Nella nuova, bellissima commedia drammatica “La ruota delle meraviglie”, regia n. 47 al cinema, il maestro newiorchese fa incontrare le delusa e un po’ sciupata (ma bravissima, Oscar in arrivo) Kate Winslet, cameriera e moglie di un giostraio di Coney Island (Jim Belushi) con l’aitante bagnino Justin Timberlake: ma il loro perdersi ha già le stimmate della delusione, e in agguato c’è anche la giovane figliastra Juno Temple. Woody Allen qui non vuol far ridere, ma fare del perfetto cinema: e ci riesce
La nuova bellissima commedia drammatica di Woody Allen (siamo all’incirca sui 50 titoli, è noto), La ruota delle meraviglie, film più autunnale che invernale, inizia nella colorata spiaggia di Coney Island nel 1950, se vogliamo dar credito al poster esibito del western di Anthony Mann Winchester 73: il mare, la folla, i bambini che fanno i castelli, le mamme che urlano, tutti che schiamazzano e la giostra che gira… proprio come Douglas Sirk iniziava Lo specchio della vita. La bella confusione della Folla, quella di King Vidor, regno della massa in cui ci si perde.
Ma qui non c’è Lana Turner con la piccola Sandra Dee perduta appunto nella folla, c’è la meno glamour ma fantasticamente brava e sciupata Kate Winslet (la sua prova migliore, non c’è dubbio, previsto un secondo Oscar). È una di quelle donne trasandate e umiliate dal destino, vive con un giostraio e due figli, uno suo e una acquisita, fa la cameriera e sembra uscita dalla penna queer del grande Tennessee Williams, uso a identificarsi con le sue eroine spesso vicine a perdere la dolce ala della giovinezza; ma è anche parente dell’altrettanto grande drammaturgo Eugene O’Neill, ampiamente citato dal colto e aitante bagnino Justin Tamberlake per paura che non ce ne fossimo accorti. È proprio con questo ragazzo, che pare anch’egli uscito da un beach movie di ieri e vorrebbe fare lo scrittore, che la nostra non eroina si perde d’amore sentendo che intanto invecchia.
Entra così in edipica, tragica, greca rivalità con la figlia acquisita (Juno Temple, carina e perfida, con quel cognome da bambina prodigio) che bussa alla porta di papà fuggendo da un marito gangster mafioso che la sta facendo cercare ovunque e non con intenzioni pacifiche. Quindi un margine di tragedia familiare (O’Neill, appunto, Il lutto si addice ad Elettra, etc.), ma anche il disamore diffuso per una vita che offre sempre le occasioni sbagliate o quelle giuste nei momenti sbagliati. Così, tra una lite e l’altra, tra un bicchiere e l’altro, la commedia umana va avanti, zoppicante di dolori e artrosi affettive. E si dipanano, con estrema compattezza di stile e di emozioni, i 100’ di questo dramma intimista, sulla scia di September e Un’altra donna, e per una volta con personaggi non borghesi di Manhattan ma facenti parte di una società girovaga, tanto che si finisce per pensare perfino alla Strada di Fellini.
Un racconto che si permette anche una scena madre, nel senso etimologico del termine, ripresa tutta senza stacchi, un unico piano sequenza che segue l’onda emotiva delle due protagoniste. Colorato, intiepidito dalle luci pastello di Vittorio Storaro, che nello stesso tempo riflette l’immediatezza del presente e anche la sensazione della nostalgia del passato, il film non è certo di quelli in cui Woody vuol far ridere, né sorridere: la platea tenta, debolmente, una volta all’inizio, poi capisce che non c’è niente da fare. Il maestro si dedica alle pene d’amor perdute e agli incastri affettivi, agli odii a porte chiuse, con i rimandi al teatro americano tutti lì in bell’ordine (c’è perfino, nel tradimento, una citazione milleriana di Uno sguardo dal ponte).
Curioso che nel suo autobiografico Radio Days Woody parlasse della sua prima casa proprio a ridosso della fiera: sembra che sia una di queste così scalcinate, catapecchie che contengono sentimenti da catapecchia, rancori e rimorsi scaduti da tempo, tutti in corsa verso l’alcol (non solo il perfetto somaticamente Jim Belushi), con la nevrosi promettente del ragazzino che ama incendiare qualunque cosa gli capiti sotto tiro, anche lo studio della psicologa che dovrebbe guarirlo e si prenota un avvenire sul lettino di Freud.
Lungo viaggio verso la notte che ci risucchia dentro, ci fa curiosare e indagare e si permette anche di non chiudere in facile tragedia (anche se si teme fortemente per la sorte della ragazza) ma con l’accettazione di ogni rancore & vendetta, mentre il teen ager indifferente ma amante del cinema (come il giovane di Zoo di vetro), appicca il suo nuovo e non ultimo incendio per dar calore al mondo.
La ruota delle meraviglie, di Woody Allen, con Kate Winslet, Justin Tamberlake, Juno Temple, Jim Belushi