Perché leggo Aldo Nove

In Letteratura

Da “Woobinda” a “Anteprima Mondiale”: cos’ha di speciale Aldo Nove?

 

È molto raro trovarsi casualmente a leggere opere letterarie di Aldo Nove. Si potrebbe quasi parlare di romanzi urticanti – talvolta racconti, poesie o post – che mal si adattano ad occupare il tempo tra una fermata e l’altra del tram.  O a intavolare interessanti discussioni negli intermezzi del tg il giorno di Pasqua. Alla domanda “Di cosa tratta la tua tesi?” rispondo “Mah, avete presente quello scrittore mezzo sardo mezzo veneto che colleziona pornazzi e scrive paginate di porcherie sulla merda, il sesso e il mondo che non va?”.

Ecco, riassumere i folli episodi descritti nelle molte pagine di Antonello Satta Centanin – così si appaga la morbosa curiosità per le biografie altrui – ha la stessa utilità di raccontare la trama di Blob: nessuna. I suoi libri vanno letti, richiusi momentaneamente per il misto di ribrezzo e incredulità che generano, poi ripresi per interrogarsi su quanto la società che stiamo costruendo sia sovrapponibile a quel mondo narrativo tanto violento quanto (tragi)comico immaginato dall’autore. In Woobinda (1996), e nella sua versione Super (1998), la carrellata di narratori-protagonisti rappresenta un’umanità alla deriva piegata dall’imperativo consumista, che obbliga ad organizzare la propria esistenza tra bisogni fittizi e perverse mistificazioni. Mentre la dittatura della merce impone una corsa sfrenata al benessere meno appagante, la televisione, o media dell’immagine che siano, rieduca alla falsa coscienza e al pensiero unico, ingrassando schiere di telespettatori balbettanti spot, jingles e segni zodiacali.

Mi chiamo Andrea Garano. Ho ventitré anni e possiedo uno stereo. La mia mente è malata perché i Programmi dell’Accesso ci sono entrati dentro. Combinano delle cose con gli elementi chimici che ho nel cervello. […].

Poi iniziano i Programmi con quella musica e allora non c’è più niente da fare, li devo guardare inginocchiato davanti alla televisione, li devo ascoltare con molta attenzione, senza perdere nemmeno una parola dei Programmi dell’Accesso che iniziano.

                                                                                       (Superwoobinda, Einaudi 1998, pp.42-43)

Cosa c’entriamo noi con il povero Andrea Garano? Apparentemente niente e apparentemente tutto. Ma se scegliamo la via del confronto critico, in Aldo Nove ritroviamo la filosofia che scalza la finzione e interroga l’idea di realtà. Per capire dove (e se) finisce una e inizia l’altra. Per mostrare quanto i due piani possano confondersi costringendo la vita in una dolce illusione dal sapore verisimile.

 

Nelle serie televisive è diverso.

Ci sono gruppi. Storie. Vita.

C’è la Storia. Come in Game of Thrones. Combattimenti e avventure. Quello che piace.

C’è The Revenant.

Così con i miei amici ci ritroviamo a casa mia tutte le sere e guardiamo le serie. Anche sei o sette episodi per volta.

Il sogno della vita di molti è chiudersi in casa per giorni a guardare tutte le stagioni di una serie, senza più pensare a che giorno è. Le serie vivono per noi, e noi le commentiamo guardandole.

Come fa Dio con noi.

Ci lascia fare.

Siamo le sue serie.

(Anteprima mondiale, Einaudi 2016, p.126)

 

A livello tematico Aldo Nove potrebbe piacere tantissimo, ma quando ti inoltri in paginoni sgrammaticati, congiuntivi cannati e riformulazioni vari ed eventuali, insomma tutti quegli orrori che fai quando parli al telefono con tua madre, ti interroghi su due cose: Uno. ma questa è veramente letteratura? Due. Non potrò regalare libri di Aldo Nove ai miei compagni di UniMi, che sfogliano solo Calvino e Vittorini – anche se in effetti quando litigano è divertente -. Alla mia amica insegnante da poco convertita alla Buòona Letteratura. Al mio relatore, che si presuma li abbia già sugli scaffali. Alle mie coinquiline, che da quando hanno iniziato a lavorare hanno smesso di leggere. Il prossimo Natale sarà stressante! Giusto per spezzare una freccia a favore dell’autore dal cuor di Toblerone, molti dei testi pubblicati sono delle vere e proprie perle di sperimentazione formale, ricche di implicazioni letterarie. Aldo Nove dinamizza le categorie generiche, opera un abbassamento stilistico tale per cui i personaggi, come dischi rotti, ripetono un numero limitatissimo di parole, che non hanno più legame con i referenti oggettivi né con le bocche che le hanno pronunciate.

