La compagnia marionettistica Carlo Colla e figli, in questo spettacolo dal gusto squisitamente orientale, raggiunge l’apice del suo ingegno e dei suoi meccanismi estetici. Il gioco teatrale, come un carillon dimenticato, risuona in noi in modo familiare, suscitando un sentimento di nostalgia…
“Notte… tu procedi da antichi racconti
e schiudi i cieli.”
Novalis, Inni alla Notte
Miniaturizzare, diminuire, ridurre… per riportare al mondo una fede, un sentimento: un ritorno verso “forme ancestrali della sensibilità”. Il teatro somiglia a un sogno. Nel teatro delle marionette i sogni rimpiccioliscono e riaffiorano come ricordi.
Il Teatro era lì, immobile, in attesa… Un pesante sipario di velluto rosso, soltanto disegnato, emanava un affettuoso calore. D’un tratto, al calar della luce in sala è corrisposto il diffondersi di una melodia esotica e lontana. Un gioco d’ombre ha aperto la scena, abituando gli occhi del pubblico ad uno stupore infantile…occhi in ascolto, senza timore.
Che magnifica alternanza di piani prospettici, e come sembrava continuare l’orizzonte! Sullo sfondo panorami flessuosi danzavano al crepuscolo, carezzati dal vento d’oriente. Prossimità e lontananza, all’improvviso, non appartenevano più a piani separati: lo spazio è divenuto assente, si è annullato, favorendo la loro unione.
Voci deliziose e carezzevoli hanno iniziato a raccontare, con un linguaggio facondo ed assennato: Alì Babà, il falegname, si reca nella foresta a raccogliere un po’ di legna, poco prima del calar della notte. È solo, e come ad un solitario passeggiatore si addice, ecco davanti ai suoi occhi l’avverarsi di un miracolo…
La tradizione del teatro di figura in Italia è lunga e assai vasta, popolata da personaggi leggendari, da creature e racconti fantasiosi e, proprio come nelle fiabe, il suo mite piccolo mondo continua a vivere in segreto, dietro un qualche portoncino un po’ dismesso, in fondo ad un viale, in una grande città come Milano. Certo, la dignità di questa deliziosa e difficile arte è ben preservata, conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo e tenuta in gran considerazione, ma non le si può negare una certa forma di marginalità; e come affermare il contrario del resto! Non è forse ai margini che si trovano le cose migliori? Non è forse lì, ai remoti margini del pensiero, che ha sede l’immaginario?
Tuttavia, il mondo delle marionette, con i suoi andamenti, le sue consistenze ed i suoi magici meccanismi, vive di nostalgie… – non è la “Vita”, tanto esasperata nel teatro adulto, quello dei “grandi”, alla ricerca a volte di performance sensazionali ed estenuanti, come se a questo si dovesse un maggiore apporto di autenticità –
La semplicità, prima che essere misura ed eleganza, è un valore, e questo, Eugenio Monti Colla – il diretto discendente della compagnia marionettistica Carlo Colla e Figli – doveva saperlo bene. Pochi mesi fa è venuto a mancare, ma l’Atelier di Milano (sede dello spettacolo) come ogni luogo in cui sia avvenuto un passaggio importante, ne custodisce l’anima ed il segreto. Più di tutto, le sue marionette, manovrate da mani sensibili e leggere, continuano a pulsare di quella particolare vibrazione che solo i cuori delle cose inanimate sanno procurare. Sono vibrazioni che muovono nella luce, e si percepiscono soltanto ad occhi chiusi.
La storia di Alì Babà, dunque, è una storia antica, un racconto di tradizione che affonda le sue radici in quel vasto e meraviglioso universo delle “Notti” – “Le Mille” – senza però farne parte, e di cui è in qualche modo originalissima sintesi. Nella versione dei Colla, lievemente riadattata, tutti gli stilemi e le formule di racconto che caratterizzano quel mondo perduto, vengono sublimate in immagini, commoventi ed indimenticabili.
I sottili fili trasparenti che calano sulla scena e che rifulgono di una luce particolare, sono lo specchio delle nostre anime all’ombra di segrete mani piene di dolcezza e cura.
Un gran profumo si leva dal palcoscenico, invitando a respirare con ritrovata lentezza e profondità. Il cielo, di un azzurrino chiaro, aleggia sereno e tranquillo, sopra le costruzioni di cartapesta, legno e vernice.
E quando scende la notte, che emozione! La scena si ammanta di tristezza, ed i fondali si riempiono di diffusi bagliori… Com’è più luminosa la notte in miniatura! Le stelle baluginano nel buio, come lacrime. D’un tratto si diffonde un gran calore e pare che tutto ammorbidisca. I pesi si ricalibrano affondando sempre più nell’ombra… Nostalgie della notte, così raccolta e laterale!
Nostalgie di cui si nutre la bellezza, e che le conferiscono quella triste signoria notturna di cui risuonano le piazze vuote e le vie della città, al chiaro di Luna, mentre si rientra a casa; a fine spettacolo.