In “Chi m’ha visto” Alessandro Pondi recupera l’occhio amaro e disincantato della commedia all’italiana anni Sessanta per raccontare l’apologo dell’infelice Martino (Giuseppe Fiorello): chitarrista talentoso ma sempre all’ombra dei cantanti che accompagna, con l’aiuto dell’amico trasportatore Peppino (Pierfrancesco Favino) cerca il suo attimo di notorietà con un gesto estremo, “preso a prestito” da una celebre trasmissione televisiva, la sua scomparsa dal mondo. Un film brillante che si fa beffe dei falsi miti della società d’oggi con un linguaggio che attinge alla storia del cinema
Chi m’ha visto, l’esordio nella regia del ravennate Alessandro Pondi, già scrittore e sceneggiatore per il cinema, è una pellicola brillante che eredita dalla commedia all’italiana degli anni Sessanta, a cui l’autore liberamente si ispira, il suo tipico sorriso ironico e amaro per raccontare la realtà in cui viviamo, coi suoi problemi e i suoi drammi. Un sorriso malinconico e un po’ forzato che ritroviamo sul volto di quasi tutti i protagonisti del film, specchio di un’umanità disincantata e dolente.
Ambientato in un paesino pugliese, Ginosa, Chi m’ha visto racconta, tra parodia e storia vera, la bizzarra e comica vicenda di Martino Piccione (Giuseppe Fiorello), talentuoso musicista che suona la chitarra per accompagnare cantanti italiani di fama internazionale, restando però sempre un po’ all’ombra dei riflettori. Ossessionato dall’idea di conquistare il centro del palcoscenico e raggiungere dunque la fama che merita, non sopporta in particolare le ironie e le grette provocazioni della gente del paese, nel quale torna alla fine di ogni tour o concerto.
Tra tormentoni e ambientazioni fatiscenti, il film punta i riflettori sull’Italia contemporanea, dove sempre più si bada alle apparenze, alla forma e non alla sostanza. Il prestigio, il rispetto e l’essere qualcuno passa in primis attraverso i mass media, e la televisione soprattutto, che è ancora il mezzo di comunicazione di massa più diffuso. Viviamo nella cosiddetta società dell’immagine, fatta di modelli e idoli generati dal mondo della pubblicità, dello sport, dello spettacolo, e anche nelle nuove tecnologie l’apparire è un aspetto fondamentale: ma benche Martino si preoccupi costantemente della sua immagine – capelli tinti, linea perfetta, look alla Bruce Springsteen – i risultati non arrivano.
D’altra parte, egli stesso sa che il mondo dello spettacolo è fatto così: non conta quanto vali, conta quanto appari. Però un giorno, stanco di subire il successo degli altri e di inseguire vanamente il suo, che a 48 anni non è ancora arrivato, decide di sparire, da tutti e da tutto, per attirare l’attenzione su di sé. Aiutato dal caro amico d’infanzia Peppino Quaglia (Pierfrancesco Favino), un imprenditore dei “trasporti”, Martino organizza la sparizione, senza troppo riflettere sulle ripercussioni che questo gesto estremo avrà su di se e sulle persone a lui care.
Alessandro Pondi si serve dell’occhio del cinema e di alcune icone del mondo dello spettacolo (il titolo stesso allude evidentemente a una celebre trasmissione tv) per raccontare come la società d’oggi privilegi l’apparire sull’essere, quindi e quanto può essere frustrante, quasi addirittura drammatico, non essere noto, riconosciuto, famoso, per un uomo che a tutti i costi vuole esserlo. Alla domanda “A cosa saresti disposto a rinunciare per avere il successo?” il protagonista del film sembra addirittura rispondere “A me stesso”, perché la sua scelta è proprio sparire, isolarsi, allontanarsi dagli altri: e paradossalmente proprio attraverso l’assenza, il non esserci, Martino raggiungerà finalmente la notorietà. E fioccano così copertine di magazine, programmi televisivi, gite organizzate nei luoghi della sua infanzia. Tutti adesso parlano di lui, e persino le star che prima lo ignoravano, sentono la sua assenza. Ora ha un valore proprio perché non c’è più, perché nessuno l’ha più visto.
Chi m’ha visto, di Alessandro Pondi con Pierfrancesco Favino, Giuseppe Fiorello, Mariela Garriga, Dino Abbrescia, Sabrina Impacciatore.