A 7 anni dal successo di “Quasi amici”, tornano i registi-sceneggiatori francesi Nakache-Toledano con “C’est la vie”, una farsa collettiva in cui Jean-Pierre Bacri è l’ansioso n.1 del catering di una ricca festa di matrimonio. Che finisce in un comico disastro generale: le pietanze sono immangiabili, i fuochi d’artificio colpiscono i tavoli degli ospiti, lo sposo “fugge” su una mongolfiera. E tutti litigano con tutti
Gli sceneggiatori-registi francesi Olivier Nakache 44 anni, e Eric Toledano (46) hanno avuto un successo mondiale nel 2011 con la stranissima coppia di Quasi amici, fatta dal miliardario quadriplegico François Cluzet e dal suo badante di colore Omar Sy, diventato poi una star della commedia francese. Tanto che Hollywood ne ha fatto presto un remake. Non si sono più ripetuti, negli anni successivi, a quel livello di comicità, forse un po’ facile in qualche snodo ma intelligente e non dozzinale. Tornano ora nel doppio ruolo di scrittori-autori, dopo l’impegnato e un po’ alterno Samba, con C’est la vie – Prendila come viene (banale e inutile rititolazione francese dell’originale, più azzeccato Le sens de la fête), che pur potendo sfoggiare un protagonista-mattatore (ma misurato il giusto) come Jean Pierre Bacri, è chiaramente un film collettivo. Un racconto sinfonico a più personaggi e più toni, che sulle leggi dei contrasti (uomo-donna, ricco-meno ricco, nero- bianco, snob-popular, e così via) gioca gran parte delle sue carte e si nutre non poco dell’alternarsi di situazioni prossime e diversissime. E componendo un insieme che ha le sue basi nel contrappunto di caratteri a volte opposti, ma narrativamente complementari.
Dunque Bacri è Max, un ansioso organizzatore, numero uno nel suo campo almeno prima dei fatti narrati dal film, di grandi aventi, in questo caso un matrimonio a molti zeri che trova la sua location in un castello del XVIII secolo: lui e la sua equipe devono procurare e gestire tutto, dal cibo al personale, dalla musica ai fuochi d’artificio. Una macchina da subito imperfetta e affascinante, la sua, che mette in campo decine di professionalità ma inevitabilmente soffre di un’estrema vulnerabilità. E in questa storia, di contrattempi ne accadono parecchi, dall’improvvisa defaillance di una portata fondamentale alle molte gaffes dei camerieri, fino al folle, disastroso crescendo finale, un unhappy-ending in forma di scatenata farsa in cui la mongolfiera su cui è salito lo sposo sparisce nei cieli della regione e i coloratissimi “botti” conclusivi diventano inesorabili proiettili puntati ad alzo zero su invitati e tavolate. Tutto sembra distrutto, in senso fisico e non solo, ma non finirà davvero così male, siate sereni. Anche se la vena prevalente sarà comunque l’agrodolce gusto della vita.
In un film così la tenuta del cast è ovviamente fondamentale, e nel complesso c’è, grazie a Suzanne Clément (la feroce genitrice di Mommy di Xavier Dolan), che fa la co-direttrice del catering Josiane, legata a Max da un complicato rapporto sentimental-professionale, a Eye Haidara nei panni della manager Adele, aggressiva, sboccata e incontentabile, dal cantante confidenziale kitch, sempre un po’ sopra le righe James (Gilles Lelouche) che “attacca” con Eros Ramazzotti (“Se bastasse una bela canzone”) e poi alterna quasi sempre a sproposito rock e melodico, al fotografo latin-lover Guy (Jean-Paul Rouve), fino agli sposi , il pomposo Pierre (Benjamin Lavernhe) e la docile e zuccherosa Helena (Judith Chemla).
Nakache-Toledano non nascondono un occhio a Blake Edwards (Hollywood Party) e un altro a molti esempi di teatro filmato anche recente (l’interminabile discorso dello sposo che cita Racine e tramortisce i presenti è uno dei pezzi forti): ma il tutto è continuamente ribaltato e dinamizzato dall’incessante movimento che scorre nelle molte stanze, al chiuso e all’aperto, in cui l’azione si svolge. E C’est la vie ha in Bacri una sorta di capocomico da Commedia dell’Arte che dà i tempi a tutti, mai perdendo l’impronta burbera, insofferente, distaccata di chi ha la certezza di trovarsi prigioniero di un branco di idioti. Gli autori, che avevano immaginato questo script nei tragici momenti degli attentati parigini di fine 2015, come reazione vitale per esorcizzare il contesto sepolcrale, seguono l’attività frenetica che si svolge dietro le quinte di una piccola impresa di personaggi/attori mal assortiti e affannati, con tutti i relativi non detti, i disaccordi in seno al gruppo. E se i contrasti si fanno duri e la situazione sembra precipitare, sanno indicare al pubblico che la vita non sarà forse sempre un pranzo di gala, ma anche quando finisce a rotoli come nel castello del film, qualcosa si può sempre fare. Contando sui migliori sentimenti, che qualche volta hanno perfino il sopravvento.
C’est la vie, di Olivier Nakache e Eric Toledano, con Jean Pierre Bacri, Suzanne Clément, Eye Haidara, Gilles Lelouche, Benjamin Lavernhe, Jean-Paul Rouve, Judith Chemla, Vincent Macaigne, Alban Ivanov, Kévin Azaïs, Yves Heck, Hélène Vincent, Jackee Toto