pop, elettropop, trip hop, rock, blues, folk, klezmer, jazz, classica: i nuovi album, le ristampe, gli eventi musicali significativi
GLI APPUNTAMENTI
Mercoledì 17. La stella in ascesa del pianismo italiano è Beatrice Rana, 25 anni da Copertino, Puglia. Da qualche anno fa incetta di premi in Italia e all’estero, nel 2013 è arrivata seconda – ma vincendo il premio del pubblico – al prestigioso Van Cliburn. E di recente ha inciso le Variazioni Goldberg di Bach e il Concerto per pianoforte n. 1 di Ciaikovskij. Al Conservatorio, ore 21, esegue musiche di Schumann, Ravel e Agosti.
Giovedì 18. Il cantautore livornese Bobo Rondelli, grande interprete di Piero Ciampi, presenta il nuovo album Anime storte, che recensirò la prossima settimana, alle 21.30 alla Salumeria della Musica.
Lunedì 22. Il violinista greco Leonidas Kavakos, tra i massimi virtuosi di oggi (ha appena inciso i Trii per pianoforte di Brahms), esegue al Conservatorio, alle 20.30, musiche di Stravinskij, Prokof’ev, Takemitsu e Franck. Lo accompagna al pianoforte Enrico Pace.
POP & ROCK
Van Morrison – A foggy day/ Bye bye blackbird/ I get a kick out of you/ Only a dream/ I left my heart in San Francisco
A 72 anni, Van Morrison dà prova di una vitalità invidiabile e continua a sorprendere. A un paio di mesi da Roll with the punches, la sua rilettura del blues che ha scalato le classifiche britanniche, il leone di Belfast fa il bis tuffandosi nel songbook americano classico, i Gershwin, Cole Porter & c. già cavalli di battaglia di tanti interpreti jazz e di altrettanti crooner. Versatile (****), un titolo che è tutto un programma, vede Van Morrison interprete duttile e swingante e altosassofonista sinuoso, affiancato da una band che schiera piano, tromba, chitarra elettrica, basso, batteria, trombone e sax tenore. Un disco solido e di gran classe.
Melanie De Blasio – Your freedom is the end of me/ Gold junkies/ Let me love you/ Brother/ And my heart goes on
La voce femminile più fascinosa che ho ascoltato negli ultimi mesi è quella di Melanie De Blasio, belga di Charleroi originaria di Montereale Valcellina, in Friuli. Quarant’anni e quattro dischi all’attivo con Lilies (****), dopo studi di danza, esperienze da concertista classica (suona il flauto traverso) e da cantante jazz con Steve Houben, sassofonista di Chet Baker e Bill Frisell, Melanie De Blasio pratica una musica scarnificata di intenso fascino e difficile classificazione, a me verrebbe da definirla jazz geneticamente modificato, all’incrocio fra l’elettropop, il trip hop e il canto jazz più ieratico, chissà perché mi viene in mente Nina Simone. «Per questo lavoro» ha dichiarato a Musica Jazz «ho sentito il bisogno di tornare all’essenziale, alla fonte di tutto, che è il rapporto tra la voce e il silenzio». In Francia la chiamano l’incantatrice, hanno ragione.
Becca Stevens – Venus/ Lean on/ Queen Mab/ We knew love/ Well loved/ The muse
Negli Stati Uniti l’hanno votata voce emergente del 2017. Lei è Becca Stevens da Salem, Massachusetts, 33 anni, padre musicista che suonò un’aria irlandese al violino in sala parto quando lei nacque, diploma in chitarra classica, canto e composizione. Regina (***1/2) che fonde folk, ritmiche africane e cantautorato femminile (come non pensare a Joni Mitchell e anche un po’ a Tori Amos?), è dedicato alle grandi donne della storia, della letteratura, del mito, della sua famiglia. Così ci sono, messi in musica, Shakespeare (Ophelia e Queen Mab), Elisabetta I che scrive al favorito Robert Dudley I conte di Leicester che inseguito farà giustiziare (We knew love), la Sei Shonagon delle Note del guanciale portate sullo schermo da Peter Greenaway (Well loved). In The muse, Becca Stevens duetta con il grande David Crosby.
