Il 13 dicembre è morto Phil Stern, fotografo leggendario. Da John Wayne allo sbarco in Sicilia, tutto il Novecento è passato davanti al suo obiettivo.
James Dean, Marlon Brando, Marilyn Monroe: icone di un tempo andato che ricordiamo spesso in bianco e nero, negli scatti dei fotografi che sono a loro sopravvissuti. Uno di questi era Phil Stern, classe 1919, sopravvissuto anche a un sacco di altre cose del nostro secolo breve.
Stern si è spento quattro giorni fa, il 13 dicembre, all’età di 95 anni: aveva iniziato a lavorare con la fotografia, come diceva lui, «long, long, long time ago», più di ottant’anni fa, tanto che a 20 era già un professionista. Iniziò sulle scene del crimine per la Police Gazette, per poi occuparsi di lavoro e temi sociali per la rivista Friday, che gli aprì tre grandi porte: quando Friday fallì Stern continuò come free-lance per Look, Collier’s e Life, la porta più grande.
Phil Stern fu uomo di mondo in ogni senso. Frequentò gli ambienti più disparati, forse sotto l’influenza della sua natura cosmopolita: nato a Philadelphia, da genitori ebrei russi, crebbe nel Bronx di New York e a modo suo fu anche un po’ siciliano, nominato cittadino onorario di Gela e Licata, dove sbarcò nel ‘43 con l’esercito americano.
Lo stava accompagnando per la seconda volta come fotografo ufficiale (e sergente). La prima fu in Tunisia: nel 1941 si arruolò volontario nel battaglione dei Darby’s Rangers per raccontarne le imprese, come uno storico. Gli sbarchi e gli scatti ricordano la vicenda di Robert Capa, con cui molto ebbe in comune. Ma Stern, colpito da un proiettile due volte su due, fu più fortunato: entrambe le volte rimase soltanto ferito.
Abbandonata la Sicilia, tornò ad un mondo già assaggiato e molto diverso da quello militare: quello fatto di cinema e di musica e illuminato dalle luci di Hollywood. Ritrasse attrici come Rita Hayworth, Audrey Hepburn e una Marilyn Monroe spensierata o colta al volo in uno sguardo insolito.
Raccontò i diversi volti dell’amico James Dean, incontrato per caso in un incidente: da quello più spaccone in sella alla sua moto a quello ribelle, ma introverso, che cercava di nascondersi nel collo di un maglione. Le voci e gli strumenti di Louis Armstrong, Ella Fizgerald, Duke Ellington e Ray Charles continuano a suonare nel colore, ma soprattutto nel bianco e nero dei suoi scatti rubati durante gli show o la vita mondana.
Tutti i suoi soggetti, raccontava Stern, si fidavano di lui, totalmente a loro agio di fronte al suo obiettivo che li seguiva dietro le quinte, prima di una cerimonia, sul set o perfino in un Natale in famiglia, come John Wayne.
Forse non era il loro fotografo preferito, ma riusciva per un po’ ad essere uno di loro. Stern era a caccia della perfezione ed era in grado di trovarla in attimi e sguardi che a rivederli sembrano quasi casuali, talmente sono naturali. Conquistò anche la fiducia di Frank Sinatra, che accompagnò dovunque: fu il cantante a portarlo con sé alla festa che celebrava la vittoria di Kennedy nel 1961, dove Stern scattò mentre Sinatra accendeva una sigaretta al presidente.
In un’intervista, dieci anni fa, disse di avere un sogno ricorrente: arrivato alle porte del paradiso, ad attenderlo insieme a San Pietro ci sarebbero stati Wayne, Sinatra e tutti gli altri, per dargli il benvenuto e poi apostrofarlo: «Figlio di buona donna!».
Foto tratta dalla videointervista a Phil Stern realizzata dal Los Angeles Times