Chi era da piccolo, e com’è stato creato il sadico con la maschera di cuoio e la motosega che ha rinnovato l’horror dagli anni Settanta ad oggi, in ben otto film (compreso questo) devoluti con passione allo spavento e al disgusto per immagini? I bravi Alexandre Bustillo e Julien Maury cercano di raccontarlo del “prequel” dell’intera serie: è un prodotto artigianale di buon livello, che forse non rinnoverà il successo (e la feroce originalità) del prototipo del 1974, ma certo tiene alto il richiamo del cinema dello spavento. Un genere che parte intramontabile, soprattutto presso il pubblico più giovane
Quattro adolescenti violenti in fuga da un ospedale psichiatrico, insieme alla giovane infermiera che hanno rapito, lungo le strade del Texas, inseguiti dai loro fantasmi e da un poliziotto che crede soltanto nella legge della pistola (e della vendetta). Un crescendo di sangue e orrore, fino al terrificante finale. Finale che in realtà è un inizio. Sì, perché Leatherface non è altro che il prequel del mitico film di Tobe Hooper Non aprite quella porta, indiscusso capolavoro della stagione d’oro del cinema horror che ha visto nel corso degli anni numerose rivisitazioni.
Leatherface è l’ottavo film di questo fortunato franchising e il primo in cui si tenta di dare una risposta alla fatale domanda: come nasce un mostro? Il sadico con la maschera di cuoio e la motosega, che si è imposto nel nostro immaginario collettivo come una vera e propria icona infernale, viene così raccontato nei suoi primi passi, quando, ancora bambino, tenta invano di sottrarsi al destino che lo attende e non fa altro che passare dalla padella (una famiglia malvagia e sanguinaria) alla brace (un ospedale psichiatrico trasformato in una sorta di fetido lager).
L’idea era quella di spiegare in qualche modo le origini del male attraverso il percorso di formazione di un personaggio che del male è diventato un vero e proprio simbolo. Un obiettivo estremamente ambizioso, che come tale era forse semplicemente irrealizzabile. E certo, qualcuno dirà che sarebbe stato meglio non provarci nemmeno. E in effetti, perché farlo? Tobe Hooper è morto, all’improvviso, poche settimane fa, e forse lo si poteva lasciare tranquillo. Regalando a noi appassionati di horror l’imperituro ricordo di uno dei film più feroci e disturbanti della storia.
Sì, perché Non aprite quella porta, l’originale del 1974, è un film che ancora oggi riesce a dar fastidio, a perturbare, angosciare. Anche se non è affatto così splatter come molti pensano (i tanti che si divertono a sparare giudizi su film che non hanno mai visto, sport sempre più diffuso!). Il sangue non scorre a fiumi, per nulla, tuttavia molte scene sono difficili da guardare perché quello che vedi ti si appiccica addosso, ti graffia, ti ferisce, ti fa star male. La famiglia di cannibali in cui si aggira “faccia di cuoio” con la sua enorme motosega è un perfetto prodotto di scarto del capitalismo americano. Una famiglia esclusivamente maschile, di macellai che hanno perso il lavoro, sottoproletari feroci massacrati dal capitalismo che li ha relegati ai margini. E loro si riprendono con la violenza il centro della scena, massacrando a loro volta ragazzini di buona famiglia. Il tutto raccontato con la capacità di usare la paura (e il disgusto, e tanti altri sentimenti persino meno nobili) come un’arma, un bisturi, uno specchio avvelenato, dove un’intera società si è guardata ed è prontamente inorridita. Insomma, stiamo parlando del cinema horror degli anni Settanta. Un cinema capace ancora oggi di inquietare. Un cinema che non esiste più.
Però l’horror continua a esistere. E il cinema pure. E allora ben venga il tentativo di andare comunque avanti, anche soltanto confezionando un buon prodotto commerciale. Alexandre Bustillo e Julien Maury (già autori del pregevole A l’intérieur, noto anche con il titolo inglese, Inside) ci sono riusciti, firmando un horror ben girato, interpretato in modo convincente, e capace ogni tanto di suscitare qualche soprassalto. Niente di più, niente di meno. Certo, neanche una scena che ti rimanga davvero appicciata addosso, che davvero riesca a metterti paura. Che dire? Anche la paura non è più quella di una volta!
Leatherface, di Alexandre Bustillo e Julien Maury con Finn Jones, Stephen Dorff, Lili Taylor, Nicole Andrews, Sam Strike, Sam Coleman, Vanessa Grasse