A Palazzo della Ragione, Walter Bonatti e i grandi spazi esplorati in oltre trent’anni di reportage: un viaggio a fianco dell’autore attraverso i suoi scatti
Dopo Genesi di Sebastião Salgado, Palazzo della Ragione torna a raccontare una Natura meravigliosa e potente attraverso le avventure e le fotografie di Walter Bonatti (Bergamo, 1930 – Roma, 2011). La Natura è il fil rouge che lega gli artisti esposti in piazza dei Mercanti, ma stavolta il vero protagonista di Walter Bonatti. Fotografie dai grandi spazi è proprio l’autore.
Il percorso della mostra su Bonatti rimane più libero e meno serrato di quello creato per il fotografo portoghese ed è scandito da cartelli e installazioni che offrono un viaggio fianco a fianco con l’alpinista-reporter: a partire dalla prima sala, che racconta un giovane Bonatti alle prese con le prime incredibili scalate degli anni ’50 e ’60, attraverso un video e anche delle macchine: da quella da scrivere, con cui raccontò il K2, a quella fotografica, che lo aveva accompagnato nelle imprese dall’Everest al Cervino.
Fatte le presentazioni con l’autore, ci si può immergere nella narrazione delle sue fotografie a colori, scattate nel corso di trent’anni di reportage, soprattutto per Epoca, ed esposte in un ordine non cronologico e nemmeno geografico, ma in grado di offrire, grazie agli “ampi spazi” della sala e all’illuminazione perfettamente studiata, un colpo d’occhio eccezionale di colori e forme.
Ne emerge uno sguardo che cerca di comprendere il Tutto del mondo che sta esplorando, rimanendo però sempre concentrato sul dettaglio: le immagini raccontano con precisione la sabbia del Cile, totalmente diversa, nei disegni creati dal vento, da quella della Namibia; le guglie spettacolari della Bolivia, le millenarie pitture rupestri dell’Argentina, le trame del granito antartico. Anche il ghiaccio, mostra Bonatti con i suoi scatti, cambia le sue forme da un capo all’altro del mondo e ogni posto si tinge di un colore unico e particolare. E a far rivivere i rumori e i profumi di quei posti, ci pensano le didascalie che riportano le annotazioni dell’autore stesso.
Un video racconta l’ispirazione che suscitarono in lui autori come Jack London, Doyle, Defoe, Melville e Hemingway, spingendolo a verificare l’esattezza di quelle fantasie e di quel mondo intrappolato nelle pagine dei libri.
E allora Bonatti, in molte fotografie, diventa il protagonista umano di quelle avventure: grazie all’autoscatto è in grado di inserirsi all’interno dei paesaggi che attraversa nei suoi viaggi solitari, mentre arrampica sulle pareti di ghiaccio de Il richiamo della foresta, mentre attraversa in canoa i fiumi africani o vi si tuffa per poi nuotare con gli ippopotami, mentre con il machete si fa strada nelle foreste di Verdi colline d’Africa o mentre esplora caverne che sembrano non aver mai conosciuto i passi dell’uomo.
E con una “citazione” a Genesi di Salgado, che emerge nella scelta di esporre alcuni ritratti di popolazioni indigene dell’Africa e del sud America scattate da Bonatti, il percorso, o meglio, il viaggio, si conclude con alcune delle sue immagini più conosciute, a confermare nel visitatore l’insaziabile voglia di partire, alla ricerca di sé nell’Altro.
“Walter Bonatti. Fotografie dai grandi spazi”, Palazzo della Permanente, fino all’8 marzo 2015.
Foto: Walter Bonatti, Antartide (quadrante neozelandese), novembre/dicembre 1976. © Walter Bonatti / Contrasto