La Maschera – Te vengo a cercà/ Case popolari/ Palomma ‘e mare/Dimane comm’ ajere/ Serenata maledetta
In copertina c’è una barca che vola tra i palazzi di Napoli, sullo sfondo il campanile di San Pietro a Maiella e, ancora più in là, il mare. È ParcoSofia (****), il secondo bellissimo album di La Maschera, band che sta ridando nuova linfa alla canzone napoletana. Il melodismo aperto ma non stucchevole, la fresca vena acustica della band, la voce suggestiva del frontman Roberto Colella che ha studiato i grandi interpreti del passato, l’apertura all’Africa (ospite il senegalese Laye Ba) fanno di ParcoSofia un piccolo gioiello.
Goran Bregovic – Christian letter/ Baila Leila/ SOS/ Vino tinto/ Jewish letter/ Mazel Tov
Tre lettere ai cristiani, agli islamici, agli ebrei. Da Sarajevo, città martirizzata alla fine dello scorso secolo da una guerra atroce e, prima della guerra, per secoli, luogo di civile convivenza fra la comunità ortodossa, quella sefardita e quella musulmana. Indirizza queste lettere Goran Bregovic, 67 anni, padre croato e madre serba. Abbiamo imparato ad amarlo per le colonne sonore composte per Emir Kusturica e per le sue fanfare e i suoi violini, le sue musiche ora dolenti e ora festose “per matrimoni e funerali”. In Three letters from Sarajevo (****) Bregovic, che ha composto e arrangiato tutte le canzoni, dirige un’orchestra di diciotto elementi. Cantano magnificamente artisti prelevati da differenti culture: la spagnola Bebe, l’algerino Rachid Taha, gli israeliani Asaf Avidan e Riff Cohen, i bosniaci Sifet & Mehmed. Menzione speciale per la straordinaria violinista serba Miriana Neskovic.
Tosca – Marzo/ Dumbala dumba/ Na serenata a ponte/ Prisencolinensinainciusol/ Il suono della voce
Un recital, come si sarebbe detto un tempo. Un disco registrato dal vivo all’Auditorium di Roma, con un nutrito parterre di musicisti ospiti: Nicola Piovani e Danilo Rea al piano, Gabriele Mirabassi al clarinetto, il polistrumentista Gegè Telesforo. Protagonista di Appunti musicali dal mondo (****) è lei, Tiziana Tosca Donati in arte Tosca, un Sanremo vinto assieme a Ron (Vorrei incontrarti fra cent’anni, 1996), una Targa Tenco come migliore interprete e decine di spettacoli musical-teatrali. Eclettica e mondialista, qui Tosca spazia dalla musica araba a quella balcanica (Dumbala dumba dell’ensemble rumena Taraf de Haidouks), dal Libano alla Russia, da Capo Verde al klezmer. Senza dimenticare la canzone napoletana (Marzo di Salvatore Di Giacomo) e quella romana (la bellissima Serenata a ponte riscoperta da Nicola Piovani), il pop nostrano (il pezzo di bravura Prisencolinensinainciusol, cavallo di battaglia di Celentano) e la canzone d’autore (Il suono della voce, scritta per lei da Ivano Fossati). Applausi.
Lucio Leoni – La pecora nel bosco/ Stile libero/ Le interiora di Filippo/ Io sono uno
Secondo album per il cantautore romano Lucio Leoni, classe 1981. Paure e sberleffi, giochi di parole e polisemie, un’attitudine colta e punk al tempo stesso. Il lupo cattivo (***1/2) è tutto questo, fra trovate esilaranti (il fundcrowding di Stile libero, crowdfunding all’incontrario con Leoni che promette ricompense a chi convince Tiziano Ferro a cantare nel suo disco; il “ritornello pop” dell’oltranzista Le interiora di Filippo) e recuperi spiazzanti, come il Tenco di Io sono uno. Una bella prova, una voce da seguire.
