un re allo sbando riflette solo la crisi dell’individuo, senza farsi metafora della più grande crisi del mondo che gli sta attorno.

Un re allo sbando, di Peter Brosens e Jessica Woodworth, con Peter van den Begin, Bruno Georis, Titus De Voogdt e Lucie DebayNina Nicolina, Pieter Van Der Houven

 

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