La sua letteratura mostra un sostrato culturale ricco e variegato, mentre le poesie comunicano direttamente con la parte meno educata dell’animo, i testi in prosa traducono narrativamente i mostri teorici richiamati da Adorno, Horkheimer, Marcuse, Baudrillard. E allora la lettura non può che farsi seria, moralistica anche, e aprire finestre di dialogo con la realtà che viviamo ogni giorno.

Ad ogni modo, benché Aldo Nove non funzioni come lo xanax dopo il vino, in altre parole non è mai consolatorio, alcuni episodi riescono veramente a scatenare un’ilarità strappa lacrime. Così nel romanzo caraibico Puerta Plata Market (1997), il lettore vede in azione il protagonista Michele e altri turisti italiani, tutti rigorosamente armati di infradito, slip e magliettone di Ligabue, mentre sguazzano nell’acqua cristallina della piscina del residence tropicale – la proprietaria, guarda caso, è di Gallarate – oppure intenti a cercare i tanti amati dolciumi della Mulino bianco nel più grande ipermercato dell’isola, da Silverio Messon Supermarket. La rocambolesca avventura procede nei bassifondi di Sosua dove il nostro eroe romantico scandaglia il “catalogo di figa tropicale” del Marinero per cercare la donna della sua vita, quella che potrà sposare e trapiantare nella casa Ikea di Mendrisio.  Michele vince al lotto – perché l’amore, in fondo, funziona come un gratta e vinci – e conosce Francis, una ballerina notturna con la quale condivide sin da subito la cosa che più gli piace nella vita, la soap opera Beautiful, sogno irraggiungibile di un futuro migliore. Allo stesso modo in cui Freud collegava il riso ad un istinto di aggressività bisognoso di un canale di sfogo socialmente accettato, Nove maschera tra le pieghe di una comicità demenziale, la frustrazione di fondo che pervade i miseri protagonisti in balia di una vita etero trainata.

La sensibilità intelligente del poeta-scrittore di Viggiù si coglie soprattutto nella capacità di rappresentare le nevrosi contemporanee senza appiattirle a malattie croniche prive di complessità: nell’uomo più banale e meschino compaiono ancora i segni di una tensione morale che non riesce a trovare il giusto sfogo. L’immaginario collettivo massmediatico ha oramai generato una nuova specie antropologica di consumatori senza scrupoli, ma in loro rimangono vivi il bisogno di conservare una memoria personale, di ricordare un’epoca di perduta ingenuità e di fantasticare sull’amore e la felicità. Nascono con questi ingredienti romanzi come Amore Mio infinito (2000), La vita oscena (2000), La più grande balena morta della Lombardia (2004), Un bambino piangeva (2015), Tutta la luce del mondo (2014) Anteprima mondiale (2016).  Nell’uomo che soffre e che sprofonda nel vortice delle proprie miserie, l’oscenità e la purezza riescono a convivere come elementi salvifici e motori di rigenerazione. Solo Dolore e Amore hanno il potere di insegnare.

Ed è proprio l’amore, e i tenerissimi momenti di gioia disseminati tra pagine di roboante volgarità, a restituire il più intenso piacere di lettura.

L’amore è quando tuo zio fa il meccanico e la sera finisce di lavorare e torna di sopra da tua zia che smette di tagliare la testa all’anguilla impanata e va incontro allo zio per dargli un bacio e lo abbraccia e lo bacia e poi ridono perché abbracciandolo la zia ha sporcato lo zio di anguilla ma non fa niente perché lo zio puzza già di parafango e così contemporaneamente puzza di parafango e anguilla.

L’amore è quando tuo papà in macchina inizia a cantare la canzone dei mobili Busnelli e tua madre davanti con la sigaretta canta anche lei e fino a che arrivano al distributore della benzina continuano a cantare e a ridere e non sembrano più genitori sembrano bambini che alla ricreazione non hanno voglia di tornare in classe ma di giocare a nascondino a rialzo anche se sono genitori a causa sell’amore hanno davvero voglia di fare così.

(Amore mio Infinito, Einaudi 2000, pp.19-20)

(Visited 1 times, 1 visits today)