MUSICHE RITROVATE
The Who – I’m the Face/ Daddy rolling stone/My generation/ Substitute/ Batman/ Barbara Ann/ The last time/ Under my thumb/ Pinball wizard/ Won’t get fooled again
Gran bella impresa, quella di radunare in un cofanetto di cinque cd tutti i singoli degli Who dal 1964 al 2014. Perché la band di Pete Townshend, oltre ad avere inciso album classici e ad avere portato a perfezione l’opera rock (Tommy, Quadrophenia), è stata anche una munifica dispensatrice di 45 giri e un’esecutrice di cover spesso dissacrate, sabotate e fatte deragliare. Così, in Maximum A’s & B’s (*****), assieme ai loro classici (qui trovate My generation, la protopunk Substitute non a caso molto amata dai Sex Pistols, e le deflagranti Pinball wizard e Won’t get fooled again), ho scelto le rarità: come la bluesy I’m the Face, farina del loro sacco, ma di quando non erano ancora The Who ma il gruppo mod High Numbers; la sfrontata Daddy rolling stone, hit minore negli anni ’50 per Hank Ballard; il beffardo tema di Batman e una Barbara Ann (Beach Boys) sciolta nell’acido dello sberleffo, cosa che accade in maniera più sottile ma non meno perfida con The last time e Under my thumb dei Rolling Stones. The Who, grandi teppisti e grandi musicisti.
JAZZ
Roberto Ottaviano – Vulpecula/ Berenice’s code/ Ellingtonia/ Sideralis
Il più bel disco italiano dell’annata, per l’autorevole Musica Jazz, è Sideralis (****1/2) del Roberto Ottaviano QuarkTet. Musica cosmica di ascendenza post-free, omaggio alle esplorazioni di John Coltrane e ad alcuni maestri (Duke Ellington, Herbie Nichols, John Lee Hooker), dove l’improvvisazione gioca un ruolo preponderante. Conduce le danze il sassofonista barese (oltre al soprano, suona anche il sopranino, l’alto e il baritono), lo assecondano l’ottimo pianista inglese Alexander Hawkins e una ritmica americana: Michael Formanek al contrabbasso e Gerry Hemingway alla batteria. Complesso, stratificato, affascinante.
CLASSICA
Christian Gerhaher canta Schubert e Brahms
Il 2017 è stata, discograficamente parlando, un’annata felice per il baritono tedesco Christian Gerhaher, con ogni probabilità oggi il massimo esecutore mondiale di lieder. Allievo di Dietrich Fischer-Dieskau, grande interprete di Schumann, Schubert (Winterreise), Brahms e Mahler, Gerhaher ha inciso il Pelléas et Melisande di Debussy (con la London Symphony Orchestra diretta da sir Simon Rattle, ****) e, accompagnato al piano dal partner di sempre Gerold Huber, si è tornato a cimentare con Brahms e Schubert. Due cicli d’amore: amor cortese per Brahms (il morbido Die schone Magelone, ****1/2, quindici liriche tratte dalla Storia d’amore della bella Magelone e del conte Peter di Provenza del romantico Ludwig Tieck), e amore tormentato per Schubert (Die schone mullerin, *****, venti lieder tratti da altrettante poesie di Wilhelm Muller per raccontare l’infelice passione della bella figlia del mugnaio per l’apprendista del padre). Gerhaher canta con una morbidezza che seduce , e di Die schone mullerin recita anche le cinque poesie che Schubert non musicò. Su YouTube i lieder di Schubert sono offerti in versione integrale: se non avete Spotify e volete trascorrere un’ora d’incanto, premete play.