Sei personaggi dell’immaginario brechtiano si incontrano su un palco. Cosa succederà?
La definizione arriva da Strehler: Un salto in cielo, questo è stato Bertolt Brecht nelle visioni del maestro Giorgio.
Oggi Brechtsuite, diretto da Emilio Russo con direzione musicale di Ferdinando Faraò, non è semplicemente un tributo al genio nato ad Augusta, ma a come il concetto di contaminazione abbia attraversato il suo teatro, unendo prosa, musica, poesia, filosofia, e tutto ciò che la sua storia ci ha consegnato.
Lo spettacolo di Russo, in scena al Menotti, è soprattutto questo: un’ode alla contaminazione. Non a caso sul palco si incontrano sei interpreti, chiamati a riconnettersi con alcuni dei personaggi più celebri dell’universo brechtiano: Giovanna dei Macelli, la moglie ebrea, la puttana Yvette di Madre Coraggio, Pùntila, Jenny delle Spelonche dall’Opera da tre soldi, la balia Groucha, Jim Mahoney…
Tutto è ambientato in un club, chiamato emblematicamente Mahagonny, come la città trappola dell’opera, dove affiorano le coscienze poco intorpidite di caratteri pulsanti e vividi: prima evocato, poi biasimato a causa dell’imminente chiusura, poi palesato nella sua decadente fierezza.
Un enorme circo, che serve da trampolino all’esecuzione dal vivo dell’orchestra Artchipel, pronta a scatenarsi in virtuosismi sulle note di Kurt Weill (e come potrebbe essere altrimenti?).
Brechtsuite è un manifesto sull’esilio, sulla fuga e sulla ricaduta; non è perfetto, anzi. Si ha la sensazione, in più momenti, che tutto sia scandito in maniera molto meccanica, quasi a voler ricalcare un omaggio che potrebbe rischiare di confinare con la maniera – legittima, considerato che Russo ha talento e che la materia di partenza ha il suo portato.
Ma questo tributo, nonostante la citata maniera e – stranamente – qualche passaggio troppo semplicistico e anche “scontato”, è interessante. In primis perché parlare di Brecht fa sempre bene, in secondo luogo perché nella visione di Russo c’è un rispetto che non è mai reverenza, ma sincera ammirazione.
Immerso nel buio dell’incognita e poi in quello delle luci colorate ma morenti di Mahagonny, Brechtsuite vive anche nelle performance di un ispirato gruppo d’attori (Lucia Vasini, Andrea Mirò, Romina Mondello, Paolo Bessegato, Francesca Gemma e Marco Balbi).
Le donne, soprattutto, rubano la scena: la Vasini ci mette il mestiere, la Mondello è una guida intima e silente, la Gemma una bellissima e talentuosa rivelazione (E smettila di fumarmi in faccia, porco!), ma la Mirò ha quel quid che la rendono una presenza disturbante, quasi asessuata, perfetta nei panni di Jenny delle Spelonche. Alta, titanica, punk e al contempo glamour: piacerebbe vederla in altri ruoli, magari anche senza musica a fianco (strano, ma forse non impossibile…)
(foto in evidenza di Virginia Bettoja, foto in corpo articolo di Nicola Corda)
Brechtsuite, di Emilio Russo, fino al 18 giugno al Tieffe Menotti